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Perché l’episodio con Corrado Assenza è il più bello dell’ultima stagione di Chef’s Table

Il 13 aprile è uscito Chef’s Table Pastry. In questa stagione la fortunata docuserie di Netflix che racconta le vite degli chef più famosi del pianeta si è concentrata sui pasticceri: Christina Tosi, Corrado Assenza, Jordi Roca e Will Goldfarb. Quattro angoli del mondo, quattro storie estremamente diverse, quattro ore di coma iperglicemico tra cookies ipercolorati e dessert immaginifici. E un indiscusso vincitore: Corrado Assenza.

Non è becero patriottismo, non è un rigurgito di orgoglio italico (tra l’altro c’era già stato un italiano protagonista di Chef’s Table, Massimo Bottura, nella prima stagione). È che la puntata con il pasticcere siciliano è oggettivamente la più riuscita di sempre della serie.

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Il linguaggio dramatic di Chef’s Table si adatta perfettamente alla storia di Assenza. La fotografia, la musica, il montaggio, tutto concorre a mettere in risalto i suoi gesti sapienti di artigiano mentre impasta i biscotti o raccoglie le mandorle, il verde rigoglioso dei monti Iblei così come le strade assolate di Noto, le sue parole pacate di saggezza antica, la storia del laboratorio di famiglia – e ovviamente i suoi dolci. Le cassate. I cannoli. Le granite. I gelati, ah, quei gelati.

Ma facciamo una breve parentesi: Corrado Assenza è uno dei più famosi pasticceri d’Italia. Dal suo Caffè Sicilia a Noto ha rivoluzionato la pasticceria siciliana, come spiega nell’episodio lo chef tristellato Massimiliano Alajmo: “Il bene che ha fatto il Caffè Sicilia a tutta la Sicilia, e non solo alla Sicilia, all’Italia, è incredibile”. Il Maestro Assenza, come lo chiamano in tanti, ha riportato al centro del discorso dolciario l’artigianalità, l’importanza degli ingredienti, rivisitando la tradizione siciliana con tocco lieve e mente brillante.

Immagine via Netflix/Screenshot

Ho avuto la fortuna di conoscerlo – no, niente name dropping, non siamo amici, ci siamo incontrati a qualche evento – e posso confermare che è esattamente così come appare sullo schermo. Non si cala a forza nel ruolo di asceta che rifugge la mondanità, va ai congressi, partecipa agli eventi. Ma lo fa secondo le sue regole. “A lui non interessa il riflettore, parla di artigiani, di ingredienti, di territorio” prosegue Alajmo. La sua autenticità evita la retorica dello chef eroe/artista/genio assoluto in cui spesso la serie cade. Assenza funziona perché, a differenza del 90% dei protagonisti di Chef’s Table, è indifferente alla fama. Il linguaggio televisivo su di lui funziona perfettamente, ma lui questo non lo sa. Ancora meglio: non gli interessa.


Dopo avere studiato Agraria a Bologna Assenza è tornato nel paese natale per prendere le redini della pasticceria di famiglia. Con il consueto spannung di Chef’s Table l’episodio ripercorre i momenti più duri della sua storia – la perdita del maestro, l’incomprensione dei siciliani per i suoi primi esperimenti che lambivano il confine tra dolce e salato, come la granita fragola e pomodoro – e lo segue mentre visita i suoi fornitori. La sua pasticceria, spiega, parte dalla natura per “capire cosa c’è di buono che può essere trasformato in cibo” cosicché con l’obbiettivo di “tutelare e diffondere la nostra cultura, facciamo onore alla nostra tradizione”.

Va dagli apicoltori, dai coltivatori di limone, dai pastori, li conosce tutti, li aiuta tutti a farsi conoscere. Dice cose come “è un mio dovere fare il gelato perfetto con la ricotta perfetta”. Sa interpretare “l’intensità della danza delle api”. Riconosce chi ha fatto un cannolo solo dalla forma, perché “dal mattarello emerge la personalità”. Ma soprattutto, mentre l’executive producer di Chef’s Table e Netflix lo taggano a tutto spiano sulle loro pagine Instagram, lui sul suo profilo ha 4 post. Di cui l’ultimo a gennaio. Christina Tosi – per fare un confronto che ovviamente non è indicativo del talento, ma solo di un certo approccio alla fama – ne ha 160.000, Jordi Roca 215.000.

Screen via Netflix

Ed è proprio questa sua sicilianità schietta e incurante, questa sua sapienza agricola, che – come era successo, sempre su Chef’s Table, con la monaca coreana – regalano all’episodio una poesia il cui merito non è solo della pasticceria siciliana (che concordiamo tutti sia una delle migliori al mondo, sì?).

A proposito, la granita del Caffè Sicilia io l’ho assaggiata. È davvero buona come sembra.

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