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In questo palazzo nobiliare romano in centro si nasconde una trattoria democratica

trattoria pompiere roma centro

Oltre ai piatti della tradizione spuntano preparazioni dal sapore anni ‘80: filetto al pepe verde, gnocchi al tartufo, scaloppine con panna e whisky

Sono sempre stato affascinato dagli arredamenti delle vecchie trattorie, quelle con le pareti rivestite di legno e i camerieri in cravatta, che rendono tutto più elegante e dignitoso. Quando sono entrato per la prima volta dal Pompiere, trattoria giudaico-romanesca nel quartiere ebraico di Roma, non sono stato solo pervaso da quella sensazione di bellezza ferma nel tempo, ma mi sono letteralmente innamorato. Sale coperte di quadri, affreschi sul soffitto e camerieri in papillon che si aggirano per la sala portando non tartare, bensì amatriciane e baccalà fritti: è il mio personale concetto di ristorante perfetto.

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L’insegna del Pompiere, che si illumina di verde di sera. Tutte le foto di Olimpia Piccolo.

Un neon verticale, verde, annuncia a chiare lettere che lì c’è un’hostaria. L’entrata non è la solita sala gremita di gente con i camerieri che ti sbattono addosso mentre ti cercano un tavolo: è un’anticamera silenziosa e spoglia che ti fa pensare di essere entrato in un palazzo nobiliare, più che in un’osteria. E in effetti si entra in un palazzo nobiliare. Sali le scale di legno e, in una frazione di secondo, vieni catapultato in un’altra epoca. Forse gli anni ‘60, forse gli anni ‘50, uno di quei decenni che stanno da qualche parte sulla linea temporale, ma sono sostanzialmente immortali.

Ora, in un posto così, sovrastato da angeli sul soffitto, disegni, quadri, lampioni interni e diversi attaccapanni — qualcuno mi spiega quando sia diventato cool non mettere un appendiabiti nei vostri locali e farci sbattere i cappotti sulle sedie? — mi faccio il segno della croce e metto in conto uno scontrino salato. A Roma le cose più esclusive sono nascoste e il Pompiere sembra proprio dare quel genere di privacy che piace alle persone che contano, i VIP, o come volete chiamarli. Al tavolo accanto al mio c’era lo scrittore Niccolò Ammaniti, per dire.

“Mio nonno aveva già aperto un’osteria, di quella all’antica dove si serviva vino e la gente si portava il fagotto con il cibo da casa”

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Una delle tre sale del ristorante. Tutte le foto di Olimpia Piccolo.

Poi un cameriere mi porta il menu. E mi casca la mascella.
Non solo i prezzi sono quelli di una normale trattoria, ma oltre ai piatti della tradizione spuntano preparazioni dal sapore anni ‘80, che sono sempre una buona idea. Filetto al pepe verde. Gnocchi al tartufo. E le scaloppine alla Pompiera: il piatto della casa in cui fettine di manzo nuotano in un mare di crema di panna e whisky. Volevo sapere tutto di quel posto. L’unico modo per farlo era tornarci a mangiare, beh, praticamente ogni giorno.

“Questo dove ci troviamo è palazzo Cenci, un palazzo nobiliare del ‘500,” mi racconta la proprietaria Nicoletta Monteferri. “La mia famiglia ci si è trasferita nel 1962, ma sempre qui nel Ghetto, nel 1928, mio nonno aveva già aperto un’osteria, di quella all’antica dove si serviva vino e la gente si portava il fagotto con il cibo da casa. Da mangiare facevano solo supplì.”

Il Pompiere deve il suo nome a un signore, che cedette l’attività alla famiglia Monteferri e che in passato era, effettivamente, un pompiere. Non è un nome scelto a caso, insomma, come testimonia il logo del ristorante in cui un pompiere spegne un pollo infuocato innaffiandolo di vino.

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Il logo del Pompiere. Tutte le foto di Olimpia Piccolo.

Come dicevamo prima, per la sua eleganza, per la sua dimensione privata — sembra di mangiare in una casa — e per il fatto che in quel quartiere di Roma c’erano solo tre trattorie, il Pompiere è sempre stato frequentato da artisti e personaggi famosi. “Ci venivano pittori come Guttuso e Botero,” continua Nicoletta Monteferri. “Ma anche attrici e attori del calibro di Ingrid Bergman, Carlo Verdone o Gigi Proietti, sindaci di Roma, personaggi della televisione, cantanti come Francesco Guccini. Una volta un cliente viene alla cassa per pagare e mi ritrovo davanti Colin Firth.”

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La triade di fritti. Baccalà, carciofo e fiore di zucca.

La sala del Pompiere è invece il regno di Mauro Bilancini, che fa il cameriere qui da 49 anni. Ed è la rappresentazione di tutto ciò che dovrebbe essere un cameriere come si deve: gentile, attento, esperto e, soprattutto, che ama il suo lavoro e non vuole smettere. Ovviamente anche lui ha un sacco di storie da raccontare. “Lucio Dalla veniva sempre qui, quando si trovava a Roma,” mi racconta per prima cosa. “Eravamo diventati amici. Ma anche con Antonello Venditti: sono stato uno dei primi a vedere la sua casa nuova quando la prese. Ho servito politici, ministri, cantanti, ma per me sono tutti uguali: vieni al ristorante per farti coccolare, per stare bene. E a me piace far stare bene le persone.”

“Una carbonara di quelle all’antica, con l’albume, non una crema densa che può stufare dopo due forchettate”

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L’autore mentre si mangia una carbonara fatta come si deve.
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Il Pompiere, però, non è solo un bel contenitore. Si mangia cucina giudaico-romanesca come Dio comanda. I loro carciofi alla Giudia (6 euro), fritti, sono una sinfonia di sapori diversi dal salato delle foglie croccanti alla dolcezza del cuore. Ci sono anche altri fritti della tradizione, come il baccalà (6,50 euro) e i fiori di zucca (4 euro). E poi le paste: le tipiche paste romane, dall’amatriciana (13 euro) ai rigatoni con la pajata (che sono fatti con sugo e intestini di vitello da latte: li tagli e esce fuori una ricottina che si mischia con il pomodoro (14 euro), passando per i super anni ‘80 tagliolini al limone (14 euro) o i ravioli ricotta e spinaci (16 euro).

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Un vecchio menu del Pompiere.

Degna di menzione una carbonara (13 euro) che mangeresti a quintali, senza fronzoli e senza essere troppo pesante, di quelle all’antica, quando ancora non si usava mettere solo i tuorli d’uovo, ma anche l’albume, per fare una crema densa che può stufare dopo due forchettate.

Nel reparto secondi, oltre a fritti della tradizione difficili da trovare altrove come il cervello fritto e carciofi (18 euro), come dicevo prima si può scegliere tra i classici Saltimbocca alla romana (18 euro), la Coda alla Vaccinara (18 euro), o fare un salto nel passato in forma smagliante con le Scaloppine alla Pompiera (18 euro): un tripudio di salsa alla panna con quella nota di whisky flambé che ti fa salivare fino al giorno dopo.

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Le Scaloppine alla Pompiera, un must anni ’80 da provare. Tutte le foto di Olimpia Piccolo.

Mi alzo dopo un pranzo abbastanza economico pensando che il Pompiere è proprio un luogo senza tempo. Democratico, nonostante le apparenze, dove tutte/i sono coccolate/i alla stesso modo, circondate/i dalla bellezza sommessa. E mangiano, vivaddio, su delle vere tovaglie.

Inutile dire che è diventato il mio posto preferito in meno di un boccone.

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