Lo scorso sabato sera mi sono messo a fare zapping a caso in televisione e per poco non sono caduto dal divano quando su Rai2 ho visto il faccione barbuto di Aleksandr Dugin, intervistato verso la fine del TG2 delle 20.30. Per chi non lo conoscesse, Dugin è un filosofo e agitatore politico russo, teorico del “neo-eurasiatismo”—una corrente di pensiero che mescola nazionalismo russo, tradizionalismo religioso e misticismo fascista in stile Julius Evola—e punto di riferimento ideologico per rossobruni e neofascisti di tutta Europa.
Fino a pochi anni fa, un personaggio come Dugin non sarebbe uscito fuori dal perimetro delle riviste e dei blog di una certa area, come L’Intellettuale Dissidente o il giornale di CasaPound Il Primato Nazionale.
Videos by VICE
Nell’intervista—che in realtà era già stata trasmessa in versione estesa il 18 febbraio nella rubrica Est Ovest del TGR—Dugin si cimenta in un trito discorso sulla contrapposizione tra “popolo” ed “élite,” senza farsi mancare la stoccata contro “il globalismo totalitario espresso da Soros” e profondendosi in un panegirico della Russia, “diventata simbolo e leader della resistenza al globalismo.”
Inframezzato dai soliti video di Putin che si allena in palestra o entra mezzo nudo in piscina, il filosofo—dopo aver elogiato Di Maio e Salvini (che “vanno incontro ai bisogni del popolo”)—arriva a paragonare il presidente russo nientemeno che a Mosé: ha portato il suo popolo fuori dal deserto, ma non sarà lui a condurlo alla “Terra promessa.”
Non è però la prima volta che il TG2 concede spazio a personaggi del genere: il 25 gennaio era stato il turno di Steve Bannon—anche lui, come Dugin, ideologo riciclato e ormai quasi più popolare tra la stampa italiana che in patria. Il tema è sempre lo stesso: la rivolta del popolo contro le élite, quanto è bravo Matteo Salvini che “è un grande patriota, ha coraggio, non ha paura di andare contro il sistema,” il razzismo non esiste, eccetera.
Se il problema fossero solo le “interviste” (tra virgolette, data l’inconsistenza delle domande poste) potremmo ancora cavarcela. Ma nelle ultime settimane il telegiornale della seconda rete ha fatto parlare di sé anche per alcuni servizi, come quello sulla crisi diplomatica tra Italia e Francia, sintetizzata in un bignami dei luoghi comuni sulle relazioni italo-francesi dalla Gioconda alla testata di Zidane.
Dal 31 ottobre alla direzione del TG2 c’è l’ex vicedirettore di Libero Gennaro Sangiuliano, che in un’intervista al Foglio ha spiegato: “è certamente più onesta una faziosità limpida ed esibita di una subdola terzietà.” Non a caso, da allora il telegiornale è diventato un canale di propaganda degno della Corea del Nord—e chi non si è voluto adeguare, come il giornalista Valerio Cataldi, è andato altrove—ed è già finito nel mirino delle opposizioni in commissione di vigilanza per la sproporzione dello spazio concesso alle forze di maggioranza. Una recente puntata di TG2 Post, la nuova striscia di informazione condotta da Francesca Romana Elisei, è durata casualmente dieci minuti in più proprio quando tra gli ospiti c’era Matteo Salvini.
Oltre a Gennaro Sangiuliano, di questo dobbiamo ringraziare i due principali artefici della nuova Rai “sovranista”: il presidente Marcello Foa—nominato a settembre dopo un lungo tira e molla politico, nonostante le polemiche per certe sue esternazioni—e Carlo Freccero, tornato alla guida di Rai2 dopo quasi vent’anni e desideroso di rivalsa contro chi l’aveva “relegato” a Rai4.
Sin dalla prima presentazione dei palinsesti, infatti, proprio Rai2 sembrava destinata a diventare l’avamposto del nuovo mainstream nazional-populista, all’insegna dell’autarchia—via NCIS, spazio alle fiction “italiane”—e dell’“approfondimento” politico al posto dell’intrattenimento, con due nuovi format che già dal titolo sono tutto un programma: Povera Patria (rebranding di Night Tabloid) e Popolo Sovrano (ricavato da una costola di Nemo).
Il primo non poteva fare un esordio migliore: durante la prima puntata è andato in onda un delirante servizio sul signoraggio bancario—una delle teorie del complotto preferite dai “sovranisti”—in cui il giornalista di Libero Alessandro Giuli ha spiegato che se abbiamo un debito pubblico così alto è colpa della Banca d’Italia, presentata come un soggetto privato (non è vero) che presta soldi ad interesse allo stato, “espropriando” il popolo sovrano per compiacere le richieste del mercato europeo.
