Abbiamo passato una giornata al raduno dei massoni italiani

Oggi sono un “profano”, perché loro sono i massoni. Si chiamano a vicenda “fratelli” e sono iscritti al Grande Oriente d’Italia. In tutto sono circa 23mila, divisi in oltre 850 logge, e dal 7 aprile si sono dati appuntamento al Palacongressi di Rimini per celebrare i 300 anni dalla nascita della massoneria moderna con una tre giorni di rituali, confronti ed esposizioni, una sorta di mega convention massonica che cade a tre secoli dalla costituzione della prima Gran Loggia di sempre, fondata a Londra nel 1717. 

Quando arrivo, alle 11 di mattina di venerdì, la manifestazione è aperta da due ore. Uomini in completo scuro entrano nell’edificio con una valigetta in mano, altri ne indossano già il contenuto: sono i grembiuli che mostrano lo status dei massoni, a seconda dei colori. Altri, simili, vengono venduti in un’area dedicata ai gadget, dove trovo anche gioielli, spille, quadri. Mi avvicino ai commercianti per sapere se c’è un articolo che va per la maggiore. I più dicono di no, una ragazza indica i guanti da cerimonia, bianchi, con la squadra e il compasso ricamati sul dorso.

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Tutte le foto di Chico De Luigi.

In Italia la massoneria è, nella mente dei più, una specie di tutt’uno con una sola delle sue ex logge—ma una delle più discusse di sempre, a livello internazionale: la P2 di Licio Gelli, più o meno associata a episodi come il tentato colpo di Stato del 1970, alcune stragi degli anni di piombo, i traffici dei forzieri vaticani. Qualcosa in grado di far affondare la reputazione della ‘comunione’. Quelli non erano veri fratelli, “era un comitato d’affari,” commenta Federico, 63 anni, ex dirigente ministeriale calabrese che guarda alla Francia, dove i massoni sono stati recentemente elogiati dal presidente della repubblica. 

A rammaricarsi, insieme a lui, c’è Palmiro, classe 1946, nato a Napoli e residente in Abruzzo. All’inizio degli anni Novanta ha letto il suo nome sui giornali in concomitanza con un’indagine giudiziaria sulla massoneria conosciuta come “inchiesta Cordova”, poi archiviata: “Ho avuto qualche conseguenza negativa a livello personale, lavorativo, ma ne sono uscito senza problemi. La mia fortuna è stata lavorare nelle aziende private, se fossi stato nella pubblica amministrazione la situazione sarebbe stata diversa.” La P2 non esisteva più, lui era in un’altra loggia. 

Nel corso della giornata chiederò spesso un parere su Gelli e compagnia, e mi sentirò rispondere che quella era una sorta di associazione a delinquere, aveva fini oscuri. Era votata al male, mentre il Grande Oriente d’Italia vuole “il bene.” 

“È per questo che i giovani si avvicinano a noi—si tratta dell’assenza di valori che c’è in giro,” mi dice Lorenzo, sindaco di una cittadina di 150 abitanti nel nord Italia. “La Chiesa, per esempio, secondo me non è più in grado di fornirli. Per capirlo basta andare a messa. I giovani non ci sono perché lì non trovano risposte. E allora le cercano da noi.” 

A proposito di giovani—intorno a me vedo solo uomini di una certa età, finché un addetto alla sicurezza mi presenta un ragazzo di 28 anni, Andrea, di Riccione.

Andrea, 28 anni, da Riccione, è entrato nel Grande Oriente d’Italia con la procedura online.

Per entrare in una loggia nel 99 percento dei casi occorre la ‘chiamata’ di una persona che ne fa già parte. Ma si può anche inviare una richiesta online, come nel suo caso: “Ho spiegato chi ero, perché volevo diventare uno di loro. Hanno visto il mio curriculum, verificato che non avevo precedenti penali, fatto colloqui. Sono entrato a tre anni dalla domanda,” racconta Andrea. “Volevo far parte di un’istituzione e la massoneria per me era quella più interessante, perché trattava di un tema nascosto, riservato, affascinante, misterioso per i profani. Il potere della massoneria non è né economico, né burocratico,” continua. “È un sapere profondo che ti porta a conoscere te stesso attraverso un percorso iniziatico.”

L’importanza dei valori me la ribadiscono anche Emanuele e Giuseppe, due Grandi Ufficiali, un ruolo che descrivono come “apicale”. Li interrompo mentre sono impegnati in una fitta serie di battute, baci sulle guance, pacche sulle spalle: “Nelle altre istituzioni non ci sono più i valori che si trovano da noi,” mi spiega Emanuele. E quali sono? “Quelli che ci hanno insegnato i nostri genitori, valori morali.” Poi si dilegua perché strattonato dal collega, che ha visto qualcun altro da salutare.

