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DJ italiani raccontano come hanno affrontato un anno di locali chiusi

DJ italiani in lockdown

Il 20 marzo 2020 abbiamo chiamato a raccolta diversi DJ italiani e dato spazio a Italian Mob, una playlist ideata da Alessandro ‘Sgamo’ Nuzzo per portare le serate hip hop dei locali di tutta Italia nelle case, a qualche settimana di distanza dall’inizio del lockdown. È passato un anno da allora, e l’iniziativa “L’ultimo concerto” ha reso chiaro che la situazione è ancora tragica, soprattutto dal punto di vista della musica dal vivo e del clubbing. Non si sa ancora se e quando si ripartirà, e come lo si farà.

Siamo tornati a chiedere a Sgamo come ci si sente dopo un anno di pandemia, e insieme a lui abbiamo contattato nomi che negli ultimi anni ci hanno fatto ballare nei locali di tutt’Italia: Damianito, Dev, DJ 2P, Filippo Giorgi, Lele Sacchi, Milangeles, Rossella Essence e TY1. Alcuni di loro sono esclusivamente DJ, altri anche produttori, altri hanno carriere anche in altri settori, ma sono tutti d’accordo su un punto: è stato davvero un anno orribile, e al momento c’è poco ottimismo nell’aria.

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Damianito DJ
Damianito

“Riavvolgere la bobina dei momenti salienti di quest’anno caotico è come affogare nelle emozioni,” inizia a raccontare Sgamo. “Il 2020 era iniziato con tanti buoni propositi: nelle prime settimane dell’anno avevo fatto date in già 10 città. Avevo lasciato il mio secondo lavoro, per buttarmi al 100 percento nella carriera da DJ. Stavo curando lo show con cui EGreen avrebbe portato live Fine Primo Tempo e avevo anche chiuso diverse date all’estero.” Con delle premesse simili, la chiusura totale non poteva che rivelarsi un disastro, e agli altri non è andata diversamente.

“Quando tutto ebbe inizio, sentivo che il nostro ambiente sarebbe stato uno tra i più colpiti, ricordo lo sgomento ed il turbamento, la nostalgia delle piste piene e la perplessità su un futuro diventato incerto,” dice Damianito, mentre DJ 2P, che allora era in procinto di accompagnare Gemitaiz & MadMan nel primo tour nei palazzetti, dice che “le ripercussione negative le ho viste da subito, sia sul morale che sul portafogli”. Filippo Giorgi e Lele Sacchi raccontano di come, inizialmente, fossero convinti che la situazione si sarebbe risolta in tempi più brevi, e di quanto il peggiorare di giorno in giorno li abbia lasciati disarmati.

Alessandro Sgamo Nuzzo DJ
Sgamo

Perplessità, sgomento, abbattimento sembrerebbero essere le parole d’ordine della prima fase. “Ero avvilito, la coscienza mi diceva che il problema c’era davvero e stava per cambiare completamente la mia vita, l’emergenza era reale,” continua Sgamo. “Ho iniziato a contattare uno dietro l’altro i miei colleghi e ho iniziato a proporgli qualsiasi tipo di attività online per rimanere connessi, come Italian Mob.”

“Molti DJ non sanno cosa fare di loro stessi quando sono soli, perché traggono valore dalla dimensione collettiva del loro lavoro. Si conoscono solo attraverso il rapporto con il pubblico.”

Sgamo non è l’unico ad aver cercato dei barlumi di normalità, in un periodo surreale: “Ciò che mi ha fatto rimanere in piedi è stato modificare il mio mindset, pensando quasi come se non dovessi più riprendere a suonare e focalizzandomi sul mio lavoro da produttore/direttore artistico in studio; è stato un periodo molto prolifico dal punto di vista creativo e mi ha aperto nuove porte,” spiega DJ 2P. Per Rossella Essence le cose sono state più complicate: “Purtroppo è capitato in un momento in cui sentivo che le cose, musicalmente parlando, stavano andando bene—ed è stata una batosta incredibile. È come se dopo aver fatto 100 passi avanti il Covid me ne avesse fatti fare 1000 indietro.” Filippo Giorgi e Lele Sacchi si sono concentrati sulle altre attività che portano avanti, ma con un peso non indifferente addosso: “La creatività si affloscia quando i pensieri sono questi”, aggiunge Sacchi.

