“La mia voce e le mie macchine sono le vibrazioni della mia anima, della mia mente, delle esplorazioni del mio corpo e al di fuori di esso. Sono le sessioni di meditazione e di produzione musicale mescolate in un unico rituale”. Aïsha Devi si presenta così sul sito di Houndstooth, l’etichetta su cui ha dato alle stampe i suoi due album a proprio nome, dopo l’abbandono del moniker Kate Wax.
Qualcuno potrebbe trovarla pretenziosa, ma una volta ascoltato anche un singolo pezzo di Aïsha qualsiasi orecchio, anche il meno allenato al suono sintetico, è in grado di percepire qualcosa di diverso. Sicuramente i concetti che questa ragazza esprime sono complessi e non si adattano all’estetica dell’elettronica mainstream dell’ultimo decennio, fatta di occhialoni da sole, spiagge floridiane e torte in faccia, ma si distanziano anche dall’underground dub o techno che negli ultimi anni sta spopolando nei circolini da centocinquanta posti, ed è proprio quello il punto: Devi non solo è lontana dai grandi riflettori sui palchi sgargianti dell’EDM, è lontana da qualsiasi definizione e punto di riferimento. E con lontana, nello specifico, intendo più avanti.
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Se scienziati delle frequenze come gli Autechre o Aphex Twin sperimentano con il suono, costruiscono set partendo dalla musica per arrivare a giocare con le percezioni sensoriali, Aïsha Devi sviluppa la propria proposta focalizzandosi sull’essere umano. Per lei la musica serve a “purificare l’essere umano di tutto ciò che ha subito durante il giorno”, ed è a quel punto, “dopo il massaggio, che può arrivare l’informazione”, in un tentativo di portare l’essere umano a trascendere la carne, ad abbandonare il proprio “involucro corporeo”. E il messaggio di Devi è profondo, smembrato, ricostruito, liquido, alienante, ancorché veicolato con locuzioni hipster. È quasi un gioco raccapezzarsi sui concetti che comunica durante le interviste, flirtando con idee come la multidimensionalità, la trascendenza e l’accezione moralista del concetto di escapismo.
Poi non si può negare una certa dose di poseraggine: “Sono un’eremita moderna che non trova posto in questo mondo. A volte vedo fantasmi e le mie personalità alternative mi perseguitano. Riesco a fuggire solo in un processo di creazione rituale. Penso che la mia musica mi guarisca e allo stesso tempo sia un piacevole campo di battaglia”, diceva ai tempi di Dust Collision, il suo secondo e ultimo album a nome Kate Wax. Allo stesso tempo però si lanciava in parallelismi con la fisica, accorgendosi che mentre componeva parlava di “scontri, collisioni e accidenti in modo ossessivo”, probabile retaggio del nonno, fisico al CERN, di cui Aïsha leggeva gli studi da bambina, senza capirci troppo, ma rimanendo affascinata da quelle astrazioni, da quei massimi sistemi. Le esternazioni rivedibili sull’eremita che vede i fantasmi si sono via via mitigate negli anni, con l’abbandono del proprio alter ego a favore del nome di battesimo, ma non le interviste sopra le righe.

“Il concetto di trascendenza è arrivato nella fisica moderna, in particolare nella teoria delle stringhe. C’è conoscenza del fatto che l’origine di materia e antimateria è una vibrazione, un’oscillazione che provoca una frequenza. Quella capitalista è una società che occulta questa conoscenza per renderci dei robot sottomessi – ma il mio obiettivo nella musica è diffondere questa conoscenza. Quanto più mediti, tanto più vuoi diffonderla. […] Il passo successivo è il bisogno di diffondere la comprensione energetica al mondo”, esordisce in una lunghissima chiacchierata.
Come contro il capitalismo, così Devi ne ha anche per il lato religioso: “Viviamo in una società post-giudeo-cristiana che ci orienta alla sottomissione, alla conoscenza della sola dimensione materiale, a pensare che dobbiamo massimizzare il profitto di questa vita e che dobbiamo essere spaventati dalla morte e nascondere i cadaveri, che dobbiamo vergognarci e pregare al di fuori di noi stessi. Il cristianesimo è fondato sul pregare al di fuori del proprio corpo”. L’orizzonte di liberazione è, ovviamente, la tecnologia: è la rete a permettere l’apertura alla conoscenza, il superamento di questi paradigmi esogeni e il recupero delle antiche culture, in un solo apparente paradosso di codice binario al servizio di una spiritualità millenaria.
