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Risate isteriche

Lo scalettone per la gloria

Cosa sono i laboratori di Zelig e perché hanno rovinato la comicità in TV.

Un po’ di tempo fa sono entrata in contatto con un giro di cabarettisti giovani e di belle speranze. Come in ogni gruppo unito da una professione, il loro principale argomento di discussione era l’avanzamento di carriera di qualche assente, che nel caso del cabaret significa andare a Zelig. Il comico considerato più banale veniva schernito con un “Infatti lui va a Zelig.” Nonostante la frase suoni come un insulto, tutti quelli che l’hanno pronunciata hanno fatto almeno un passaggio in trasmissione, oppure hanno fatto un provino, ma soprattutto hanno frequentato i laboratori di Zelig. Quando ho chiesto cosa fossero, ho avuto le risposte più varie, da “sono un buon modo per mettere alla prova il proprio materiale” a “sono una perdita di tempo, mangiano sulle nostre spalle.” Nel tentativo di raccogliere qualche informazione in più, sono incappata in Ananas Blog, un sito in cui vengono raccolte informazioni sui comici e sui programmi dedicati al cabaret. Si parla anche del dietro le quinte di Zelig e di Bananas, l’agenzia di produzione di Gino e Michele (capito? Bananas → Ananas), e si raccolgono testimonianze di frequentatori dei laboratori di Zelig. Dopo la cerimonia di benvenuto nei feed rss di Google Reader ho chiamato Roberto Gavelli, autore comico (sì, anche di Zelig) e fondatore del blog, per chiedergli che diamine sono questi laboratori, che cosa hanno causato alla comicità, e se c'è la speranza di tornare a vedere robe da ridere in tv [SPOILER: forse]. VICE: Che cosa sono i laboratori di Zelig? Da quello che ho capito non sono delle vere e proprie scuole di comicità.
Roberto Gavelli: La dichiarazione ufficiale dice che sono scuole di comicità, scuole di recitazione addirittura. Da quello che ho visto io e dalle esperienze che ho raccolto, è un luogo dove si provano le cose televisive, in cui si crea un’abitudine a pensare televisivamente. Questo può essere un bene o un male, secondo me è più un male. Sono una fucina di materiale televisivo per un certo tipo di format. E che differenza c’è tra materiale televisivo e materiale comico?
Per quel che riguarda il materiale televisivo, io parlo di scalettone. Il varietà televisivo come Zelig, e Colorado poi, in questi anni ha fatto sì che tutto quello che va in onda deve avere un suo motivo di marketing. Deve esserci il personaggino che piace ai bambini, poi deve esserci il bel ragazzo che piace alle quarantenni, poi deve esserci quello che piace ai teenager, poi qualcosa per i napoletani, qualcosa per i romani, qualcosa di musicale, eccetera. È un'invenzione di Zelig, o c’è sempre stato ed è stato reso arte da Zelig?
Lo scalettone in questo senso è un’invenzione di Zelig. Se tu guardi le prime edizioni di Colorado, non era così. C’era Andrea Appi, c’era la Rossella Brescia, poi Abatantuono… C’era una condizione un po’ diversa, c’era più testo scritto. Poi anche Colorado è diventato uno scalettone. È stata l’unione tra Zelig e Mediaset che ha reso la necessità di commercializzare tutto, di creare una trasmissione che facesse più ascolti possibile. Allora prendiamo ad esempio Franco Neri e Pino Campagna per il pubblico del centro-sud. Franco Neri e Pino Campagna erano detestati da Zelig. Detestati?
Notoriamente. A Zelig detestavano un certo tipo di comicità, però la prendono perché fa gioco. Alcuni comici presi perché piacevano alle donne… Ma questa non è una logica naturale di tutte le trasmissioni?
In Zelig è stata esasperata ai massimi livelli, nel senso che anche un nuovo comico va a sostituire la casellina di marketing di quello che c’era prima, solo che poi la qualità si abbassa sempre di più perché diventa ripetitivo.

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Ho incluso nel post alcuni video che appaiono tra i risultati cercando "Zelig" su YouTube ma che non hanno a che fare con la trasmissione e col film di Allen. Che burla! Qui, il rabbino Zelig Pliskin spiega che se un bambino si agita troppo e dà fastidio, devi essere felice del fatto che sia ANCORA VIVO.

