Cibo

Cosa c’è dietro all’ossessione coreana per il pollo fritto e la birra

Ogni coreano consuma l’equivalente di 12 polli interi all’anno, che moltiplicati per tutti i coreani fanno 600 milioni di pennuti morti.

I coreani sono i maestri indiscussi del pollo. Che sia stufato o alla soia, saltato in padella e ricoperto di salsa ai peperoni, immerso nella zuppa o strafritto nell’olio, il pollo è indubbiamente una delle specialità coreane. E se proprio vogliamo dirla tutta, il classico pollo fritto, in Sud Corea, è il meglio del meglio.

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“Tutti, dai giovani, ai grandi e ai bambini, tutti amano il pollo,” esordisce Song Gyung-shim, proprietario del Man-Man Han Chicken and Beer. “Ecco perché è così popolare.”

Il Man-Man Han Chicken and Beer è una delle decine di migliaia di “hof” – pub- specializzati in pollo fritto e birra alla spina diramati per il territorio coreano. Qui la combinazione birra e pollo è chiamata “ chi-maek, che deriva a sua volta dall’unione di pollo in inglese, chicken, e maekju, birra in coreano.

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La proprietaria del Korean Barbecue frigge un pennuto. Tutte le foto sono di Jo Turner.

L’unione scaturita dal “chi-maek” attrae davvero chiunque, dagli impiegati ai colletti bianchi, e la sua scia di bontà spinge i suoi amanti ad accalcarsi fra le bancarelle che vendono pollo fritto accompagnato da brocche sferiche con capienza di tre litri. Song continua il suo discorso sulla birra e il pollo spiegando come, molto tempo fa, si siano uniti “in modo del tutto spontaneo e naturale.”

Mentre il pollo fritto americano è più spesso e croccante, quello coreano tende a essere più sottile e meno friabile.

Secondo alcune statistiche citate anche dal Korea Times, ogni coreano consuma l’equivalente di 12 polli interi all’anno, che moltiplicati per tutti i coreani fanno 600 milioni di pennuti morti. Il giro d’affari degli hof, poi, porta in cassa 4,4 milioni di dollari totali (sempre all’anno), spartiti anche fra i 280 e più franchising disseminati su tutto il territorio (i ristoranti hof indipendenti rimangono comunque in maggioranza).

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Un pollo intero, tagliato, fritto e servito al Sul-Sang.

Iniziamo quindi subito col dire che il pollo fritto coreano è più leggero di quello americano, ma comunque si tratta di pollo fritto e, come tale, non rientra nella lista degli alimenti ipocalorici consigliati. I coreani stessi differenziano il proprio pollo fritto da quello americano, che in Sud Corea si può principalmente trovare da KFC o Popeye’s. Ma quindi, in sostanza, come è diverso? La principale differenza è data dalla consistenza: mentre il pollo fritto americano è più spesso e croccante, quello coreano tende a essere più sottile e meno friabile.

Non sorprende, inoltre, che il pollo fritto coreano sia più piccolo di quello pompato americano. Un pollo intero (gli ordini vanno a pennuti interi), tagliato e impanato, costa dai 10 ai 15 dollari. Di solito è anche immerso nel sale o spennellato con della salsa piccante (ma dolce). Anche qui, così come in quasi ogni parte del mondo, se vi prende l’improvvisa voglia di pollo fritto ma non quella di alzarvi per fare una visita all’ hof più vicino, ci saranno dei fattorini spericolati a recapitarlo alla vostra porta in qualsiasi momento.

L’ossessione per il chi-maek ha a che fare con quella asiatica per la TV coreana. In Cina, ad esempio, sono impazziti per la soap opera coreana chiamata My Love From the Star, che ha portato sui piccoli schermi la storia di un alieno affascinante innamorato di una bellissima donna coreana, il cui cibo preferito è proprio il chi-maek . Lo show è stato scaricato, a ora, più di due miliardi di volte solo in Cina, quindi capite bene la portata della visibilità della birra-pollo.

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Adam Rosenthal (sinistra) e Richard Iles (destra), rispettivamente un americano e un britannico, si gustano un bicchiere di Class con il pollo. Il chi-maek è amatissimo anche dagli stranieri.

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Cho Song-un lavorava come istruttore di sub prima di diventare il gestore del Five Minute Chicken a Seoul.