Sono la banda larga e l’ultra HD a permettere l’immersione in altri mondi, e Aïsha si dice anche affascinata dalla cultura dei videogiochi, tanto da voler inserire rimandi alla VR e al gaming nei suoi video, realizzati dallo psichedelico e frattale Emile Barret, perché i videogiochi “aprono le persone all’esistenza non solo nel piano tridimensionale. Sono un portale ludico al mio bigger plan, un modo contemporaneo per esprimere le mie intenzioni”. A prima vista potrebbero sembrare deliri orwelliani da Grande Fratello, in realtà è in frasi come questa che si legge tutto il retaggio storico e culturale di questa donna: nata in Svizzera da famiglia nepalese, con un nonno fisico sperimentale allievo dell’allievo di Einstein, un percorso di studi da graphic designer e un interesse per la meditazione e la spiritualità.
Un cocktail esplosivo, che ha permesso una sintesi tanto puntuale dei mala tempora che currunt ultimamente da queste parti, dove per queste parti si intende il pianeta Terra, ma anche l’ottimismo di fondo, una sorta di attivismo etico, la spinta che porta Devi a divulgare e sperimentare. Dal punto di vista musicale, questa ricerca si traduce in un massiccio utilizzo di onde delta, soprattutto durante le esibizioni dal vivo: “Sono le onde cerebrali più lente. Il più profondo stato di rilassatezza è uno stato di quasi-morte, quasi mancanza di segnale, ma […] la scienza ha provato che non esiste un punto di energia zero; lo spazio è un continuo di campi energetici che connettono le informazioni tra loro, è un concentrato di energia. Le onde delta inducono ringiovanimento e guarigione. Voglio guarire la gente”.

Quale modo migliore per tendere verso questa guarigione della musica? Quelle frequenze che scavano in profondità e ti portano in altre dimensioni, permettendoti di trovare il punto di giuntura tra la tecnologia, il dato aperto, e il retaggio atavico del genere umano. Come ne dissi quando la incrociai per la prima volta solo pochi mesi fa, la musica di Aïsha Devi è la colonna sonora perfetta per la singularity, ma da nessuna parte sta scritto che la singolarità tecnologica debba per forza essere un evento da temere. Anzi, mi piace di più pensare al futuro come a un mondo popolato da Motoko Kusanagi: creature umane e insieme sintetiche che appoggiano noi poveri esseri di sangue a carne, condividendone il fardello esistenziale.
E di nuovo, i suoni di Of Matter And Spirit e DNA Feelings ricordano da vicino proprio certi campionamenti sintetici dal fortissimo richiamo sacrale e ritualistico proprio della colonna sonora di Ghost In The Shell, così come i suoi mix possono passare senza battere ciglia da riletture di “In The Air Tonight” a Gabber Eleganza passando attraverso digitalizzazioni di cose prese di peso dal folklore giapponese. Un potpourri temporale, geografico e concettuale organi(ci)zzato che dimostra il punto: non ci sono barriere, non ci sono limiti, tutto è frequenza, e qualsiasi canale può veicolare il giusto messaggio. Su un piano musicale, ma pure oltre: non solo Pitchfork quindi, ma anche testate “old-school, capitaliste e occidentali stanno iniziando a interessarsi [alla conoscenza]. E io prendo il palco e li trollo”.
Per lasciare il suo pur piccolo segno nel mondo dell’entertainment, oltre a trollare Vogue, questa irrequieta meditatrice ha anche aperto una propria etichetta, Danse Noire, con l’idea di “far capire alla gente che l’elettronica e i rave non hanno niente a che vedere coi soldi o con la superficialità, ma con il far stare insieme le persone, con la ricerca della trascendenza, […] e che noi umani abbiamo bisogno di questo rituale, di essere connessi in un club o in un tempio, e provare l’esperienza di unità”. Ma Devi non si ferma qui, dichiarando espressamente la necessità della musica di essere politica, sempre e comunque attraverso una serie di beat sghembi.
In tutto ciò io non ho ancora avuto modo di vedere questa Conscious Cunt su un palco e di farmi curare dalle sue vibrazioni, ma conto di rimediare il prima possibile: Aïsha sarà in Italia venerdì nella cornice di ZONA5, al Teatro Principe di Milano, in una serata che tra gli altri vedrà esibirsi lei e Toxe. E io sono già tutto una frequenza.
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