“La cucina di Hong Kong può essere definita letteralmente fusion perché i piatti sono contaminati anche dall’Occidente, in seguito alla colonizzazione inglese”
La cucina cinese è stata una delle prime cucine internazionali a conquistare le città italiane: il primo ristorante cinese viene aperto nel 1949 a Roma, mentre negli anni ‘60 iniziano a comparire anche locali a Milano e Firenze. E proprio a Milano è famosissima via Paolo Sarpi, chiamata anche China Town, tappa fissa per gli amanti dei ravioli, dei bao e anche di piatti più estremi con frattaglie o zampe di gallina. Qui, e non solo, è possibile assaggiare le diverse sfaccettatura della cultura gastronomica cinese, grazie a locali che offrono cucine regionali e cibo di strada sconosciuto in altre parti d’Italia.
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E in questo senso, fra le continue aperture, difficile non notare quelle di Hek Fan Chai, gruppo che in 24 mesi ha aperto 5 locali dedicati al cibo e alla tradizione di Hong Kong.
Dietro il gruppo lo chef Kin Cheng, nato a Hong Kong, che ha lavorato in ristoranti meneghini di alta cucina cinese, e l’imprenditore Eric Pyn, anche lui di Hong Kong, e che si è trasferito a Milano per seguire questo progetto. Tre locali dedicati allo street food, dai prezzi abbastanza popolari, una panetteria in via Paolo Sarpi e un ristorante di alta cucina nel cuore di Brera: Hek Fan restaurant. Hek significa “mangiare”, Fan “cibo”, e l’assenza del suffisso Chai, “giovane”, ci allontana immediatamente della formula più leggera degli altri locali.
“Da piccolo i miei genitori mi portavano a mangiare i piatti tipici nei ristoranti e nelle bancarelle per strada. Proprio in questo contesto più popolare è nato il mio desiderio di imparare a prepararli da me.” Cheng inizia a cucinare a 16 anni e nel 2014 arriva a Milano, gira molti ristoranti cinesi della città come Mu Dimsum, per poi trasferirsi a Firenze, al ristorante Element, dove per la prima volta ha potuto portare i gusti della sua città nei piatti.
“La cucina di Hong Kong è speciale” continua “riesce a integrare tutti i sapori del mondo, migliorando il gusto della tradizione cinese e conquistandoti con combinazioni particolari e creative,” mi spiega. “Le basi sono quelle cantonesi con influenze delle zone e dei popoli Teochew, Hakka, Hokkien e Yue.”
Può essere definita letteralmente fusion perché i piatti sono contaminati anche dall’Occidente, in seguito alla colonizzazione inglese. Basti pensare all’egg tart, una torta fatta di pasta sfoglia al forno, riempita con uova e latte, o al toast alla crema di taro, cotto alla maniera del french toast e perfetti insieme al te delle 17, ormai diventato un’abitudine hongkonghese. E molta di questa commistioni di gusti e preparazioni si nota soprattutto nel menu di Hek Fan Chai, i locali più pop —sia nel prezzo che nel format. Si mangiano bun ripieni di manzo stufato, pollo fritto e omelette, e non mancano il tofu fritto e i Cheung Fun, i ravioli aperti farciti con gamberi, manzo o funghi. Per chi non sa usare le bacchette nessun problema, quasi tutto può essere mangiato con le mani. L’influenza inglese si fa sentire ad esempio nei Jaffles, una sorta di tramezzino tostato stracolmo di stufato di manzo e formaggio cheddar, e nei sandwich con prosciutto, uova e formaggio, da accompagnare chiaramente alle bevande a base di tè miscelato a latte e limone.
Il ristorante gastronomico in Brera è invece un’altra storia: ci vado a pranzo dietro invito con un’amica, Francesca, che quando arriviamo in via Formentini mi ricorda che qui una volta c’era il Club 2: molto in voga negli anni ’90, era il regno del karaoke, praticamente l’antenato di Ronin. Quando entro incontro a Eric Pyn, proprietario del gruppo, se conosce il passato di queste mura “Siamo felici della storia del nostro edificio, ci piace pensare a una connessione a livello di intrattenimento tra il club precedente e quello che portiamo noi attraverso la nostra cucina. Gli spazi mantengono la divisione originale, noi l’abbiamo però associata ai cinque elementi della natura, pensati sia per il giorno che per la notte: la cucina corrisponde all’oro, il primo piano al legno e poi al piano di sotto fuoco, acqua e terra”.
Continua parlandomi dei i piatti: “sono tutti appartenenti al gusto storico e tipico dell’Hong Kong style cantonese. Alcuni più da alta cucina, altri più tradizionali che si possono trovare nelle trattorie, come il maiale DomPo, un piatto semplice o per esempio il riso fritto Yangzhou,” precisa Eric.
Il menu è davvero ampissimo e arriva fino al grand banquet — ovvero delle lunghissime degustazioni da un centinaio di euro. Non guardo neanche la carta dei vini o dei cocktail perché so già che vorrò pasteggiare con il tè, bianco o verde. Arrivano gli antipasti: melanzane con salsa al miele e senape e tofu croccante con mix di spezie, entrambi fritti ma uno l’opposto dell’altro, il primo dolce e semplice, il secondo scenografico e dal cuore morbido. Aspetto con ansia i ravioli e i bao —ce ne sono diversi anche vegan, come lo Shangai, sfogliato e ripieno di daikon (sembra una sfogliatella napoletana rosa perché nell’impasto c’è la carota), e i bun al vapore colmo di funghi che sembrano appunto dei funghi veri e propri.
Il primo piatto mi catapulta immediatamente negli anni Novanta, quelli che cercavo prima tra un led e una carta da parati: una cascata di noodles fritti in salsa di pepe nero con verdure.
Prima di concludere con il dolce arrivano due secondi, uno a base di pesce, le capesante con broccoli e la pancia di maiale finita di cuocere al tavolo con un flambé di grappa. Anche qui la l’effetto scenico non manca. La cosa che mi sorprende genuinamente di tutti i piatti è il bilanciamento del sale e del piccante.
Avrei voluto provare altri mille piatti, come l’orecchia di mare cotta nel vino di riso o l’okra croccante al sale marino, ma sto scoppiando e mi sono consolata con il bao dolce ripieno di crema all’uovo, volutamente così liquida da esplodere ovunque, che inevitabilmente ti sporca riportandoti un po’ allo stile street dal quale sono partiti.
Per non farsi mancare nulla nella famiglia è arrivata anche la pasticceria tradizionale cinese. Infatti da qualche giorno ha aperto Hekfanchai Bakery, una caffetteria-shop in Paolo Sarpi dove poter consumare, ma anche solo comprare, i dolci tradizionali preparati artigianalmente dai pasticceri, dai Polo Bun, tipico pane dolce di Honk Hong, alle crostatine di uova, fino ai più tipici lecca-lecca con fagioli rossi. Rimane aperta fino all’orario aperitivo e ci sono un sacco di birre cinesi artigianali alla spina e in bottiglia. Un’altra vera chicca, ispirata sempre a Hong Kong.