Foto di Alan Lima
I grandi eventi sportivi vanno da sempre a braccetto con la repressione poliziesca, e Rio de Janeiro non fa eccezione: la città si prepara a ospitare la Coppa del Mondo e le Olimpiadi, e le forze dell’ordine sono già all’opera per pattugliare le favelas più vicine alle aree dove avranno luogo i giochi tramite il programma delle UPP (Unità di Pacificazione della Polizia).
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Tra il 1978 e il 2000, a Rio ci sono stati più omicidi che nell’intera Colombia. Si era creata un’organizzazione parastatale, e gli abitanti delle favelas dovevano chiedere ai narcotrafficanti il permesso per entrarne e uscirne. Il crimine organizzato si era infiltrato nel governo. Membri della polizia e dell’esercito avevano iniziato a vendere mitragliatrici alle gang. Uno dopo l’altro, tutti i vertici della polizia sono stati incriminati per coinvolgimenti con la criminalità organizzata. Erano aumentate le morti causate da proiettili vaganti e la violenza dilagava anche nelle zone residenziali, tra la classe media. In tutto questo, gruppi di poliziotti al di fuori dell’orario di servizio avevano iniziato a estirpare i trafficanti di droga dalle favelas e a organizzare racket per la protezione poi denominati milizie. Un po’ tutti si chiedevano perché fossero così bravi a farlo nei giorni liberi ma così incapaci in servizio. Nel 2008 il governatore ha guidato le UPP in una piccola favela, dove hanno poi cominciato con le ronde. Quando un elicottero della polizia è stato abbattuto dai membri di una gang di spacciatori nella favela di Morro de Macaco nel 2009, il governo federale è subentrato alla guida delle UPP.
Nelle favelas più piccole le UPP sono composte soltanto da poliziotti, mentre in quelle più grandi è necessaria la collaborazione dell’esercito, arrivato con carri armati ed elicotteri. Dopo l’occupazione militare, le squadre speciali arrivano per perquisire le case alla ricerca di droga e armi, spesso senza mandato. Alla fine la polizia regolare si insedia nella favela e comincia con le ronde. È importante notare che la grande maggioranza delle favelas di Rio è ancora controllata da bande di trafficanti e milizie. L’UPP sembra essere operativa soltanto in quelle vicine ai quartieri ricchi e alle zone in cui passeranno i turisti durante Mondiali e Giochi Olimpici.
Marcio Meneses è un giovane giornalista residente a Morro da Providência, una favela pattugliata dall’UPP. Durante l’occupazione militare è stato arrestato per aver preso parte alle proteste.
“Questa faccenda è sorta quando alcune delle loro pistole sono sparite,” mi ha spiegato. “Pensavano che le armi fossero qui a Providência. Si sbagliavano, ma sono venuti e hanno occupato la collina. I media hanno trattato la cosa come se ci fosse una guerra in corso, ma durante tutta l’occupazione non c’è stato nemmeno uno scontro tra soldati e bande. I problemi sono cominciati quando alcuni dei soldati hanno iniziato a sparare alle cisterne sui tetti delle case per divertimento. Poi c’è stato l’episodio di quei ragazzi. L’esercito ne ha presi tre e li ha portati in una favela controllata da una banda rivale, e i ragazzi sono stati torturati a morte. Ho iniziato a sentire la rabbia che montava e un giorno, mentre stavo ascoltando gli U2, una delle loro canzoni mi ha ispirato e ho deciso di fare uno striscione per dire loro di andarsene. È arrivato un capitano che mi ha accusato di difendere i narcotrafficanti. Mi hanno portato alla caserma più vicina, ma quando hanno scoperto che ero un giornalista si sono resi conto che non sarebbe stato così facile provarlo e hanno ritirato le accuse.”
Atila Roque, responsabile di Amnesty International in Brasile, è cresciuto in un quartiere povero di Rio, e da adolescente veniva continuamente tormentato dalla polizia. Dice, “La polizia brasiliana è stata creata per controllare i poveri e per proteggere gli interessi di una stretta minoranza. Ora a Rio le cose cominciano a cambiare. Ciononostante, nel 2011, 560 persone sono state uccise dalla polizia.”
Gli ho chiesto del rapporto dell’ONG Justiça Global, secondo cui durante l’anno dei Giochi Panamericani la polizia ha ucciso oltre 1.000 cittadini poveri senza precedenti penali.
“Gli omicidi perpetrati dalla polizia di Stato a Rio de Janeiro sono diminuiti di più del 50 percento negli ultimi cinque anni. E pensiamo che sia dovuto in gran parte alle UPP. Non penso che le UPP siano la soluzione ottimale per la sicurezza pubblica, perché hanno creato un sacco di altri problemi, ma sono riusciti a far diminuire gli omicidi da parte della polizia. Tuttavia, nello stato di Rio la polizia continua a uccidere più che in tutto il resto del Brasile.”
Gli chiedo se pensa che, con l’avvicinarsi delle Olimpiadi e dei Mondiali, torture, persecuzioni ed esecuzioni aumenteranno a causa delle preoccupazioni per la sicurezza.
“È il rischio. Considerando per esempio i 35.000 sfratti forzati già pianificati vediamo un’incredibile pressione sui poveri. C’è un chiaro tentativo da parte dello Stato di migliorare alcune zone e di levare di mezzo i poveri, e ovviamente la polizia è parte di questa dinamica.”