Il risultato di tale visibilità è presto detto: moltissimi cinesi guidano appositamente fino alla Corea del Sud per mangiare pollo e tracannare birra. Ma non finisce qui. Nel marzo di quest’anno l’azienda cinese di cosmesi Aolan International Beauty Group ha regalato una vacanza a Inchon, a ovest di Seoul, a più di 4500 dipendenti, solo per lasciarli sedere comodamente a 750 tavoli diversi per gustarsi del chi-maek.

Il KFC, “Korean Fried Chicken,” è decisamente nella lista delle mode più gustose cinesi, e ormai sempre più ristoranti dedicati stanno aprendo anche in Cina (ma anche a Singapore e persino New York).

“Io non guardo la TV, ma so tutto della Corea e del chi-maek,” mi dice Zhuo Li Hang, manager dei un ostello ad Harbin. “Sapevo del chi-maek ben prima del famoso show.”

Sfortunatamente, la vita molto glamour della protagonista di My Love From the Star si discosta totalmente dalla realtà della gestione di un hof. Gli hof specializzati in pollo fritto sono spuntati come funghi ovunque e, come tali, muoiono alla velocità della luce, principalmente per la concorrenza spietata. Tantissimi hof vengono aperti da ex dipendenti di grandi aziende come la Samsung o la Hyndai, dopo essere stati sbattuti fuori con una liquidazione appena sufficiente a mettersi in proprio.

“Molte persone non credono siano necessarie particolari abilità o competenze per gestire un hof, ed è per questo che poi sono costretti a chiuderli,” rivela la proprietaria del Korean Barbecue, che preferisce rimanere anonima. “È molto più difficile di quanto possiate pensare.”

In un profetico saggio intitolato “Hell Joseon” (dove Joseon potremmo farlo coincidere con “Corea”), scritto dall’intellettuale dissidente Koo Se-woong, la gestione di un hof viene menzionata come “il destino finale” dei cittadini comuni coreani. “È il lavoro meno prestigioso e redditizio che ci sia, ma la gente lo fa comunque,” sostiene Se-woong. “Lo fanno perché non trovano altri lavori, o perché sono stati licenziati con l’avanzare dei quarantanni.”

Stando sempre al Korea Times, il numero degli hof continuerà a crescere fintanto che la disoccupazione non calerà. Ovviamente, però, qualcuno da queste attività commerciali ci guadagna.

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Sookju al Fusion Sul-Sang.

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Cho Song-un e il suo hof, il Five Minute Chicken.

“Gli hof non necessitano di particolari abilità, e poi alla gente non va mai di macinare chilometri per prendersi del pollo. Aprire un hof in una zona residenziale, quindi, è di vitale importanza,” consiglia Chung Chan-Rye, proprietario del ristorante Fusion Sul-Sang a Ilsan, poco a nord di Seoul.
Chung mi rivela la chiave del successo della sua attività: semplicemente, loro sono diversi da tutti gli altri hof. Certo, servono birra e pollo, ma provano a rendere il tutto unico e originale, lontano dalla mentalità da “copioni” coreana.

“Siamo innovativi. Creiamo diversi piatti e il nostro menu è sempre fresco e nuovo,” continua Chung. “Inoltre usiamo sempre olio pulito e d’eccellenza. Le nostre salsine sono le migliori. Moltissimi hof offrono come opzione solo la mou, ma noi serviamo anche kimchi fatto in casa. I nostri clienti lo amano!” Ed è vero, se c’è una cosa di cui i coreani non si stancheranno mai, è dell’ottimo kimchi fatto in casa.

Anche il magazine di settore “The Poultry Site” è convinto che le vendite di pollo aumenteranno esponenzialmente in Sud Corea. “I clienti coreani sono soliti mangiare più pollo fritto durante gli eventi sportivi internazionali,” riportava il magazine prima dell’inizio dei Giochi Olimpici.
Keum Jeong-ja è la proprietaria esuberante e piena di vita di un hof senza nome situato nella zona est di Seoul. Stando ai suoi racconti, quell’area della città è pessima per vendere pollo, ma lei comunque ci riesce da 15 anni.”

“Questo è perlopiù un quartiere dedicato al business, non è una buona zona per vendere pollo fritto. Ma io lo preparo con amore, passione e pulizia. Ecco perché il mio hof è di successo!”.

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Quest’articolo è originariamente apparso su Munchies NL (il 26 aprile del 2016).