Sgamo stesso conferma che ad aprile, con i primi risultati del lockdown e i contagi che scendevano, iniziava ad esserci un briciolo di serenità in più, mentre per Milangeles è stato il più complicato: “C’erano un sole e un clima pazzesco. E io chiuso tra le 4 mura di un appartamento a fare i giri dell’isolato. La primavera fuori che iniziava. Ho sofferto tantissimo.” Nel frattempo, per qualcuno le attività online continuavano, e a maggio finalmente è arrivata la riapertura tra regioni. “Quando hanno aperto le frontiere, non ci ho pensato un secondo, ho trovato qualcuno che si infilasse nel mio bilocale e sono scappato al Sud, a casa. Sembrava tutto bello. Lasciare Milano, il suo futuro incerto, in cambio di un ritorno da figliol prodigo,” racconta Sgamo. La realtà, però, a volte supera la fantasia, e non sempre in senso positivo. “La paura dei vicini per me che arrivavo come ‘un appestato’ da Milano, in un paesino di 500 anime, mi ha portato in un lungo stato di isolamento non proprio volontario.”

Lele Sacchi DJ
Lele Sacchi

Sgamo ha passato questo periodo a riflettere: “Molti DJ non sanno cosa fare di loro stessi quando sono soli, perché traggono valore dalla dimensione collettiva del loro lavoro. Hanno costruito la loro vita su essa, dandole anima e corpo, senza mai veramente avere costruito una relazione con sé stessi. Si conoscono solo attraverso il rapporto con il pubblico. Io sono uno di questi.” La fine della primavera e i primi mesi dell’estate sono complicati per tutti. “Il calo di fatturato per me è stato dell’80%, però penso al dramma vissuto da colleghi più giovani che ancora non hanno avuto la possibilità di risparmiare e che vivevano sulla routine e il cash flow delle singole settimane. Un disastro,” racconta Lele Sacchi, da una prospettiva visibilmente più preoccupata per il futuro del movimento che per sé stesso.

L’estate si è rivelata un momento da un lato di pseudonormalità, dall’altro di profonda illusione, a posteriori. “È stato un po’ un tana libera tutti. Mi sono messo in macchina, volevo godermi l’Italia con i miei tempi. 12 mila km su e giù per lo stivale, dalla Liguria alla Calabria. Se vi raccontassero cosa è successo sui litorali, con il clima che si respirava a Milano durante l’estate, vi assicuro che non credereste a nessuno. Eravamo pronti per la resurrezione. C’è chi ha anche provato a organizzare dei festival in corsa,” spiega Sgamo. “Quest’estate, per assurdo, ho lavorato di più rispetto alle scorse perché c’era una sorta di paura che potessero fermarci nuovamente, quindi ho preso servizi quasi tutti i giorni,” racconta invece Filippo Giorgi. Altri, però, pensavano già alle possibili conseguenze negative: “Siamo diventati il capro espiatorio di una serie di scelte politiche errate. Seppur nella legalità, il lavoro e lo svago nei club è stato perseguitato per tutta l’estate,” spiega Dev. “Già a Ferragosto tante serate sono state prima annunciate e poi annullate, quindi avevo inteso che era una soluzione temporanea e che non sarebbe durata a lungo,” aggiunge Rossella Essence.

Rossella Essence DJ Producer
Rossella Essence

E in effetti l’estate è finita, e a settembre si era tornati in una situazione di nuovo surreale. “Sappiamo tutti com’è andata. Chiudi alle 22. Chiudi alle 18. Non uscire di casa nel weekend. Se apri sei il problema. E quindi un’altra volta, trovato il problema, abbiamo dovuto trovare una nuova soluzione,” dice Sgamo. Ora è alla guida di Verbal.sound, una community online per DJ, produttori e appassionati. Come Sgamo, anche altri si muovono in diverse direzioni. “Questa condizione mi ha permesso di riscoprirmi e reinventarmi, attraverso i social e piattaforme dedicate allo streaming, di ampliare le mie conoscenze,” dice Damianito. Diversa è invece la visione di Dev: “Stimo i miei colleghi che riescono a imporsi anche online, ma sono troppo legato all’espressione collettiva del clubbing,” confessa.

