Ho incontrato Neil Harbisson poco tempo fa a Barcellona, e qualche giorno prima l’avevo intervistato via Skype. Questo è un esempio di come la realtà cibernetica possa incontrare la realtà reale. Anche lo stesso Neil ne è un esempio, dato che è il primo autentico cyborg registrato e patentato (ha un passaporto dove mostra il dispositivo elettronico da cui non si separa mai).
Neil nasce con un difetto visivo chiamato acromatopsia, che significa che non vede i colori, ma vede la realtà in tutte le sue sfumature di grigio, che evidentemente sono più di cinquanta. Come diceva il nostro caro Pico Della Mirandola, l’uomo è una creatura intermedia tra l’angelo e la bestia, il che riportato ai nostri giorni significa che può servirsi delle proprie perizie tecnologiche per postare un sacco di autoscatti su Instagram oppure per risolvere il proprio problema di acromatopsia in modo ingegnoso, creando un dispositivo che trasforma i colori in suoni.
Videos by VICE
In effetti quel dispositivo sta da un po’ di anni sulla testa di Neil, si chiama eyeborg, è un occhio elettronico che registra le frequenze dei colori trasformandole in frequenze sonore. Grazie a questo terzo occhio la vita di Neil è cambiata radicalmente, tanto che ora la dedica alla diffusione dei suoi progetti cyber-colonialistici: ha creato la Cyborg Foundation, le cui ricerche sono tese a estendere le possibilità percettive umane oltre al limite strutturale. Ovviamente, da quando ho conosciuto la sua storia ho desiderato tantissimo fare una chiacchierata con Neil. Tornando al discorso di prima, l’uomo può diventare angelo o bestia—in questo caso robot o animale—e io credevo sinceramente che le evoluzioni tecnologiche cui può mirare un cyborg e la propria ricerca fossero tese al superamento della condizione animale umana. Invece parlando con Neil ho scoperto che avevo torto.
VICE: Ciao Neil, come va?
Neil Harbisson: Bene, bene, grazie.
Mi racconti come è nato il tuo occhio elettronico e come si è evoluto il rapporto del tuo corpo con questo dispositivo?
In realtà è tutto nato come un progetto artistico, nove anni fa. Ai tempi frequentavo il Dartington College of Arts, a una conferenza ho incontrato Adam Montandon con cui ho concepito questo congegno che aveva lo scopo di estendere i miei sensi. Ciò comportava che io andassi in giro con un macchinario composto da una webcam, un computer di cinque chili e un paio di auricolari. Poi questo marchingegno con gli anni è andato assottigliandosi e perfezionandosi: ora per esempio, al posto degli auricolari, i suoni trasmessi dall’occhio elettronico mi passano attraverso l’osso, così posso distinguere il canale audio vero e proprio da quello “audiovisivo”. E poi il computer che mi portavo dietro ora è diventato un chip che ho installato sulla nuca. Il prossimo passo è perforare il mio cranio per creare un ingresso audio vero e proprio all’interno dell’osso.
Come facevi a portarti dietro un computer di cinque chili?
Stavo sempre con questa borsa, avevo una specie di cartella da cui non mi separavo mai, poi ho avuto una fascia sulla schiena, ma così è decisamente più comodo.
Il tuo Eyeborg è in funzione 24 ore su 24?
Esatto, non lo tolgo nemmeno quando dormo. Certo che quando voglio dormire spengo la luce e sento silenzio.
Quindi se ti addormenti al parco hai comunque un occhio sempre vigile.
Sì, è come un orecchio, non si chiude mai.
Leggevo che da quando hai il tuo nuovo occhio anche i tuoi sogni sono cambiati. Mi spieghi più o meno cos’è successo?
Adesso sento i colori anche quando sogno, quindi per me è come sognare a colori: se per esempio mi sogno un cielo azzurro, nel sogno sento un do diesis, se sogno arance sento il fa diesis, la nota dell’arancione, così tutto ciò che sogno suona.
Dopo quanto tempo hai iniziato a sentire che l’occhio elettronico non era più un accessorio ma una tua estensione?
Dopo circa cinque mesi che lo portavo ininterrottamente ho iniziato a non notare più la differenza tra il software e il mio cervello; chiaramente è stato un processo graduale, ma soprattutto quando ho iniziato a sognare gli input sonori dell’Eyeborg ho capito che oramai il mio organismo lo aveva assimilato come parte di sé.
Hai mai avuto qualcosa come un blackout?
Quando usavo il prototipo di dispositivo esterno mi succedeva che tutto si congelasse, perché il computer si surriscaldava e quindi si bloccava, mi trasmetteva sempre lo stesso suono. Però ora che uso il chip non c’è nessun problema.
Non ti succede di sentirti osservato quando cammini per strada?
