Ha iniziato a imbottigliare la propria sriracha in una piccola azienda nella Chinatown di Los Angeles, e a consegnare a mano le bottiglie, in un furgone blu, ai ristoranti asiatici nella California del Sud.
Sriracha. Probabilmente conoscete l’onnipresente bottiglia di salsa piccante, quella con il gallo sull’etichetta, il tappo verde, la focosa salsa rossa dentro. Il suo creatore, il rifugiato vietnamita David Tran, è diventato leggendario quasi come la salsa che ha creato: una personificazione del sogno americano.
Videos by VICE
La storia di Tran è simile a quella di un romanzo. Arrivato a Los Angeles nel 1980, ha iniziato a produrre salse piccanti come quelle che faceva a casa, doveva aveva una propria attività e coltivava i propri peperoncini. Presto ha fondato la Huy Fong Foods (chiamata così dalla barca che l’ha fatto uscire dal Vietnam), poi ha impresso il proprio timbro su una salsa rossa piccante nata a Si Racha, Thailandia. Presto ha iniziato a imbottigliare la propria sriracha in una piccola azienda nella Chinatown di Los Angeles, e a consegnare a mano le bottiglie, in un furgone blu, ai ristoranti asiatici nella California del Sud, insieme ad altre salse battezzate in onore di posti nel Sud Est asiatico. La voce si è diffusa velocemente; la sua sede produttiva a Irwindale, California, converte oltre 100 milioni di libbre di peperoncini freschi in centinaia di migliaia di bottiglie di sriracha all’anno. Tran ha trasformato un atto di amore in un impero con 80 milioni di fatturato lo scorso anno.
“La sriracha che abbiamo creato è piccante, e quando si parla di peperoncini, più piccante è meglio è”
Ma non tutto così nella storia della sriracha è così fiabesco. Huy Fong ha appena perso una grande battaglia legale con la Underwood Farms, da tempo fornitore di peperoncini freschi per la compagnia. E recentemente i media hanno messo in dubbio l’autenticità della sriracha di Tran. Quest’anno la NPR ha chiesto ai residenti di Si Racha come si sentivano riguardo alla Sriracha di Huy Fong, e loro si sono lamentati di come fosse troppo piccante, troppo speziata, troppo amara e troppo poco equilibrata, rispetto a quella locale. Un articolo di follow-up su Coveteur ha fatto eco, sostenendo che la Sriracha di Huy Fong non fosse “vera” sriracha, ma invece una versione americanizzata.
“Quando si parla di cucina l’autenticità è un discorso complicato – e tende a fissarsi in maniera esagerata sui cibi nati da comunità migranti e diasporiche di colore”
La questione che un cibo etnico “popolare” sia solo un imbastardimento della versione tradizionale sembra riabbracciarsi sulla scena culinaria ogni qualche anno, che siano roll californiani, pasta, o tutto il blocco della cucina Cinese-Americana. Troppo spesso queste conversazioni finiscono per essere cortine di fumo per pregiudizi culturali. Quando si parla di cucina l’autenticità è un discorso complicato – e tende a fissarsi in maniera esagerata sui cibi nati da comunità migranti e diasporiche di colore.
È quello che sembra essere accaduto con la sriracha di Tran e Huy Fong. Il cibo preparato dagli chef migranti non è necessariamente una versione in qualche modo meno valevole di quello che esiste a casa. In effetti, accusarli di una mancanza di autenticità vuol dire ignorare lo spettro di realtà dell’esperienza migratoria negli Stati Uniti o in altri paesi.
Gli chef migranti che preparano cucine tradizionali operano sotto vari e numerosi limiti. Prima di tutto, devono lavorare con quello che è loro disponibile nelle loro nuove località. A Washington, come ha spiegato la scrittrice Ruth Tam, la storia dei blocchi alle importazioni ha reso difficile, se non impossibile, per gli chef cinesi del passato, di ricreare esattamente i loro sapori di casa. La scrittrice ha fatto notare che i grani di pepe di Sichuan, ad esempio, è diventata legale negli Stati Uniti solo nel 2005. E gli chef hanno adattato le loro cucine di conseguenza.
La Sriracha di Huy Fong è “americanizzata” perché è meno speziata o meno complessa che i suoi equivalenti thailandesi? Forse, ma cosa significa poi quella parola, “americanizzata”? Nel mondo culinario di solito il verbo “americanizzare” significa diluire, o alterare, i sapori di un piatto, e le sue consistenze, per essere appetibili a un palato americano medio. Ma uno sguardo più attento alla storia della Sriracha rivela che essere appetibile per il grande pubblico era più o meno l’ultima cosa nella mente di Tran.
