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Justina Wydrzyńska negli uffici di ADT a Varsavia. Tutte le foto: Nina Zabicka.
Attualità

Ho spedito a una donna la pillola abortiva, ora rischio 3 anni di carcere

Justyna Wydrzyńska è la prima attivista a subire un processo sotto le leggi anti-aborto della Polonia. E non intende smettere di aiutare le persone.

La donna diceva di aver bisogno di un aborto. Diceva che aveva già cercato di superare i confini della Polonia per farlo, ma il marito violento l’aveva fermata, minacciando di andare alla polizia. Nel mondo, un nuovo virus stava chiudendo i confini tra i paesi, limitando i viaggi e intrappolando le persone in casa. Justyna Wydrzyńska, percependo una disperazione profonda, ha deciso di spedire alla donna una confezione di pillole abortive che conservava per uso personale.

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Un anno dopo, all’improvviso, la polizia è arrivata a casa di Wydrzyńska per perquisirla—e gli agenti hanno trovato più di quanto si aspettassero.

“Ha aperto il cassetto della biancheria intima e poi l’ha chiuso di colpo… ci tengo un sacco di vibratori,” dice Wydrzyńska ridendo. “È stato molto divertente. Ora so dove nascondere le cose.”

Wydrzyńska, 47 anni, non ha perso il senso dell’umorismo nonostante la situazione grave in cui si trova. A luglio 2022 sarà la prima attivista in Europa ad affrontare un processo penale sotto le rigide leggi contro l’aborto della Polonia, per cui è permesso interrompere una gravidanza solo in caso di stupro e incesto, o se la vita della persona incinta è in pericolo—tutte condizioni che possono rivelarsi difficili da dimostrare.

Wydrzyńska è accusata di “aver facilitato un aborto,” e di “possedere medicinali senza autorizzazione con lo scopo di introdurli nel mercato,” per aver mandato a un’altra donna una confezione di pillola abortiva. Se fosse dichiarata colpevole, subirebbe una condanna fino a tre anni di carcere. Il suo processo arriva in un momento di rinnovata minaccia per il diritto all’aborto.

Solo negli Stati Uniti, la Corte Suprema potrebbe rovesciare in qualsiasi momento Roe v. Wade, il caso legale che ha dato alle persone il diritto di abortire circa 50 anni fa. Senza Roe v. Wade, è molto probabile che 26 stati americani proibirebbero del tutto l’aborto. Negli ultimi 25 anni, oltre 50 paesi hanno hanno facilitato l’accesso all’aborto, mentre solo tre—Polonia, Stati Uniti e Nicaragua—hanno fatto passi indietro. Persone che si occupano del tema e attiviste guardano al risultato del processo di Wydrzyńska come fattore indicatore del generale attacco al diritto alla salute riproduttiva.

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La Polonia è l’epicentro nella battaglia contro il diritto all’aborto in Europa, dove la pratica è legale ovunque (per quanto in grado variabile) fatta eccezione appunto per Polonia e Malta. Gruppi attivisti lavorano nel paese da 30 anni, ma nel 2020 la situazione si è inasprita dopo che un tribunale ha rimosso una delle eccezioni più importanti che permettevano di abortire legalmente. La manovra ha scatenato proteste massicce e creato una realtà drammaticamente diversa per attiviste come Wydrzyńska. In conseguenza alle restrizioni più recenti, almeno due donne sono morte.

A novembre 2021, una donna di nome Izabela ha perso la vita perché i medici si sono rifiutati di rimuovere un feto privo di liquido amniotico sufficiente per vivere, causando alla donna una setticemia letale. Il giorno prima della sua morte, Izabela ha scritto alla madre dicendole, “per colpa delle leggi contro l’aborto, devo restare a letto e non posso fare nulla.” A gennaio 2022, una donna nota come Agnieszka T è morta per una presunta setticemia perché i medici si sono rifiutati di rimuovere il feto che portava nonostante non avesse più battito cardiaco e il feto gemello fosse invece ancora vivo.

aborto in Polonia

Una bacheca negli uffici di ADT a Varsavia.

I pericoli che una persona in grado di portare una gravidanza deve affrontare a ogni stadio della gravidanza nel clima anti-aborto della Polonia—uniti alle tattiche violente dei gruppi ultra-cattolici nel paese—hanno rafforzato l’importanza del lavoro compiuto da Wydrzyńska e dall’organizzazione di cui è co-fondatrice, Aborcyjny Dream Team (o ADT). Nonostante il loro lavoro sia ampio e tentacolare, Wydrzyńska e le altre persone volontarie occupano un semplice ufficio—una sola piccola stanza, per aiutare le migliaia e migliaia di persone che ogni anno chiedono loro aiuto. “GRAZIE A DIO C’È L’ABORTO,” recita un cartello dentro l’ufficio di ADT, all’ultimo piano di un edificio anonimo di Varsavia. “Il diritto all’aborto è un diritto umano,” recita un’altro.

