La solitudine può essere un sentimento davvero terribile. Ti aliena dal mondo circostante, ti fa sentire incompreso e indesiderato dalle persone intorno a te, e condiziona gravemente la tua comprensione delle altre persone. Uno studio pubblicato a giugno 2020 sulla rivista scientifica J. Neurosci sostiene che la solitudine condiziona anche il modo in cui il cervello percepisce le persone e le relazioni nella tua vita.
Lo studio si concentra sulla corteccia prefrontale mediale (MPFC)—la parte associata alla rappresentazione del sé, ovvero l’immagine che abbiamo di noi stessi. Tramite lo studio, si è cercato di comprendere come le persone mappino la rappresentazione degli altri nel loro cervello, sulla base di quanto riescano a connettersi con le identità altrui.
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“La connessione sociale è fondamentale allo stare bene, eppure non sappiamo molto di come il cervello riflette i nostri sentimenti di affezione verso altre persone,” spiegano le autrici Andrea L. Courtney e Meghan L. Meyer. “Il cervello sociale sembra mappare i nostri legami interpersonali, e le alterazioni che si verificano in questa mappa potrebbero aiutarci a spiegare perché gli individui che soffrono di solitudine si ritrovano in espressioni come ‘sono circondato da persone ma non sono con me.’” Lo studio ha anche cercato di esplorare come la solitudine condizioni la percezione delle relazioni da parte del nostro cervello.
Al 43 percento dei partecipanti ai test è stato chiesto di concentrarsi su 16 persone diverse: loro stessi, amici e familiari stretti, conoscenti e celebrità. È stato poi chiesto loro di elaborare i loro sentimenti di solitudine e quanto vicini si sentivano a ogni persona, mentre il loro cervello era monitorato dalle ricercatrici.
I risultati hanno mostrato che il cervello mantiene una rete di cerchie sociali, basate sulla vicinanza. In pratica, il cervello funziona in questo modo: quando pensi a te stesso, una parte si illumina, e quando pensi ad altre persone, si illumina un’altra parte. Nelle persone che non soffrono di solitudine, c’è una sovrapposizione nell’attività delle due parti quando pensano a un amico stretto. Per i conoscenti, la sovrapposizione è minore, ma è ancora presente.
Ma per le persone che si descrivono come sole, le parti del cervello che si illuminano quando pensano a se stesse e agli altri sono completamente separate. Mettono tutte le persone nello stesso calderone, a prescindere dal livello di vicinanza. Il che significa che i pattern per i contatti più prossimi diventano come quelli per conoscenti o celebrità.
“Ti aspetti che ci siano differenze tra le persone strette e i conoscenti, ma in realtà è molta meno nelle persone che sono sole,” ha detto Courtney alla CNN. “La solitudine può essere il risultato di diverse situazioni, compreso un meccanismo di difesa per mitigare una minaccia sociale ed evitare il rischio di essere rifiutati.”
Questo studio, per quanto svolto su un gruppo limitato, solleva diverse domande importanti: è la solitudine che porta il cervello a percepire le relazioni in un certo modo? Da dove nasce la disparità tra i soggetti che si descrivevano come soli e gli altri?
Quando restiamo dentro casa, con interazioni minime, i nostri legami con altre persone iniziano ad appassire a loro volta un pochino. Questo spiega perché certi giorni ci sentiamo più connessi con sette ragazzi coreani sui nostri computer che con i nostri migliori amici.
Ma cosa possiamo fare per ridurre questo sentimento? “Contatta gli amici per riscoprire e coltivare un legame di vicinanza,” ha aggiunto Courtney. “Chiediti se non stai sottostimando la quantità di sostegno sociale che hai davvero.”