Música

Non c’è nessuno come Beyoncé

Questo articolo è apparso originariamente su Noisey US.

Dov’eri quando Beyoncé ha suonato al Coachella 2018? Magari eri accampato fin dalla mattina a ridosso delle transenne e stavi cominciando ad avere dei dubbi, scomparsi nel momento in cui la sua ombra ti ha sfiorato mentre lei strisciava sulla passerella durante “Partition”. Magari eri in salotto a guardarla in streaming, urlando verso lo schermo e abbracciando i tuoi amici mentre la silhouette delle Destiny’s Child si stagliava sul palco. O magari ti sei ritrovata a piedi nudi sul prato, senza i tuoi amici, a cercare di risalire la collina contro la corrente di centomila persone che non avevano occhi che per lei. È quello che è successo a me mentre iniziava quello che è probabilmente il concerto più atteso della storia del Coachella, sabato scorso.

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Scalza, sola e con il cellulare che non prendeva non è esattamente come avevo in programma di godermi il concerto di Beyoncé. Io, come ogni buona discepola, avevo passato tutta la giornata a prepararmi a quel momento – avevo fatto un pisolino, bevuto molta acqua, scelto una pelliccia coordinata con quella delle mie amiche e fatto stretching ascoltando Lemonade in repeat.

Nelle ore precedenti, in assetto da guerra, armate di birre, parliamo delle Haim mentre occupiamo il nostro posto nel beer garden del palco principale. Poi, naturalmente, tutto va in malora. Nell’area VIP ci sembra di essere dentro un feed di Instagram e decidiamo di spostarci. Io giro un angolo e le fibbie dei miei sandali decidono di mollare la presa dalla suola. Non ho scelta, devo togliermi le scarpe. Quando ritorno in posizione eretta la mia squadra si è dispersa, trasportata dalla corrente. In pochi minuti, passo da essere Miss Perfezione a Quella Ragazza Messa Male al Coachella.

Poi Beyoncé sale sul palco. È un momento che tutti attendono da due anni. Scende da una piramide color giallo limone e ottone, una corona appoggiata sui suoi capelli mossi dalla brezza – come se avesse cominciato a soffiare solo grazie alla sua presenza. Dietro di lei svolazza un mantello di lustrini con l’effigie di Nefertiti, la Grande Sposa Reale, regina egiziana famosa per una rivoluzione religiosa. Per lei c’era un unico, solo dio: il Sole. Sul palco ci sono dozzine di persone. Ballerini, cantanti, musicisti che per le seguenti due ore andranno a creare il più grande spettacolo nella storia del Coachella.

La salva di ottoni di “Crazy in Love” annuncia l’arrivo della regina mentre io guardo da lontano. La folla copre ogni punto del mio campo visivo. È lì che capisco che non importa dove sei o con chi sei. Anche se non sei davanti al main stage, anche se non sei nemmeno al Coachella, sei comunque a vedere Beyoncé dal vivo.

Questo concerto in realtà è iniziato nel 2016. È nato dagli imprevisti della vita, quando Beyoncé ha dovuto rimandarlo perché era incinta di due gemelli. Ogni altra donna, specialmente se di colore, sarebbe stata licenziata mancando un’opportunità del genere. Avrebbe perso il treno. Sarebbe stata sostituita. Ma Beyoncé ci ha fatto aspettare e, con il lusso di un anno extra per prepararsi, sapeva esattamente che occasione si trovava davanti.

“Grazie a Dio sono rimasta incinta”, ha detto alla fine del concerto. “Così ho avuto tempo per sognare tutto questo”.

Beyoncé arriva sul palco super carica. Si toglie il mantello e rivela il suo outfit: short di jeans e una felpa gialla con lustrini, stivali di pelliccia e quei capelli bellissimi. Senza perdere tempo, si lancia nel meglio di Lemonade e Beyoncé. Io sono seduta per terra e mi sto facendo aggiustare la scarpa con dello scotch da un tizio che poi scopro aveva accompagnato Bey e Jay in una visita guidata dell’area del festival. È il momento in cui sono più vicina a Beyoncé in tutta la nottata. “Formation” squilla lontana. Sono di nuovo in piedi e sto correndo.