Il Complexo da Maré è un agglomerato di favelas sorto su un’area pianeggiante con più di 300.000 residenti che costeggia l’autostrada tra l’aeroporto di Rio e il centro. È l’unica zona di Rio in cui sono presenti tutte e tre le gang di trafficanti di droga, una stazione di polizia e una milizia, ed è una delle zone più pericolose della città. Nel 2010 il sindaco Eduardo Paes ha deciso di chiudere la vista del quartiere dall’autostrada costruendo un muro, che ha definito “barriera acustica”. Ora il governo ha annunciato che, con l’aiuto della Marina, ad aprile vi farà partire un programma UPP. Ho deciso di fare un giro nel quartiere per parlare con gli abitanti dei cambiamenti imminenti.
Ho vissuto ogni genere di situazione pazzesca, ma quando vado a Maré ho sempre paura. L’ultima volta mi sono ritrovato sommerso da una folla di gente che cercava riparo mentre scaricavano un mitra proprio fuori dalla porta del palazzo in cui ero. Malgrado le sparatorie, la maggior parte della gente che conosco che vive a Maré la adora e non vorrebbe vivere altrove. Sono sceso dal bus sull’Avenida Brasil e mi sono incamminato nella baraccopoli. Le bande di trafficanti solitamente svolgono le loro operazioni nel primo “isolato” della favela, in modo da non disturbare i residenti con l’andirivieni dei cocainomani. Dunque non mi sono sorpreso nel vedere, entrando, sgherri che contavano enormi mazzette, portavano pistole e mettevano buste di crack su un tavolo. Più tardi ho scoperto che normalmente i trafficanti locali non vendono crack, ma avevano deciso di liberarsi di tutto quello che ha prima dell’arrivo della polizia, così da fare un po’ di soldi in più prima di doversi riorganizzare. Sono passato a un vivace quartiere pieno di pedoni, negozi e bar per andare a trovare Eliana Sousa, che è cresciuta a Maré e gestisce un’associazione locale, la Redes, che ha aiutato più di 1.000 ragazzi della zona a passare gli esami d’accesso all’università. Le ho chiesto come pensa che cambierà la situazione della sicurezza locale con la Coppa del Mondo e le Olimpiadi.
“Potrebbero esserci dei cambiamenti positivi? Certo,” dice. “Ma le buone opportunità ci sono precluse perché non siamo stati ancora messi in condizione di partecipare in prima persona a nessun processo per il miglioramento.”
Le ho chiesto se pensa che l’arrivo dell’UPP sarà positivo per la comunità. “Abbiamo lavorato per mobilitare la gente del quartiere e avere un ruolo attivo in questo processo—cosa che non si è vista nelle altre zone. Ci sono stati casi in cui lo Stato ha compiuto violazioni molto gravi proprio in momenti in cui, in teoria, la sicurezza pubblica era finalmente stabilita. Nella favela di Alemão le forze speciali di polizia (la BOPE) hanno deciso di stabilirsi sul tetto della casa di una coppia per otto mesi, perché era una posizione strategica per controllare i dintorni. Ma non avevano alcuna autorizzazione per farlo. Facevano feste e grigliate, e la coppia è stata costretta ad abbandonare l’abitazione. Non accetteremo cose simili qui a Maré. Abbiamo parlato con i residenti di quelli che saranno i loro diritti una volta che arriverà l’unità di pacificazione. Certo, non ci saranno più scontri tra i gruppi di criminali che operano qui, ma allo stesso tempo non possiamo permettere alla polizia di violare i nostri diritti.”
Le ho chiesto del muro che il sindaco ha fatto erigere per nascondere la comunità alla vista e lei mi ha risposto, “Non penso che quella parete sia stata messa su perché erano preoccupati per le persone che vivono qui, ma per abbellire la città per i turisti. Sono decisioni che dovrebbero essere prese per il benessere dei residenti, ma non è questo il caso.”
Sono andato via da Maré per incontrare la coordinatrice dei programmi sociali delle UPP in una delle favelas pacificate.
“Ho delle difficoltà con l’idea della pacificazione in sé,” ha detto. “Perché ‘pacificazione’ implica che prima ci fosse una guerra. Una guerra di chi, contro chi? Io ho lavorato per dieci anni nella favela di Jacarezinho e anche in dieci anni non ha raggiunto la pacificazione. Facevo lo stesso tipo di lavoro che faccio qui. Penso che il grosso del problema sia che lo Stato non vuole stabilire un dialogo con le comunità. E ci sono ancora grossi problemi di sicurezza nelle favelas malgrado il cosiddetto programma di pacificazione, le bande della droga continuano a operare normalmente, semplicemente non vanno più in giro con le pistole a vista. Comunque, il fatto che non si vedano più pistole per le strade è positivo per dare vita a una generazione che non crescerà più vedendo pistole ovunque. Un altro fattore positivo è che, visto che le pistole non sono più visibili, l’idea è che non ci siano più sparatorie tra la polizia e le bande o tra le varie bande. Quindi la comunità ne è meno ostaggio. Ma ci sono ancora molti progressi da fare. E penso che per farne sarebbe un buon inizio instaurare un dialogo aperto tra i residenti delle comunità e il comandante delle operazioni di polizia.”
Ho lasciato il suo ufficio in preda a sentimenti contrastanti. Ovviamente è un bene che le sparatorie siano finite, ma non è soltanto una questione di apparenza per le Olimpiadi e i Mondiali? E se davvero sarà permanente, come farannoi residenti ad avere più voce in capitolo sulle operazioni di polizia?
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