Un buon esempio di cosa si può vedere sintonizzandosi su Popolo Sovrano, invece, è questo monologo con cui Elvio Macario spiega l’esasperazione della gente che “non è razzista, ma.” Per inciso, durante l’assalto al centro d’accoglienza di Tor Sapienza, secondo gli inquirenti Macario avrebbe gridato ai profughi “scimmie scendete giù, vi diamo fuoco, ve ne dovete anda’, vi incendiamo il centro con le taniche di benzina. Viva il duce negri di me…”
A chi l’ha accusato di plasmare una tv “sovranista” a immagine e somiglianza del governo giallo-verde, Freccero—che pure già a maggio era saltato sul carro della nuova maggioranza—ha ribattuto rivendicando la propria indipendenza: “Io non faccio nessun sovranismo, faccio una rete legata all’esprit du temps,” ha detto a Repubblica. “I nomi che io do ai programmi devono ricalcare l’atmosfera che si respira.”
Sia lui che Sangiuliano sono abituati a prendersela contro il “politically correct” e i “guardiani del sistema dominante,” in qualità di alfieri dell’anticonformismo contro la “dittatura del pensiero unico”—il nemico immaginario preferito del governo, ma anche del nuovo direttore di Rai2.
È in virtù di questa idea distorta di contro-informazione—che non si rende conto di essere ormai pienamente mainstream—che Freccero intende allargare lo spazio delle voci “scomode” sulla propria rete: a marzo dovrebbe partire la trasmissione di informazione L’ottavo blog, che secondo le anticipazioni sarà una “rassegna stampa di notizie importanti che non devono essere divulgate” (una sintesi perfetta dell’idea base del cospirazionismo), pubblicate da testate online come L’Antidiplomatico e L’Intellettuale Dissidente. Ma ci sono anche idee peggiori, come quella di ambientare la quarta stagione de Il Collegio in epoca fascista (“mi stuzzica molto l’idea perché ci sarebbe una disciplina molto forte”).
Nel frattempo però—sarà un complotto delle élite globaliste—in termini di audience la trasformazione di Rai2 non sembra pagare: i primi dati sullo share parlano di una serie di flop per i nuovi format voluti da Freccero, e lui stesso ha aperto alla possibilità di cambiare Popolo Sovrano se non dovesse ingranare con le prossime puntate. Contemporaneamente, il neo-direttore si trova alle prese con la grana di The Voice: la casa di produzione si è tirata indietro dopo lo stop arrivato dai vertici dell’azienda alla presenza di Sfera Ebbasta tra i giudici del talent, e al momento non si sa bene come si riuscirà a mettere in piedi la prossima stagione.
Il problema è che, se anche Freccero dovesse schiantarsi prima della fine del suo breve mandato, la nuova Rai sovranista non finirà certo con lui. L’esempio forse più lampante del clima che si respira a viale Mazzini lo si è avuto con Sanremo—quasi un canto del cigno della Rai pre-Foa—e con le polemiche successive, tra la presa di posizione di Baglioni sui migranti della Sea Watch e la vittoria di Mahmood. Pochi giorni fa Claudio Bisio è tornato sull’argomento, parlando di un clima “pesante, faticoso,” una paranoia generale per tutto ciò che potesse riguardare anche lontanamente la Lega. Polemiche simili hanno riguardato alcune puntate recenti del Commissario Montalbano e la fiction con Beppe Fiorello sul “modello Riace,” ufficialmente “rimandata.”
Intanto va avanti la colonizzazione degli spazi da parte di personalità un tempo borderline dell’informazione italiana, ora pienamente sdoganati dal mélange ideologico dominante— come Maria Giovanna Maglie, a cui potrebbe essere affidata la striscia di informazione serale dopo il TG1, attualmente al centro di un braccio di ferro nella maggioranza. Per la cronaca, Maglie è la stessa che dopo la vittoria di Mahmood ha fatto questo tweet:
Ora: la Rai ha ovviamente sempre fatto propaganda—qualcuno si ricorda Minzolini con Berlusconi?—ma qui si rischia di arrivare un tantino oltre.
Segui Sebastian su Twitter.
Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla newsletter di VICE per avere accesso a contenuti esclusivi, anteprime e tante cose belle. Ogni sabato mattina nella tua inbox. CLICCA QUI.