“Gli altri lavori si sono già adattati alla pandemia, per noi invece non c’è mai stata una soluzione concreta, né aiuti concreti. Ora sembra non interessi più a nessuno.”

Ed è proprio la dimensione collettiva del clubbing ad essere circondata dai maggiori aloni di dubbio e incertezza. Ad oggi si parla di teatri, di sale da concerto magari, ma non si sa nulla—né, soprattutto, si dice nulla—delle discoteche. Qui i pareri sembrano dividersi, da chi parla con cauto ottimismo, a chi la vede in maniera diametralmente opposta. “Ho comprato un computer nuovo e passo un sacco di tempo a studiare tecniche di produzione, sto facendo tanti beat, per la prima volta sento che ‘vivere di musica’ potrebbe essere una cosa, anche da dietro le quinte,” spiega Sgamo. “Certo, c’è il mese in cui incasso zero, e quel mese l’affitto non si paga da solo. Ma non voglio più sottrarre tempo alla mia creatività, non ha senso lavorare a qualcosa che non mi fa stare bene solo perché voglio mangiare il dolce alla fine del pranzo. Per quanto economicamente sia un momento difficile, non ho mai avuto la sensazione che tutto quello che sta succedendo si traduca in una perdita di tempo e sono sicuro che solo collaborando e facendo le cose insieme si possano creare occasioni per farci trovare pronti quando questo incubo sarà finito.”

“Il meglio per tutto l’ambiente sarebbe semplicemente una graduale ripresa a dove eravamo prima. Abbiamo parlato molto delle potenziali migliorie che potrebbero arrivare, anche io ne vorrei e molte le abbiamo proposte anche alle istituzioni,” dice Sacchi, mentre TY1 ha una prospettiva ancor più chiara: “Penso sicuramente che i sopravvissuti a questa pandemia saranno quelli che ci sono sempre stati e che hanno dedicato la vita a questo.” Non è l’unico a pensarlo, visto che Filippo Giorgi parla di “selezione naturale”, Milangeles di “rispetto sacro” per il dancefloor e la console, che magari negli ultimi anni è venuto meno. C’è, però, anche chi teme di dover cambiare mestiere—Milangeles e Dev la considerano “la paura più grande” a cui pensano “tutti i giorni”—e chi invece non vede via d’uscita: “Se c’è una luce alla fine del tunnel, io non l’ho ancora intravista,” conclude amaramente Rossella Essence.

Davide Dev DJ Producer
Dev

Impossibile schierarsi. Le difficoltà hanno già dimostrato di sapersi rivelare carburante per i creativi, ma dopo un anno di assoluta incertezza, è davvero difficile non pensare al risvolto negativo della situazione. Rimboccarsi le maniche è giusto, sfruttare il tempo a disposizione anche, come dice Sgamo, ma non bisogna dimenticare uno snodo fondamentale della questione, che non andrà dimenticato soprattutto quando le cose torneranno alla normalità, ed è riassunto dalle parole di Dev: “Sento che la fase peggiore sia proprio quella attuale, perché il dibattito sul futuro del nostro mondo, quello dell’intrattenimento, sembra essere scomparso del tutto. Gli altri lavori anche se con difficoltà si sono già adattati alla pandemia, per noi invece non c’è mai stata una soluzione concreta, né aiuti concreti. Ora sembra non interessi più a nessuno.” Ricordiamocelo, quando torneremo a dare per scontato tutto il mondo del clubbing e dell’intrattenimento.

In conclusione, un fragile pensiero va a Claudio Coccoluto, purtroppo scomparso di recente. La sua figura sarebbe potuta essere un faro importante in un momento difficile come questo e una guida vera nella ripartenza.

Riccardo è su Instagram.