L’altro giorno, mentre per qualche strana combinazione per l’ennesima volta le casse del computer gracchiavano “Non Ci Sei Tu”, mi sono ritrovato a ragionare con qualche amico di tutta la discografia di Gué Pequeno, arrivando alla rapida conclusione che — tra dischi dei Dogo, dischi con altri rapper, mixtape e album solisti — fosse dal 2006 che quest’uomo pubblicava un disco all’anno e — escluso forse un unico episodio un po’ sottotono — tutti estremamente competitivi, attuali se non addirittura dettatori di un trend. In sostanza, da più di dieci anni Gué Pequeno raccoglie ciò che il rap italiano ha da offrire, lo racchiude in uno studio, agita bene e — come si diceva già nel 2015 — fa il disco (o uno dei dischi) dell’anno.
Da ormai mezza giornata è uscito “Gentleman”, il nuovo disco — il quarto solista — del nostro. Su Spotify è ascoltabile quella che credo essere la versione rossa, composta da 15 tracce più un remix e, ancora una volta, l’impressione (ALERT: la MIA impressione) è che Gué abbia decisamente e nuovamente settato uno standard.
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Visto che non imparo mai e sono sempre pieno di fiducia e speranza nel prossimo, appena ascoltato il disco quel numero sufficiente di volte per aver bisogno di una pausa, sono andato in giro per il web, a cercare di confrontare le mie opinioni e le mie impressioni con quelle del pubblico medio, uscendone tragicamente colpito. Il tenore standard del commento, infatti, è un qualcosa che potrebbe suonare come “Gué, parli solo di scopare e fare i soldi”. E fino a qui nulla di strano, se il tutto non fosse messo giù come fosse un’accusa.
Ora, probabilmente in errore ci sono io, ma uno dei motivi principali che – ormai dieci anni fa — mi ha spinto ad ascoltare il rap, appassionarmici e vestire dei disgustosi pantaloni larghi è stato proprio il fatto che parlasse *principalmente* di questi argomenti che, come dice Ice Cube (e più tardi Berlusconi) “life ain’t nothin’, but bitches and money”. Per carità, con il tempo mi sono avvicinato anche a canzoni bellissime (e anche bruttissime che nonostante ciò mi hanno accompagnato per periodi più o meno lunghi) che non parlassero necessariamente di quel tema, ma banalmente la prima cosa a rapirmi del video di “Still D.R.E.” che passa su MTV non furono di certo né le lauree dei protagonisti del video, né i contenuti incredibilmente bucolici, ma il fatto che fossero su delle cazzo di macchine che saltavano e — banalmente — la loro attitudine. E “attitudine” è la parola che meglio descrive Gentleman.
Il disco è un lungo — 55 minuti, appunto — esercizio di stile che dimostra come, ancora una volta, Gué Pequeno non abbia più nulla da dimostrare ma possa semplicemente fare il cazzo che gli pare. Collabora con le sensation del momento (Tony Effe e Sfera), gli altri due migliori rapper del momento (Marracash che ancora una volta dà dimostrazione delle sue capacità liriche e Luché che si dimostra uno dei rapper più in forma degli ultimi anni) e con nomi che in un qualsiasi altro disco avrebbero fatto storcere il naso e che invece nel contesto si sposano perfettamente: Enzo Avitabile, El Micha e Frank Avitabile. Rispetto ai dischi precedenti, Gué ha ridotto ancora più all’osso lo spazio su cui muoversi, senza preoccuparsi troppo di come se ne sarebbe potuto parlare. Dalle canzoni con il flow di “Vita” di Gianni Morandi (su un beat bellissimo di Zef) al parlare di una storia à la Gué attraverso la scomparsa di una collana.
In una delle canzoni contenute all’interno del primo disco solista di Jake La Furia, c’era una collaborazione con Gué Pequeno e Marracash, intitolata “Esercizio di Stile”. Il ritornello era semplicemente “Chi è che dice bene anche quando non dice niente, zio?”. Bene, quattro anni dopo Musica Commerciale, Gentleman ci insegna che dovremmo smetterla di considerare niente come qualcosa di negativo e divertirci una volta tanto.
Tommaso è su Twitter: @TommiNacca.