Diciamo che l’occhio elettronico mi ha dato il senso del colore e mi ha tolto il senso del ridicolo. All’inizio sentivo che la gente mi stava a guardare molto, ma ora mi sono anche abituato al fatto che le persone possano guardarmi ed essere stupite o incuriosite dal fatto che ho un’antenna in testa. In alcuni posti non mi fanno entrare, ho avuto spesso problemi al cinema perché ovviamente sono convinti che voglia registrare i film o cose del genere.
E il tuo rapporto con la musica è cambiato? Che musica ascolti?
Non ascolto più molta musica: in effetti da quando sento i colori vivo praticamente in un componimento musicale, quindi ora ascolto oggetti, cioè, solo guardandomi intorno ho tutta la musica che voglio. Quello che faccio di diverso da prima però è anche comporre la mia musica, che è quella prodotta dagli oggetti che guardo. Faccio concerti di colori, con oggetti interessanti che trovo nei supermercati, o con calze colorate, o cravatte.
E come funziona un tuo concerto, ti metti di fronte a oggetti colorati?
Sì, invece di suonare uno strumento guardo colori, e questi colori che guardo si trasformano in suoni che il pubblico può ascoltare. Preparo una serie di colori che voglio guardare durante il mio live, e via via aggiungo livelli sonori uno sopra l’altro e creo delle armonie. Nel frattempo, mentre li senti, vedi anche i colori perché li proietto sul palco, è un’esperienza audiovisuale.
Neil che esegue un ritratto sonoro ad Al Gore.
E se vai a un concerto che cosa ti succede? Non vai in confusione?
Be’, posso decidere di assistere ai vestiti di chi suona oppure alla loro musica vera e propria, o se vado in discoteca posso concentrarmi sulla musica stessa o sulle luci, ho praticamente la scelta fra due colonne sonore parallele.
Non ti danno fastidio le luci forti, tipo i neon o le strobo?
Sono sicuramente quelle che sento a volume più alto, perché i colori saturi sono più forti di quelli non saturi. Sì, il suono è sempre molto alto.
Allora, se mi concentro, mi rendo conto che ho una percezione molto limitata di quello che mi circonda, che non vedo tutto—primo perché sono miope, e poi perché anche i colori che vedo sono più limitati rispetto a quelli esistenti, rispetto a quelli che puoi vedere tu per esempio. Quindi in una certa misura ognuno percepisce forme, profondità e colori differenti, in poche parole ha una percezione relativa, soggettiva, mentre tu in questo modo hai una percezione che si avvicina all’oggettività. Questa cosa non ti inquieta?
Be’, in realtà era il mio obiettivo percepire i colori nella forma più oggettiva possibile, nella forma più pura, fisica e matematica possibile, per questo sento questi microtoni che arrivano tramite onde sinusoidali pure, e il suono di ogni colore è la frequenza matematica della luce. Vedo anche più colori rispetto a un normale occhio umano, il mio spettro va dall’infrarosso all’ultravioletto.
Quindi mi dici che possiamo ottenere una conoscenza quasi oggettiva della realtà che ci circonda?
Nel mio caso l’input è oggettivo, ma chiaramente passando dal mio cervello si trasforma immediatamente in elaborazione soggettiva. Aspetto solo che qualcun altro inizi a usare l’eyeborg per avere un riscontro di come le stesse cose vengono percepite da qualcun altro.
Nessun altro ha mai usato un Eyeborg?
Sono l’unico che lo utilizza in modo permanente, altri lo hanno utilizzato per un periodo, come esperimento o per una performance, ma per quanto mi riguarda è molto diverso, è parte di me.
Parlami della Cyborg Foundation, di come è nata e di cosa vi occupate. Il vostro scopo a quanto mi è sembrato di capire non è trovare rimedi a mancanze fisiche ma estendere le normali potenzialità del corpo umano, giusto?
Sì, vogliamo aiutare ad estendere sensi e percezioni, non a correggere, e questa possibilità di estensione di sensi vale per tutti, ci sono molte persone senza alcun deficit che non vedono l’ora di provare queste estensioni, mentre molti ciechi o ipovedenti che non vogliono utilizzare questi dispositivi, per questo il nostro tipo di ricerca è rivolta a tutti.
È democratica.
Esatto, poi in realtà nasce come movimento artistico, le estensioni permettono sì nuove percezioni, ma anche e soprattutto nuove possibilità di espressione.
Fammi alcuni esempi, a parte l’Eyeborg.
Per esempio nella danza: una coreografa che porta un dispositivo che le permette di percepire i terremoti, ovunque si verifichino nel pianeta e di qualunque entità essi siano, ha due sensori nei polsi collegati con un software sismografico e, a seconda della vibrazione che sente, si muove.
Quindi una coreografia che segue i movimenti delle zolle tettoniche?
La sua coreografia si chiama Waiting For Earthquakes, lei sta ferma e aspetta che arrivi un terremoto nel mondo per iniziare a muoversi. A volte passano anche dieci o venti minuti prima che succeda qualcosa, e l’attesa è parte della performance.