Foto di Kevin Winter

Beyoncé, fortunatamente, si prende il suo tempo. A differenza dei suoi ultimi tour, lascia perdere i medley con 30 secondi di ogni hit e si concede di eseguire le canzoni nella loro interezza, aggiungendoci riferimenti a Kendrick, Sister Nancy, J Balvin, Juvenile e Nina Simone. Presenta versioni leggermente rimescolate di inni totali come “Formation”, “Diva” e “Baby Boy” – tutte arricchite da un esercito di ballerini in calzamaglie color limone, la loro comunicazione incentrata sulle pelvi. Bey ci entra dentro con il suo sguardo, salta su una gru e resta sospesa sopra la folla, poi entra in modalità dominatrice con una tutina di lattice attillata. Le donne vicino a me sembrano spiritate. Penso a poco prima, quando alcuni amici maschi parlavano di non capire l’hype che circonda Beyoncé. “Forse è tipo il rap per noi”, ha detto uno di loro, e penso che ci sia un po’ di verità in questo. Beyoncé dà all’identità femminile ciò che il rap dà a quella maschile: autostima, solidarietà e arroganza per chi nel corso della storia non vi ha avuto accesso.

Le parole di Chimamanda Ngozi Adichie tuonano dalle casse:
Insegniamo alle ragazze come farsi da parte, come farsi più piccole.
Diciamo alle ragazze: puoi avere ambizione, ma non troppa.
Dovresti puntare ad avere successo, ma non troppo successo, altrimenti potresti minacciare l’uomo.
Insegniamo alle ragazze che non possono vivere la sessualità nel modo in cui lo fanno i ragazzi.

Nelle due ore del suo concerto Beyoncé ci porta a New Orleans (“Crazy in Love”), in America (“Lift Every Voice and Sing”), all’opera (“I Care”), alle scuole medie (“Soulja”), nelle profondità del mal d’amore (“Me, Myself, and I”), in cima alle classifiche (“Single Ladies”). È un momento culturale, uno spettacolo storico che sembra tanto significativo per lei quanto lo è per noi. Ci ringrazia per averle permesso di essere la prima donna nera headliner del Coachella. Ringrazia tutte le donne che hanno aperto porte per farla arrivare lì. Tiene tutto in famiglia: gli unici ospiti sono suo marito, sua sorella e le donne che hanno dato il via insieme a lei alla sua ascesa, Kelly Rowland e Michelle Williams. Le Destiny’s Child. Ci ricorda che nella musica non importano le mode o il genere che suoni ma la tua esperienza, le tue origini.

Dopo il concerto ho sentito alcune critiche. “È stata troppo pomposa”. “Ha esagerato”. Verso la fine sul palco è salita una squadra di percussionisti che hanno suonato sotto a una pioggia di fuochi d’artificio. Nello stesso momento, il pubblico ha cominciato a disperdersi. Per alcune persone lo show di Bey è stato troppo. Come ogni altro suo dettaglio, era tutto pensato. Quando si tratta di Beyoncé, la tua unica opzione è stare a sentire quello che ha da dire. Non puoi evitarla. Se proprio, puoi provare ad allontanarti.

“Preferisco la delicatezza”, mi dicono. Ma Beyoncé ce ne ha regalata eccome—il modo in cui ha mosso le sue dita assieme ai piatti del beat di “Partition”. Le ballerine che si sono lasciate cadere a terra durante la cover di “Strange Fruit” di Nina Simone.

Una delle critiche che vengono più spesso mosse a Beyoncé è il suo essere troppo perfetta, un prodotto pulitissimo adatto a essere venduto: essere una pop star, in pratica, con tutte le accezioni negative che provengono da un atteggiamento di superiorità nei confronti delle logiche commerciali. “È stato come se mi stessero provando a vendere qualcosa”, mi ha detto un’amica il giorno dopo il concerto.

C’è un elemento di verità nelle critiche che analizzano il capitalismo femminista di Beyoncé. Ma la verità è che il riavvio culturale che rappresenta può realizzarsi solo se viene commercializzato su larga scala, in modo sfarzoso e spavaldo. Beyoncé è una luce nel buio per chiunque si sia mai sentito diverso. Non si tratta del Coachella che abbandona il rock per abbracciare il pop ma dell’amplificazione di una voce così che possa diventare così forte che tutti la possano sentire. Anche chi è a casa e sta guardando il concerto in streaming perché non può permettersi il biglietto del festival, anche i fan che vivono in provincia e in campagna e possono sperimentare l’idea di “alternativo” solo andando a fare una gita da Urban Outfitters. Coachella è il festival più grande del mondo, e il concerto di Beyoncé è sembrato una cerimonia al suo interno, una premiazione a tutti gli effetti—dedicata a tutti noi. È stata la serata più grande che potevamo concepire.

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