Ha qualcosa a che fare con i laboratori e con il fatto che il bacino da cui vengono presi questi comici è comunque all’interno di Zelig?
Dipende dal bacino, nel senso che quando sei al laboratorio porti delle proposte pensando già: “Questo l’ha già fatto quell’altro in televisione, questo potrebbe andare in televisione in quella casellina particolare…” Quando sei nel laboratorio immediatamente pensi alla televisione, è già paranoia televisiva. Perché tutto è costruito in quel senso lì, non pensi a sperimentare, a fare qualcosa di nuovo. Comunque questa pratica c’è da prima di Zelig. Mi viene in mente Kamikazen: i comici facevano il provino per andare a Drive In e pensavano a pezzi che fossero televisivi.
Ovviamente c’era anche prima. Ma un conto è il provino, un conto è essere formato direttamente dal programma. Per dire, quest’anno Colorado ha preso Alberto Farina tramite provino, e adesso è uno dei più in vista, e il suo successo simboleggia il fatto che può essere evitata tutta la trafila che magari può durare anni, e che crea una comicità tutta uguale. Ogni anno cala la qualità, non escono più neanche i fenomeni. L’ultimo è stato Checco Zalone, adesso non ce ne sono più, ed era la nascita del fenomeno che giustificava tutta la filiera.

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La presenza dei personaggi al posto degli stand-up comedian è dovuta allo scalettone?
I personaggi hanno sostituito gli stand-up per un pregiudizio che c’è stato per tanto tempo: il monologo non funziona, mette tristezza, dopo 30 secondi non lo ascolta più nessuno. Ho notato che questo preconcetto era trasversale, non era solo a Zelig. Io ho lavorato lì come autore durante la stagione 2004-2005, poi ho lavorato per il Laboratorio Zelig, e nelle produzioni di Rai 2. Quando si diceva monologo, la risposta era sempre: “No, il monologo no!" Oppure facce disgustate degli autori riguardo ai testi, “Parla sempre delle solite cose.” Lo stand up comedian fa satira di costume, ovviamente parla delle solite cose, però sono quelle che interessano. Non che il personaggio dica grosse novità, e può essere anche molto forzato.

Visto che ci hai lavorato, mi spieghi come viene seguito il comico nel laboratorio?
Ne hai 15 da seguire, anche 20, è un lavoro che purtroppo è superficiale. Per seguire in modo serio un comico dovresti stargli dietro per un’intera tournée. Gli scrivi delle battute, poi le vedi in teatro, nel locale, alla convention, capisci com’è questo comico, quali potenzialità ha. Ma avendone 15, 20, come fai? Finisci per seguire quello che ha possibilità di sfondare. Cioè ti abbarbichi come l’attinia sul paguro, è anche comprensibile questo, però non è che segui tutti gli alunni diligentemente. Viene richiesto a ogni autore di trovare un numero minimo di comici che vada bene per la trasmissione?
È più una questione di prestigio personale. Nel senso che se tu non porti comici in TV ti senti sconfitto, invece se ne porti pensi che il tuo lavoro abbia avuto un senso, e hai arrotondato lo stipendio, quindi c’è una sorta di gara. Quante volte ho sentito la frase “Questo qui mi va in prima serata e diventa il nuovo Checco Zalone.” Sia a Zelig che a Colorado c’è la speranza di agganciarsi a un fenomeno TV già esistente, e per cui dopo ci sono dei guadagni ingenti anche per te, altrimenti punti su uno medio-basso che comunque diventa un piolo dello scalettone che dà prestigio e forse anche guadagni.

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Il Dottor Paul Zelig Rodberg spiega come liberare l'intestino schiacciando pesi sulla pancia. Poi si mette dei ghiaccioli nel pacco.

Con Colorado invece come funziona, visto che non ha un laboratorio?
C’erano dei laboratori, adesso sembra che non ce ne siano più. Esistono dei bacini da cui attingere: Central Station è una sorta di laboratorio per Colorado, c’è anche il laboratorio Scusate il Disagio di Beppe Braida. Alla fine sono produttori di contenuti televisivi. Il modello Zelig sta andando in crisi, sono rimasti sei laboratori dei 12/13 presenti qualche anno fa. Napoli si è staccata, tante realtà non ne possono più di fare il lavoro per Zelig. Una volta era un monopolio quasi rigido, adesso puoi anche cercare tra quello che c’è in giro, senza fare la trafila dei laboratori per anni, anni, e anni. Si cercano ancora i nuovi talenti andando a vedere i live?
Mah, questo è un po’ finito, una volta era così. Costanzo aveva scoperto Villaggio in un locale. Adesso non usa più, è difficile trovare qualcosa di nuovo che si è formato nell’arena del locale, sono quasi tutti passati da laboratori, concorsi, Central Station… I locali sono in forte estinzione, perché poi i televisivi vanno in quei locali e non funzionano, e finisce la rassegna. Ci sono tanti esempi di rassegne di cabaret arenate al primo comico che non ha funzionato ed era un comico televisivo. A me viene la nostalgia dei tempi andati perché comunque il mondo anglosassone vive ancora di questo.