Avete ideato altri marchingegni?
C’è un sensore di movimento che funziona così: sono due orecchini che indossi e in questi orecchini c’è un sensore a infrarossi. Gli orecchini vibrano ogni volta che percepiscono un movimento. Quindi con gli occhi chiusi puoi percepire se hai davanti qualcuno, o se giri gli orecchini percepisci quello che succede dietro di te.
Neil ha tradotto in colori un discorso di Hitler e uno di Martin Luther King.
Come stanno i tuoi altri sensi? È cambiato qualcosa?
Assolutamente sì. Quando aggiungi una nuova sfera di percezione, gli altri sensi si svegliano e sono stimolati. Questa cosa mi ha sorpreso perché non solo ho migliorato la mia percezione visiva, ma anche quella uditiva si è espansa: adesso ho il cervello molto allenato a catalogare e differenziare le diverse tonalità e i diversi tipi di suono, sono molto più cosciente della realtà. È assurdo, perché invece di voler sviluppare oltremodo questa supervista che ora possiedo, ho voglia di estendere anche tutti quanti gli altri sensi, perché ti rendi conto che percepiamo così poco, che ci sono talmente tante altre cose che potremmo sentire, e non vuoi fermarti.
Quindi stai pensando ad altre estensioni per te stesso.
Sì, voglio assolutamente ampliare il mio udito, cosa che già succede con il mio occhio elettronico, che è in realtà un orecchio osseo. Tramite l’osso si possono sentire suoni che l’orecchio non percepisce, come gli ultrasuoni—anche qui, suoni che sentono gli animali e non gli umani. Poi vorrei anche accessori che non sono propriamente cibernetici, tipo un dente che si illumina.
Sembra molto comodo.
Pensa durante un blackout, come sarebbe utile.
Non ti immagini mai come saremo tra 100 anni con queste estensioni ed evoluzioni tecnologiche?
Certo, sono convinto che progressivamente utilizzare la tecnologia in questo senso sarà sempre più normale, però tieni conto che ogni ricerca della cyborg foundation si basa su percezioni sensoriali totalmente naturali, ovvero appartenenti al mondo animale. Se compariamo la gamma di percezioni umana con quella di altri animali, quella umana è molto bassa.
Questo avviene anche a causa della tecnologia, dell’evoluzione della tecnica che ha allontanato l’uomo dai suoi istinti. È bello, però è paradossale che proprio tramite la tecnologia si cerchi di riprodurre una sensibilità animale.
Esatto, sembra assurdo, ma la ricerca cibernetica ci avvicina sempre di più al mondo animale. Nel mio caso, ho un’antenna come le formiche, sento attraverso l’osso come i delfini, percepisco ultravioletti come fanno gli insetti o alcune specie di passeri, perciò io mi sento molto più animale che robot. Anche gli altri sensi che stiamo sviluppando nella Cyborg Foundation appartengono tutti alla sfera animale—per esempio il sensore che rivela dove sta il nord è ispirato a quello degli squali, e lo stesso vale per la percezione dei terremoti. Incorporare nuovi sensi non dev’essere vissuto come un progresso artificiale, anzi, l’esatto opposto.
Hai mai subìto episodi di “razzismo”? Magari da parte di qualcuno che non capisce il tuo rapporto con la tecnologia e ti accusa di andare contro natura?
Sì, c’è sempre gente a cui non piace quello che faccio, però come ti ho detto è qualcosa di molto naturale, dato che è umano, la tecnologia la abbiamo creata noi, se c’è una particolare dote dell’essere umano è questa. E se attraverso la tecnica possiamo ovviare ad alcune mancanze che abbiamo rispetto ad altri animali, perché non farlo? Questo è il nostro “sesto senso”, svilupparlo può farci capire molto bene la nostra condizione: come siamo, come viviamo.
Una cosa molto bella che ti ho sentito dire è che ora quando guardi persone di etnie diverse non vedi bianco o nero, ma diverse sfumature di arancione. Il fatto che una percezione più oggettiva possa smentire secoli di discriminazioni è fantastico. Cioè, tramite un’evoluzione tecnologica si può espandere non solo la nostra sensazione ma anche la nostra sensibilità: questo progresso tecnologico ci mostra come siamo tutti esseri umani, tutti uguali, con gli stessi limiti e possibilità.
Esatto, per questo ci tengo tanto a lavorare verso una condivisione delle sensazioni, ci può aprire molte porte: ogni ignoranza o chiusura mentale porta a semplificazioni che comportano chiaramente una discriminazione, come nel caso della pelle. Basta guardare meglio.
Cavoli, mi spiace un po’ essermi vestita di grigio oggi, mi sa che non sono musicalmente divertente da guardare…
Oggi sei un fa diesis, tra il fa diesis e il sol, non suoni molto.
Che figura di merda.
Non ti preoccupare.