The Weeknd al Lollapalooza / Foto di Daniel Patlán per Noisey
A un certo punto quest’estate, ci siamo ritrovati all’improvviso nel mezzo di una rissa da stadio per la supremazia pop. Taylor Swift, fedele alla passione del suo antenato Jonathan per i viaggi (non è veramente un suo antenato), ha conquistato mezzo mondo accompagnata dalla sua legione di top model. Anche Drake ha messo il suo sigillo imperiale su mezzo Atlante DeAgostini, tra un match di lotta virtuale con Meek Mill e l’altro, da cui è sempre uscito senza un graffio. Charlie Puth, chiunque egli sia, è rimasto in disparte a raccogliere punti facili tramite le comparsate in radio, mentre Macklemore si è lanciato nella mischia a fine stagione ricordandoci di avere ancora qualche freccia caramellosa al suo arco. Bieber si è avvicinato con discrezione, un bordone di synth malinconico dopo l’altro, al centro della scena, mentre Miley è riuscita a sfruttare tutta la forza che il resto della scena ha concentrato sul tentativo di schiacciarla dopo che lei aveva fatto incazzare Nicki Minaj. Kanye è rimasto fluttuante al di sopra del gruppo e si è dichiarato sia maestro di cerimonie che presidente. E The Weeknd, con una gran faccia di culo, se ne è uscito dal nulla, ha consolidato le proprie alleanze e ha deciso di essere il nuovo Michael Jackson, un artista R&B ma anche la più grande popstar del mondo.
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Come è già stato detto da chiunque abbia parlato di The Weeknd e del suo ottimo nuovo album Beauty Behind the Madness, questo arrivo si è svolto nel seguente modo: The Weeknd si è fatto notare e ha costruito la sua fan base pubblicando nella sua trilogia di mixtape odi catatoniche, oscure e quasi nichiliste a uno stile di vita notturno, droghereccio, lussurioso e addirittura inquietante; la formula ha cominciato ad ammorbidirsi sul suo primo tentativo pop, Kiss Land; ha convocato i migliori autori del giro, tipo la squadra di Max Martin, per aiutarlo a scrivere canzoni pop più consapevoli per il seguito. Questo perno gli è servito per piazzare il suo ultimo album su un trampolino in grado di farlo lanciare verso il riconoscimento artistico necessario per essere sia di Michael Jackson che il Prince della nostra epoca. Le sue intenzioni erano chiare (e niente affatto nuove, per chi si ricorda la sua cover di “Dirty Diana” su Echoes of Silence). Il paragone l’ha fatto lui stesso, e l’irresistibile singolo “I Can’t Feel My Face” dal disco Beauty Behind the Madness ha l’inconfondibile botta disco di un certo re del pop. E almeno in un senso commerciale, ha funzionato: Beauty Behind the Madness è un successone, il disco numero uno negli USA, al secondo posto nella classifica annuale delle vendite nella prima settimana dall’uscita. Undici delle sue quattordici canzoni sono sulla Top 100 dei singoli di questa settimana. Che The Weeknd sia una popstar è scontato. Eppure la vera aura di popstar di The Weeknd è ancora sfuggente. Come è passato dall’essere la personificazione delle nostre fantasie drogate all’essere un artista dallo sterminato potenziale commerciale? Che le nostre fantasie drogate siano davvero così vendibili?
Quando House of Balloons è uscito nel 2011 è stato una rivelazione, si trattava di un disco sofisticato con produzioni che stavano a metà tra una roba di Drake, con tutto quel reame trasognato che è la scena hip-hop di Toronto, e le atmosfere dell’indie rock (fino a campionare i Beach House e Siouxsie and the Banshees). Era un disco oggettivamente fico, con una copertina in bianco e nero e una fotografia sfocata dietro un’ombra, ed i suoi fan furono così ispirati che si misero ad emularlo, realizzando video senza colori, ma con le stesse modelle nude, gli stessi temi sull’abuso di sostanze e grattacieli, tutte quelle idee che il progetto gli aveva insegnato. Lo stesso Abel Tesfaye è rimasto sempre fuori dal mirino della stampa, anche quando ha iniziato ad esibirsi dal vivo e mostrare, per forza di cose, il suo volto. Altri artisti prima di lui avevano sfruttato internet in modi simili, ma nessuno l’aveva mai fatto in una chiave così sofisticata e con musica così accattivante. Anche quando i suoni sono diventati più evanescente (risultanto di conseguenza meno sexy), The Weeknd ha continuato ad accrescere la sua popolarità grazie a un’estetica ben definita. La sua musica evoca uno stato d’animo di distacco intorpidito ed edonismo.
Uno stato d’animo che è nettamente in contrasto con la serietà emotiva che ha tradizionalmente contraddistinto l’R&B come genere. Suggerendo una visione estetica più fresca, The Weeknd (e molti dei suoi contemporanei) hanno cercato di aggiornare i canoni del genere, ma se pensiamo a personaggi come Frank Ocean, Miguel, o anche il più volgare e malizioso Ty Dolla $ign (o il più zarro Jeremih), si capisce che c’è ancora una grossa differenza. È come se The Weeknd puntasse tutto sulla presentazione, più che su quello spirito umanista da sempre presente nell’R&B. I personaggi delle sue canzoni sono troppo incasinati per sembrare plausibili e la sua musica, in relazione a quella di (tanto per fare un nome) Frank Ocean, risulta un po’ come un incontro di boxe tra un designer e un pittore rinascimentale. Uno vuole spostarvi, l’altro vuole assecondare i vostri movimenti. Più analoghi a The Weeknd potrebbero essere i nomi di Travis Scott o A$AP Rocky, visto che la loro musica appare da sempre interessata a costruire un proprio stato d’animo, più che comprenderne altri di già esistenti.