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È qui che Wydrzyńska fa volontariato dal 2016 per informare le persone sull’aborto, fornire sostegno emotivo e aiutare a coordinare l’accesso alla procedura medica tramite altre organizzazioni. Tramite la helpline di ADT, Wydrzyńska e altre persone volontarie aiutano circa 1000 persone al mese con consigli e circa 20 persone al giorno con informazioni su come accedere a una procedura di aborto. Data la loro ampia presenza sui social media, ricevono spesso messaggi su Facebook e Instagram, e forniscono aiuto anche lì.

“Ci concentriamo soprattutto sul combattere lo stigma dell’aborto,” dice Wydrzyńska, parlando dagli uffici di ADT un giorno soleggiato di giugno. “Ma ADT è molto popolare sui social media, quindi riceviamo tanti messaggi e domande su come abortire e cosa succede quando prendi la pillola abortiva. Certe volte le persone hanno bisogno di informazioni su come ordinare le pillole e poi fanno tutto da sole. Certe volte vogliono sostegno per tutto il processo. Alcune vogliono andare in Repubblica Ceca o Slovacchia o Germania e hanno bisogno di molto aiuto per organizzare tutto, anche da un punto di vista economico.”

Aborto in Polonia

Justina Wydrzyńska sorride, seduta negli uffici di ADT a Varsavia.

Il supporto di ADT è a dir poco fondamentale. L’accesso all’aborto è limitato in Polonia da decenni, per via della forte tradizione cattolica e la scarsa separazione tra chiesa e Stato nel paese. Negli anni Settanta e Ottanta, durante il Comunismo, l’accesso all’aborto era molto più facile e persone di altri paesi europei si recavano in Polonia apposta. Negli anni Novanta, però, dopo la caduta del regime comunista, l’aborto è diventato di nuovo illegale con poche eccezioni. Dal 2015, il partito populista di estrema destra che ha la maggioranza, Prawo i Sprawiedliwość (Legge e Giustizia, o PiS), ha fatto il possibile per limitare ancora di più l’accesso alla procedura, limitando anche altri diritti riproduttivi, come l’accesso ai sistemi contraccettivi.

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Fino al 2020, l’aborto era legale solo in tre casi: quando la gravidanza era frutto di incesto o stupro; quando rappresentava un rischio per la vita della persona incinta; e quando c’era un’anormalità fetale—quest’ultima è la ragione del 95 percento degli aborti legali in Polonia. A ottobre 2020, l’anormalità fetale è stata rimossa tra le esenzioni dopo la decisione di un tribunale, causando proteste enormi nelle strade un picco di chiamate alle helpline come quella di ADT. A giugno 2022, il governo polacco ha annunciato che terrà un registro di persone incinte per controllare ulteriormente la fertilità della popolazione.

L’erosione dei diritti riproduttivi in Polonia ha visto reazioni esplosive sia a livello nazionale che internazionale, con organizzazioni che si muovono al pelo dell’illegalità. Anche se le persone che si procurano un aborto non sono criminalizzate—mentre in paesi come El Salvador possono ricevere una condanna anche di 30 anni—chiunque “fornisca” l’aborto (al di fuori dei casi di esenzione) sta di fatto infrangendo la legge. ADT è riuscita a non infrangere la legge polacca per anni, coordinandosi con una rete internazionale di gruppi attivisti, come Women Help Women, in Olanda, che invia farmaci abortivi a chi ne ha bisogno.

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Quando Wydrzyńska ha mandato le pillole da casa propria alla donna, il cui nome non è stato diffuso pubblicamente, ha superato per la prima volta la linea che separa legalità da illegalità e le autorità sembrano determinate a fare di lei un esempio. L’errore di Wydrzyńska, scherza lei parlando, è stato lasciare i dettagli del mittente sul pacchetto, che è stato trovato dal marito della donna e consegnato alla polizia. Nonostante non abbia mai preso le pillole, la donna ha avuto un aborto spontaneo dovuto allo stress della situazione, dice Wydrzyńska.

Il processo di Wydrzyńska inizia il 14 luglio 2022 a Varsavia. La deposizione doveva essere ad aprile 2022, ma è stata rimandata dopo che il marito della donna, di cui non è noto il nome, non si è presentato in tribunale.

Noncurante dei rischi, Wydrzyńska considera le sue azioni scontate.

aborto in Polonia

Un ricamo negli uffici di ADT che recita: "Ci aiutiamo con l'aborto."

“Mi stava davvero implorando [e] mi diceva che avrebbe fatto di tutto per interrompere la gravidanza in corso,” ricorda Wydrzyńska. “È per questo che ho deciso di mandarle le pillole, perché anche io ho subito violenza domestica. Mio marito era violento e manipolatorio.”

“Capivo perfettamente quello che stava provando e quello che probabilmente stava pensando,” aggiunge. “Sapevo che era così disperata da compiere gesti pericolosi, quindi non avevo davvero alcuna altra scelta se non mandarle quelle pillole.”