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Nel blog usi il termine “mestierante”, spiegando che è una figura spesso criticata dagli autori tv: un comico che inizia la sua gavetta sui palchi, ci resta anni, e poi arriva in televisione.
Sì, ne parlavo con un mestierante l’altra sera, e diceva che non c’è più il locale dove fai la gavetta. Il locale col bar dove la gente fa casino e fai fatica a farti sentire dalla prime file, poi quelli in fondo non ti sentono neanche. Quello è il banco di prova in cui impari il mestiere.  Quest’anno a Colorado ci sono molti comici a tempo pieno, come Chiodaroli, Bianchessi, Casalino… È un segnale che si ritorna a un tentativo di professionismo. Bianchessi lo fa da 40 anni a tempo pieno e continuerà a farlo indipendentemente dalla TV. E se io ho la serata in cui la gente deve ridere, chiamo uno come Bianchessi. Quindi non ci sono grosse speranze per il formato cabaret in televisione, o per contenuti comici in generale, comprese sitcom o late show.
Diciamo che c’è Crozza. Per quel che riguarda le sitcom, io ho tenuto il corso di scrittura sitcom a Mediaset nel 2000 o giù di lì. Lì forse c’era volontà di fare, di prendere i modelli anglosassoni, però è finito tutto in nulla. Io ho fatto anche un stagione a Camera Cafè, però dopo Camera Cafè tutti volevano fare le sitcom monocamera e alla lunga non ha più funzionato. Le altre serie non sono andate perché erano retroposizioni. La sitcom italiana è stata rovinata dal fatto che è diventata, come dire, il rifugio delle star: la Marcuzzi,  Barbara d’Urso. Non fai Pomeriggio 5, ma ti diamo una sitcom.

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Uno di questi gatti si chiama Zelig, credo.

A proposito di questo, mi è sembrato di notare che dopo l’inizio della prima serata di Zelig, e il calo della qualità dei comici, molti abbiano iniziato a credere di poter fare i comici senza averne le capacità.
Sì, si è abbassata la soglia. Gino e Michele hanno dichiarato che forse si fanno un anno di pausa, il problema l’hanno capito anche loro. Ma pensare che Mediaset rinunci a una prima serata forte come Colorado e Zelig… Tenterà di farla all’infinito, solo che a un certo punto il meccanismo si dovrà fermare. C’è anche il problema della riconversione, perché hanno la macchina che funziona così da anni, che coinvolge tot persone. È un sistema in cui l’uno percento guadagna cifre colossali e il 99 percento fa la miseria, quindi non è detto che la riconversione porti a una maggiore ridistribuzione del reddito. È come il film Cassandra Crossing: il treno con il contagio che va verso il viadotto che può crollare. Qualcuno dovrà fermarsi, altrimenti quel meccanismo andrà avanti all’infinito, calando sempre di più.

Zelig però non è sempre stato così. C’erano persone come Milani, Albanese, anche le cose che facevano prima i Fichi d’India erano più divertenti. C’è stato un momento preciso in cui secondo te è iniziato un tracollo?
Il tracollo della qualità secondo me è avvenuto proprio nel momento di massimo successo. Se fai una ricerca su quanto è calato il lavoro live, ha avuto una botta forte nel 2002-2003, ha iniziato a scomparire il lavoro. C’era una sovraesposizione in TV, e la gente non andava più a vedere i comici dal vivo, e quando i comici televisivi andavano in giro non funzionavano. Poi mettici la crisi economica, l’euro e tutto quello che vuoi… Come pensi potrà cambiare questa situazione?
Io penso che il modello Crozza sia inevitabile: una trasmissione che ha tutto concentrato in un’ora. Anche Colorado è stato tagliato di 40 minuti. Zelig non avrà più i numeri musicali perché ci sono due conduttori che non cantano e non ballano, quindi via anche quel pezzo lì. Io guardo quelle trasmissioni di Dmax, Focus, cose da mezz’ora se va bene. Oppure guardo delle clip che mi interessano su YouTube. La durata elefantiaca è destinata a sparire. Penso che il modello di comicità di Crozza sia la via giusta: autori e attori bravi, con una scrittura forte, il gruppo autorale forte. Che poi era il modello di Mai dire Gol quando era in seconda serata e durava un’ora.
Esatto, era quello lì. Non è un caso se Grasso ha detto di Mai Dire che era il nostro Saturday Night Live. La formula comico + varietà + balletto + canzone, che dura tre ore, non c’entra niente con la comicità. Ci sono segnali che si sta tornando a una normalità, quella che dovrebbe essere un’ora di scrittura, grandi interpreti. Poi magari lo scalettone si farà sempre, però sta esaurendo il suo influsso malefico, o benefico per chi ci ha fatto tanti soldi. Sono fatalista, vediamo cosa succede, magari il sistema crolla da un giorno all’altro e saremo liberi tutti.

Segui Chiara su Twitter: @chialerazzi