Questo modo di fare ha iniziato una primavera di artisti R&B che si esprimono attraverso i loro Tumblr in scala di grigio e la notte pregano sotto le coperte per uno spazietto sulla televisione nazionale.
Una foto dal press kit del 2011
A essere onesti con la musica stessa, c’è qualcosa di molto romantico nell’idea di noi stessi (in particolare quando siamo in preda agli ultimi echi dell’adolescenza e iniziamo a sperimentare sostanze) come esseri sbagliati e imperfetti, troppo travolti dal sistema per essere in grado di reagire. Troppo intorpidi e immaturi per relazionarci in modo normale con le altre persone che gravitano attorno al nostro sistema. C’è qualcosa di rassicurante in testi come “I know your motives and you know mine”, perché massaggiano i nostri ego ricordandoci che è normale sentirsi un po’ superficiali e un po’ marci dentro. E, mentre lui viene deriso e percepito come vagamente inquietante, in realtà The Weeknd solitamente descrive personaggi femminili il cui nichilismo è estremamente umanizzato tanto quanto quello delle controparti maschili. C’è qualcosa di romantico nell’ascoltare musica così cinematografica. Avevo 22 anni quando ha iniziato a far uscire dischi e le sue canzoni sono state la colonna sonora perfetta per quelle notti in cui tornavo a casa un po’ troppo fatto e ubriaco per potermi infilare a letto.
Purtroppo la sua musica ha un’età di scadenza e, superati i 25 anni, tutte quelle fantasie che mi facevo fissando i grattacieli e pensando a quanto sarebbe stato bello viverci dentro anziché guardarli dalla mia stanza hanno cominciato a invecchiare. Non si può essere una popstar immortale quando tutto ciò che stai offrendo è un ideale estetico per ventenni debosciati.
La risposta è nel modo in cui l’album cerca di sfuggire a questa trappola estetica, per aggiungere più valore alle sue canzoni. È stato facile accettare Beauty Behind the Madness come un album di passaggio che ha avuto successo grazie ai suoi richiami pop. Il segreto del suo successo, tuttavia, è nascosto nei generi attraverso cui è passato prima di riuscire a toccare qualche corda particolarmente redditizia del pop. Si tratta di un disco che gioca tutto il tempo sulla linea di fuga da questa trappola estetica per cercare di aggiungere qualche valore alle canzoni. È come una sonda gettata nelle concezioni artistiche del progetto, alla ricerca di qualche tipo di sentimento umano reale. La sua fidanzata è probabilmente lo stereotipo della modella diciottenne ricca e bipolare, ma i loro sentimenti sembrano, in questo disco, almeno minimamente concreti. C’è l’ammissione di affetto verso qualcun altro in “Acquainted”, che è di gran lunga il pezzo migliore del disco. C’è compassione in qualche verso di “Shameless” e c’è anche il segnale di quella che potrebbe essere una dichiarazione d’intenti dell’artista, come una presa di coscienza della necessità di crescere e spostarsi dai canoni estetici perseguiti con così tanta forza. La si trova in “Angel”: “Even though we live inside / a dangerously empty life / you always seem to bring me light”. Che è una visione del mondo decisamente più gioiosa di quella perpretrata fino ad ora.
Ci potrebbe essere, per così dire, un po’ di bellezza dietro la follia, una sorta di affetto per qualcuno, dietro la dissolutezza. In fondo noi tutti preferiamo pensare che, mentre potremmo essere eterni irresponsabili e debosciati, mentre facciamo cose che le nostre madri non approverebbero (e la disapprovazione della mamma di Weeknd affiora più volte in questo disco), in fondo siamo solo brave persone che prendono decisioni sbagliate ed autodistruttive. Questa è l’idea su cui The Weeknd ha sempre giocato, ma qui si è finalmente presentata come qualcosa da cui l’ascoltatore può essere riscattato. The Weeknd non può essere pronto a prendere lo stesso tipo di profonde coltellate mentre contempla la natura umana come ad esempio fa Frank Ocean, ma almeno sta provando ad esprimere qualcosa di nuovo.
È sufficiente per riscattare The Weeknd da se stesso, per fregiarlo dei titoli di aspirante nuovo Michael Jackson? Probabilmente non lo è: ci vuole una visione più ampia della compassione di un tizio che si ferma a metà strada verso il caos per prendere nota dei comportamenti umani. Sono ancora profondamente convinto che The Weeknd sia capace di muovere le giuste leve emozionali, ma purtroppo le schitarrate del suo nuovo album mi suggeriscono più che altro che potrebbe essere il prossimo Bon Jovi, una specie di rockstar dell’era di Tumblr e 4chan, con un pubblico di massa, ma un catalogo adatto solo ai suoi primi fan. Non sono sicuro che The Weeknd abbia la forza di tirare fuori gli attributi necessari per diventare una popstar, Beauty Behind The Madness mi suggerisce che dietro le droghe, la dissolutezza, i filtri sulla voce e un social media manager eccellente si nasconde un essere umano. Ed è quell’essere umano ad aver mantenuto le promesse di successo sul suo disco.