Nonostante il processo alle porte, Wydrzyńska è rilassata: coccola il suo cane in ufficio, ridacchia della situazione, e dice di voler confrontarsi con il marito della donna all’interno delle aule giudiziarie.

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“Non influisce sul mio lavoro,” spiega. “Sono molto più calma. Voglio davvero guardarlo in faccia e spero che i presenti e i media gli chiedano, ‘Perché hai denunciato tua moglie alla polizia?’”

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Justina Wydrzyńska col suo cane negli uffici di ADT.

Un caso come quello di Wydrzyńska è raro in Europa e, considerando la natura unica del processo, è difficile prevederne il risultato. Benché il team di ADT si aspetti un periodo probatorio di sei mesi, gli avvocati di Wydrzyńska invece sono più cauti, visto che tecnicamente potrebbe essere condannata a tre anni di carcere.

“Dovremmo andarci piano con le aspettative,” rimarca Katarzyna Szwed, un’avvocata di Wydrzyńska. “Il periodo probatorio di sei mesi è la condanna più comune in casi di questo tipo, ma questo è un caso speciale, visto che Justyna è un’attivista nella difesa dei diritti umani. In più c’è molta attenzione mediatica, compresi i media internazionali, e ciò potrebbe influenzare il processo in diversi modi.”

“È difficile prevedere l’esito perché per la prima volta la persona che ha facilitato l’aborto è anche un’attivista,” precisa Sabrina Mana-Walasek, un’altra avvocata dell’ADT. “Temiamo che il giudice possa fare di Justyna un esempio e che la punisca per il suo attivismo.”

Benché Wydrzyńska abbia ammesso alla polizia di aver inviato le pillole alla donna, il gruppo di avvocati obietta che ciò non implica che lei abbia effettivamente aiutato la donna ad abortire—si tratta di una formulazione legale atta a ridurre le possibilità che medici professionisti compiano aborti. Se viene giudicata non colpevole, potrebbe quindi costituire un precedente legale positivo per chi combatte perché l’aborto sia legale.

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“Vogliamo che questo caso dimostri tre diverse cose,” sottolinea Szwed. “Uno, se decidi di interrompere una gravidanza non ci sarà processo. Due, dovremmo decisamente supportarci a vicenda e non dovremmo averne paura. Tre, [l’aborto] non è un crimine.”

In un locale a Varsavia, un’altra attivista di ADT di nome Natalia Broniarczyk si beve un succo. È uno dei tre volti di ADT, nonché responsabile principale della comunicazione, i social e della pagina su TikTok, dove crea video per eliminare ogni stigma sociale legato all’aborto e per spiegare e mostrare come prendere le pillole nella maniera più sicura possibile. 

Broniarczyk ha cominciato ad operare in questo campo dopo aver lavorato nel settore della salute sessuale, e in quel periodo aveva fatto ricorso all’aborto rendendosi però conto di non aver praticamente idea di dove cercare aiuto, nonostante i suoi contatti. “Dopo la mia esperienza, ho deciso di aiutare altre persone,” conferma Broniarczyk. “L’ho fatto in segreto per tre o quattro anni.”

Lo scopo originario di ADT era quello di cambiare la prospettiva e la narrazione relativa all’aborto in Polonia. “Abbiamo deciso di condividere le nostre esperienze personali,” ribadisce. “Non si tratta sempre di altre persone. Sono io, io ho avuto un aborto. Sono una persona normale che va a lavorare ogni giorno. Puoi parlare con me.”

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Natalia Broniarczyk, attivista di ADT, in un bar di Varsavia.

Broniarczyk ritiene che Wydrzyńska sia stata sfortunata e che la medesima sorte sarebbe potuta toccare a ognuna di loro. Tuttavia, c’è qualcosa di significativo e particolarmente efficace nell’avere la storia di Wydrzyńska alla testa del dibattito, visto che le persone che cercano di abortire vengono di solito dipinte come estranee o emarginate.

“Penso Justyna sia la persona migliore e più adatta a fronteggiare il tribunale, perché ha una vita del tutto normale,” spiega Broniarczyk. “È una madre, ha subito violenze. È una donna normale, le sue esperienze di vita sono molto comuni. Puoi immaginare e capire il suo punto di vista e la sua prospettiva.”

“Ma sarebbe potuto toccare a me,” dice. “Abbiamo stabilito ogni cosa in gruppo e Justyna ha avuto sfortuna.” Se Wydrzyńska verrà condannata al carcere, ciò potrebbe aver gravi conseguenze su tutta la Polonia, dove ci sono già state enormi proteste e azioni collettive.

Considerando il rischio della prigione, cosa le dà la forza per continuare a aiutare le persone in Polonia, per prendersi tutti questi rischi? “C’è un gran supporto, e per me è importantissimo, perché mi fa pensare che stiamo facendo un buon lavoro,” spiega Wydrzyńska.

“Non dovremmo aver paura di quello che potrebbe succedere. Anche se ciò implicasse il carcere. Dovremmo continuare a fare il nostro lavoro a prescindere da tutto e tutti. Perché se non lo facciamo noi, chi altri lo farà?”