Dirò una banalità, ma non è facile fare musica davvero originale. Anche spezzettare e riassemblare è fare arte, così come rifarsi a una determinata corrente che si trova particolarmente evocativa o significativa. Faccio fatica, sinceramente, a trovare qualcosa che assomigli ai beat di Tha Supreme. Invece di scarnificarli nelle loro componenti, il producer di Roma avvita continuamente attorno alle loro spine dorsali forme e colori. Drop improvvisi e vertiginosi, ritmi in levare, bizzarrie sonore formano muri attorno a scheletri ritmici così pieni di angoli e interruzioni da risultare, ribaltandosi, sinuosi.
A soli diciassette anni, Tha Supreme è già stato preso sotto l’accogliente braccio di Machete: suoi, per esempio, sono i beat di “Perdonami” di Salmo e “GameBoy Color” e “La La La La La” di Dani Faiv. E ha pubblicato due brani in cui ha aggiunto all’equazione la sua voce, tanto frenetica e caleidoscopica come i suoni che le stanno sotto: “6itch” e “5olo”. Oggi vi presentiamo in anteprima il suo nuovo video, che viene pubblicato da Avantguardia, cioè il collettivo di producer e beatmaker italiani capitanato da DJ Shablo. Lo potete guardare qua sopra.
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La canzone si intitola “Night Cherry” ed è un brano che prima vi accoglie con gli occhioni rassicurante di un black mage di Final Fantasy, poi vi prende per mano e vi porta in uno zoo pieno di fiati dilatati. Abbiamo colto l’occasione per mandare anche qualche domanda a Tha Supreme, che ci ha risposto via mail. Qua sotto trovate l’intervista. Restate connessi per aggiornamenti sulle due nuove compilation di Avantguardia, Takeoff e Landing, fuori a breve su tutte le piattaforme.
Noisey: Quali sono gli effetti di un successo così precoce sul modo in cui pensi e sul tuo quotidiano?
Tha Supreme: Mi dà semplicemente tanta forza per continuare meglio di prima. Non è cambiato più di tanto a livello personale: sono sempre Davide. Sinceramente a volte fa un po’ strano, tipo quando a sedici anni mi hanno chiesto per la prima volta una foto. Ho rivisto me stesso un anno prima… è stata una figata, ma anche una cosa strana.
Mentre la produzione contemporanea va molto verso il minimalismo—percussioni a mina, pochissimi suoni—nelle tue succede un sacco di roba. Come sei arrivato a sviluppare un gusto simile?
Molti pensano che io cerchi complessità nei beat per farli sembrare più fighi. La realtà è che sin da bambino ho sempre suonato, avevo già il ritmo nel DNA e credo di essere riuscito a trasmetterlo anche nei miei beat. Non faccio mai “giochi” col beat a caso, mi ci diverto spesso e si sente, ma seguono sempre il flusso del pezzo.
C’è inoltre un elemento di giocosità che si esplicita in ritmi in levare, suoni festosi o strambi. Quelli di “Lil Trapboy” e “Circus”, per intenderci. Come sei arrivato a inserirli in ciò che fai?
Credo che ogni artista abbia delle immagini che lo ispirano a livello musicale, magari momenti impressi o anche solo foto o film. Non sempre, ma spesso magari non finisco di guardare un film perché una situazione mi ispira talmente tanto che devo farla diventare musica. Altre volte invece, quando voglio fare produzioni leggere come piace a me, immagino situazioni strambe da cartoni animati. È per questo a volte c’è come un’aria di giocosità nei miei beat.
Parlando con producer più anziani di te, che cosa hai notato di diverso rispetto al modo in cui lavorate?
Sinceramente poco e niente. Ho avuto la fortuna di conoscere dei producer fortissimi con molti più anni di esperienza di me e ho capito che è come se noi creativi parlassimo la stessa lingua. Sicuramente ho ancora troppo da imparare, ma comunque il modo in cui lavoriamo e i viaggi che ci facciamo sono spessissimo collegati pur avendo un bel distacco di età.
Quali sono le lezioni più importanti che hai imparato da quando la tua carriera è cominciata a tutti gli effetti?
La crescita che può fare un ragazzo che a 17 anni si trova dentro a un mondo del genere è esponenziale, sia a livello artistico che personale. Una delle lezioni più importanti l’ho avuta dopo aver visto che la situazione stava diventando grossa: ho capito che bisognerebbe ascoltarsi più spesso, senza perdere tempo. Se si ha qualcosa di grande dentro bisogna farlo esplodere.
Che cosa significa per te rappare, come su “5olo” e “6itch”? Te lo chiedo perché, così come nelle produzioni, anche con le parole vai velocissimo, in mille direzioni, invece di restare su un singolo ritmo.
Iniziare a scrivere sui miei beat non faceva parte dei piani, diciamo che è successo per necessità, forse per dare una voce vera e propria a quello che fino a qualche mese fa dicevo solo con i beat. “6itch”, per esempio, è stato il mio primo vero e proprio pezzo. L’ho scritto per sfogo e l’ho caricato su YouTube il giorno dopo senza aver nemmeno curato benissimo il mix: inaspettatamente è stato apprezzato tantissimo, allora ho deciso di caricarlo su Spotify finendo nel giro di una settimana nella top 50 Viral Italia con un lavoro fatto in nemmeno un giorno. A quel punto, anche se ero strafelice, pensavo che sarebbe stata la mia unica canzone e che si trattasse solo di uno sfogo. Poi col tempo è uscita “5olo” e non nascondo che ce ne saranno altre.
Domanda facile: che cosa ti sta gasando in questo periodo? E perché?
Vado molto a periodi, troppo forse. Magari un pezzo che una settimana fa mi gasava oggi non riesco a sentirlo. Però ultimamente sento un’energia pazzesca tra i giovanissimi in tutto il mondo e questo mi fa davvero felice. Smooky Margielaa e Bhad Bhabie sono le giovani promesse che mi stanno gasando di più ultimamente, la fotta è quella che serve, spaccano tutto.
Quali sono i tuoi punti di riferimento estetici? Oppure: come sei arrivato a prenderti bene con le cose vapor/post-internet/simili?
Lo stile che più si collega alla mia musica secondo me è quello. Quasi tutti i video che ho sul canale li ho editati io per far fare il mio stesso viaggio a chi si ascolta un mio beat. Non è nulla di eccezionale, ma nemmeno quelli sono fatti a caso o tanto per fare un video. Anche quelli fanno parte del pezzo.
Elia è su Instagram: @lvslei
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