Dato che finora ho sentito parlare molto di valori, inizio a chiedermi come si ponga il Grande Oriente d’Italia come di fronte a temi come l’aborto, il matrimonio fra omosessuali, la fecondazione assistita. “Non abbiamo una posizione comune. C’è libertà, ognuno la può pensare come vuole,” mi spiega il sindaco Lorenzo. “Rispettiamo il pensiero dell’altro. Quando c’è disaccordo per noi è un’occasione di crescita.” Per spiegarmi come sono organizzati i dibattiti interni interviene poi Filippo, 50 anni, geometra a Milano. “Viene dato un tema e ognuno dà un suo contributo, si interviene uno alla volta, non ci si interrompe.” Di regola comunque nel Grande Oriente d’Italia non si parla né di politica, né di religione. Sento spesso ripetere che i massoni “sono votati al dubbio,” e ciò rende ancora più difficile incasellarli, trovare dei pattern. Ciò che fanno a porte chiuse durante i rituali resta un segreto, sui temi di dibattito non ci sono orientamenti ufficiali. Le questioni più spinose, legate all’amministrazione pubblica e alla fede, sono escluse. 

Una cosa certa, però, c’è. Ed è l’assenza di donne. Per loro il Grande Oriente d’Italia prevede una sezione distinta e con rituali diversi, chiamati paramassonici. Lorenzo è d’accordo? “Sì, perché l’iniziazione maschile e quella femminile hanno risvolti diversi. È qualcosa di psicologico, uomo e donna vedono la vita in modi distinti, ci sono differenze che nel tempio vengono esacerbate.”

E allora andiamolo a vedere, questo tempio. Visto che qui a Rimini, per la manifestazione, ne è stato allestito uno che ospita, fra le altre cose, l’intervento pubblico del numero uno del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi. 

La sala è profonda, il pavimento a scacchiera rappresenta nei colori il bene e il male, sul soffitto è proiettato un cielo notturno che più tardi si trasformerà in blu elettrico, abbandonando le stelle. Candelabri, colonne, elementi che spesso simboleggiano gli opposti. La platea è disposta su più file, a ferro di cavallo. E in fondo c’è lui, il Gran Maestro, pronto a partire con quella che viene definita “l’allocuzione”.

I massoni affermano di non parlare di politica, ma ai politici ci parlano. Nel suo appello alla politica italiana, infatti, Bisi fa riferimento ai compiti della classe dirigente, alla necessità di regolamentare temi come il testamento biologico e il fine vita. Cita anche alcuni valori del Grande Oriente d’Italia: “Laicità, tolleranza, dialogo, democrazia.” Poi lancia un messaggio a chi associa la massoneria alla mafia: “Noi siamo lontani anni luce dall’oscurità e dalla malavita organizzata.” Chi vuol far credere il contrario, prosegue, dovrebbe piuttosto “interessarsi ai problemi reali dei cittadini. Altro che caccia alle streghe, altro che caccia al massone.” 

Stefano Bisi è il Gran Maestro, la figura di vertice del Grande Oriente d’Italia.

Questo è il dramma attuale dei massoni italiani: gli altri li descrivono come sospetti criminali, gente intrallazzata, mentre loro si definiscono vittime.

“Sentirsi additare come delinquente dà fastidio,” mi racconta l’addetto al servizio d’ordine che mi aveva presentato Andrea, facendomi notare che con il passare delle ore i giovani sono aumentati. “Si indica la massoneria come una ruberia. Ma tu qui vedi gente con il cappuccio che non si vuole fare vedere in faccia? Nella mia loggia c’è stato chi se n’è andato perché aveva paura di perdere il posto di lavoro a causa dell’appartenenza. Ma quelli che escono sono meno di quelli che chiedono di entrare.” 

Quando ci salutiamo mi regala una spilla con Homer Simpson che indossa il grembiule da massone, forse per sdrammatizzare. Così me ne vado con un gadget, anche se avrei preferito i guanti bianchi. Ma non avrei saputo come usarli.

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Guarda altre foto qui sotto:

Francesco, 63 anni, pensionato, era dirigente ministeriale in Calabria.

Filippo, 1967, lavora a Milano come geometra.



Cristiano, classe 1952, è il direttore del Museo di simbologia massonica di Firenze.


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