Se escludiamo per un attimo le questioni politiche che destabilizzano da tempo il Medio Oriente, c’è un altro fattore che può aiutarci a predire lo scoppio di nuovi conflitti: la mancanza di acqua.
Questo criterio è alla base di un innovativo tool predittivo sviluppato dai ricercatori di un programma finanziato dal governo olandese e chiamato Water, Peace and Security Partnership. Il tool è stato presentato di recente al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. È la prima volta che fattori ambientali come la siccità sono usati per predire lo scoppio di un conflitto—non solo nel Medio Oriente, ma in qualsiasi altra parte del mondo.
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Il nuovo tool è progettato apposta per politici e governi, per aiutarli a intervenire prima che scoppi davvero una guerra, ma chiunque può utilizzarlo liberamente.
Ecco come funziona: usando dati e immagini satellitari, gli scienziati possono misurare quanta umidità traspira dai campi coltivati, e capire così qual è lo stato di salute dell’area. Se i campi non stanno bene, il fattore rischio sale. Combinando questi dati con altri metodi tradizionali di predizione del conflitto, come l’instabilità politica, è possibile delineare un quadro più completo della situazione e dei suoi possibili sviluppi.
“Il punto è: forse riusciamo a predire la [prossima] Siria,” ha detto Charles Iceland, che dirige le iniziative legate all’acqua al World Resources Institute (o WRI) ed è stato coinvolto nella progettazione di questo tool.
Il periodo di siccità che è iniziato in Siria nel 2006—probabilmente il peggiore degli ultimi mille anni, aggravato dal cambiamento climatico—ha ucciso l’85 percento degli animali da allevamento del paese e ha spinto i contadini verso i centri urbani. Il milione e mezzo di persone che si ritiene siano state costrette a trasferirsi in città ha creato una forte insofferenza sociale, che è poi esacerbata, stando agli studiosi, nella guerra civile e nell’attuale crisi dei rifugiati in Siria.
“La siccità ha sfollato i siriani molto prima che iniziasse la guerra,” aveva spiegato in proposito a VICE Francesco Femia, presidente del Center for Climate Security. “E ciò che spaventa è che gli analisti che studiavano la regione non se ne sono neanche accorti.”
Ma Iceland ribadisce che questi conflitti sono provocati da un intersecarsi di fattori—non è quasi mai una crisi idrica da sola a innescare il conflitto.
“A meno che non parliamo di qualcuno che ha avvelenato il pozzo di qualcun altro,” ha detto Iceland, “la maggior parte di questi conflitti è multidimensionale.”
Il Medio Oriente, nello specifico, si sta riscaldando più in fretta del resto del mondo e le ondate di siccità minacceranno la pace molto fragile in Iraq e Iran già nel corso del prossimo anno, predice il tool. Il Tigri e l’Eufrate, i due grandi fiumi che in antichità hanno nutrito la “culla della civiltà,” sono discariche e fogne per le città dell’Iraq e il loro corso si sta prosciugando. Nel 2018, quasi 120.000 persone sono finite all’ospedale dopo aver bevuto acqua sporca—episodio che ha portato a scontri violenti. In Iran, la costruzione eccessiva di dighe sui fiumi, la cattiva gestione dei flussi d’acqua, la siccità e il cambiamento climatico hanno tutti contribuito a rendere rare le risorse idriche. Il lago Urmia, che copriva un tempo oltre 5.000 chilometri quadrati, si è ridotto a meno del 20 percento delle sue dimensioni originali.
Per quanto sembri che Iran e Stati Uniti abbiano fatto un passo indietro dal far scoppiare una guerra mondiale (almeno per ora), qualsiasi conflitto dovesse scoppiare nella regione nel prossimo futuro sarà aggravato dalla sua scarsità di risorse idriche. La sete mette spesso le persone di uno stesso paese una contro l’altra.
“Questi problemi destabilizzano l’Iran dall’interno,” ha detto Iceland. “Potrebbero combinarsi con questioni politiche altre, e far sprofondare le persone ancora più nel caos.”