La Sriracha di Huy Fong è nata con una comunità molto specifica in mente. In una recente conversazione con MUNCHIES ha spiegato che, come molti altri prodotti di immigrati, la sua Sriracha sia nata dalle necessità: anche se c’erano molti Vietnamiti e Cambogiani negli Stati Uniti, non c’erano semplicemente salse piccanti disponibili che funzionassero bene con i piatti del paese di origine. Poteva usare peperoncini americani, certo, ma per lui erano tutto “acqua e aceto e molto piccoli.”
“Invece che categorizzare la cucina con un criterio nebuloso come ‘autenticità’, dovremmo riconoscere ai cibi l’essersi brillantemente adattati, remixati, aver preso una nuova forma e, soprattutto, l’essere molto reali”
Frustrato dalla mancanza di salse che gli piacessero, Tran ha deciso di preparare la propria. Utilizzando peperoncini freschi, cresciuti nella soleggiata California del Sud, ha messo alcune delle sue prime salse – incluse la Chili Garlic, la Sambal Oelek, e la Sriracha – sul mercato. La Sriracha portava un nome thailandese – un nome che suggerisce acume commerciale da parte sua. Verso il 1980 la cucina thailandese era sul punto di diventare famosa negli Stati Uniti, e nei mercati thai c’erano molto marche di sriracha. Ma la sriracha di Tran era diversa dalle altre, meno forti, meno saporite, più dolci. “La sriracha che abbiamo creato è piccante, e quando si parla di peperoncini, più piccante è meglio è,” dice Tran.
Per Tran, parte del creare sapori appetibili per la comunità era renderli economicamente affrontabili. In un’intervista a MUNCHIES Tran ha spiegato che, nei 40 anni di storia della sriracha, non ha mai alzato il prezzo; il suo obbiettivo, spiega, è sempre stato “vendere la salsa di un uomo ricco al prezzo di un uomo povero.” Tran riesce a farlo risparmiando sulla parte del marketing – è famoso per evitare di spendere soldi in pubblicità per la Huy Fong. Ma dice che non risparmia mai sulla salsa. I suoi precisissimi standard significano che, fino alle recenti battaglie legali, Huy Fong ha reperito i tutti i suoi brillanti peperoncini rossi da una sola fattoria in California.
L’americanizzazione è una storia di far funzionare le cose. Le sfide di adattare la propria cucina a una nuova regione fanno sì che molti chef, e molti produttori, affrontino lo stesso destino di molti Americani di seconda e terza generazione: uno sdoppiamento perpetuo. Non vengono percepiti come abbastanza Cinesi o abbastanza Vietnamiti o abbastanza Etiopi o abbastanza Siriani, allo stesso modo in cui combattono la sensazione di non essere mai abbastanza americani.
Ma un altro modo di guardare ai produttori di cibo migrante, come Tran, è che nel processo di far funzionare le cose stanno creando qualcosa di nuovo. Quando Jonathan Gold, critico gastronomico e vincitore del premio Pulitzer, ha detto che i tacos coreani hanno il sapore di Los Angeles, non stava facendo una sviolinata. Questi taco avrebbero potuto emergere solo nel contesto di Los Angeles, con la sua cultura dei taco e la sua grande comunità coreana.
La stessa cosa vale per la Sriracha di Huy Fong. Se anche ha americanizzato la salsa, l’ha fatto secondo una definizione di “americano” più ampia di quella della maggior parte di noi, creando un vero e proprio prodotto regionale, che rispecchia la vita della comunità di rifugiati del Sud Est asiatico nella California del Sud. È una salsa che incarna la realtà di essere un imprenditore immigrato negli Stati Uniti, un segmento di mercato di salse rivolto ai rifugiati vietnamiti o asiatici, e una clima adatto alla crescita di peperoncini.
In un paese che si definisce una “nazione di immigrati”, giornalisti gastronomici e critici negli Stati Uniti hanno una definizione terribilmente ristretta di chi può essere “davvero” americano. Invece che categorizzare questa favolosa cucina con un criterio nebuloso come “autenticità”, dovremmo riconoscere a quei cibi l’essersi brillantemente adattati, remixati, aver preso una nuova forma e, soprattutto, per essere molto reali.
In un’intervista del New York Times del 2001, Tran stesso ha riassunto il proprio processo di personalizzazione e adattamento: “Non è sriracha thailandese. È la mia sriracha.”
Questo articolo è originariamente apparso su VICE US.
Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram .
Vuoi restare sempre aggiornato sulle cose più belle pubblicate da MUNCHIES e gli altri canali? Iscriviti alla nostra newsletter settimanale