Negli ultimi giorni le cronache dei giornali locali si sono riempite di notizie di sequestri e arresti per eroina.
Lunedì, tra Calabria e Sicilia, sono scattati 24 fermi e varie perquisizioni tra le province di Siracusa, Catania, Agrigento, Reggio Calabria, Trapani e Vibo Valentia. L’operazione ha portato allo smantellamento di un traffico di eroina, in alcuni casi contenuta all’interno di confezioni con sopra il logo di un cartone animato americano, Ben 10.
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A Pontecagnano, nel salernitano, un uomo di origine nigeriana è stato fermato con ovuli da 60 grammi di eroina nascosti nelle mutande. Ottanta invece, erano le dosi trasportate da una casalinga di Licata (Palermo), detenute – secondo l’accusa – ai fini di spaccio. In Liguria, un uomo e una donna stavano nascondendo 100mila euro di eroina in una cassetta blindata.
Guardando un po’ più ‘lontano’, nel solo mese di novembre si registra un sequestro record di 56 chilogrammi di eroina ad Ancona, per un valore stimato di circa 50 milioni di euro.
Si tratta di numeri che, se messi in fila, sembrano parlare di un “ritorno dell’eroina.” Anzi di un “boom“, un “prepotente” ritorno della sostanza sul mercato delle droghe, dopo che per anni si è pensato che fosse ormai diventata una droga per vecchi tossicodipendenti in via d’estinzione.
Una credenza basata sul numero calante di morti per overdose — stando alla Relazione annuale sull’uso di sostanze stupefacenti e la tossicodipendenza, i decessi per intossicazione acuta da droghe in Italia sarebbero calati dai 1.002 del 1999 ai 344 del 2013.
Se da un lato, però, non stupisce che la sostanza venga intercettata così di frequente – basta pensare alla produzione-record del 2014 di papavero da oppio in Afghanistan, ritenuto principale esportatore della pianta da cui si ricava l’oppio per l’eroina -, dall’altro in realtà non si può parlare di vero e proprio “ritorno.”
A cambiare, semmai, è stato il mondo che le ruotava attorno, coi suoi nuovi consumatori e i nuovi metodi di assunzione, da sniffare o inalare: secondo una ricerca del CNR condotta su 45mila studenti delle scuole superiori e 516 istituti scolastici, sarebbero 36mila al 2014 gli studenti italiani che avrebbero provato l’eroina almeno una volta. Un numero che, in percentuali, arriva a toccare l’1,5 per cento.
Nel solo Ser.T di Termoli, per esempio, nel 2014 le richieste di assistenza sono state 270, delle quali 230 per eroina, con significativo “aumento del numero di giovanissimi con problemi legati al consumo di eroina,” spiegava Alfio Lucchini, direttore Dipartimento dipendenze Asl Milano 2.
“Tra le persone che si rivolgono ai nostri centri per problemi di dipendenza da eroina, circa il 4 per cento è infatti rappresentato da minori. Prima i numeri erano più bassi.”
In buona sostanza, l’uso, la produzione e il consumo sembrano sostanzialmente essersi aggiornati, spostando il target della propria utenza media verso i più giovani.
Lo testimonia, per esempio, anche lo strabordante ricorso ai farmaci oppioidi, che dal papavero, così come l’eroina, vengono ricavati — secondo uno studio citato dal Wall Street Journal, circa l’ottanta per cento delle persone che hanno provato l’eroina aveva precedentemente abusato di farmaci antidolorifici.
L’Italia non fa eccezione: il consumo di farmaci per il dolore nel nostro paese, secondo il rapporto OsMed di gennaio-settembre 2014, sarebbe passato da 2,1 dosi giornaliere per mille abitanti nel 2005 alle 7,3 del 2013.
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Negli ultimi tempi, in aggiunta, sul alcune piazze hanno fatto la loro sporadica comparsa sostanze ricavate dagli scarti dell’eroina come il cobret, che si ottiene come passaggio intermedio della lavorazione dell’oppio, è particolarmente economico da produrre e comprare, e si assume senza bisogno di essere iniettato, ma semplicemente riscaldandolo su sopra la carta stagnola e inalandone i fumi.
Per comprendere come si è evoluto il consumo e il traffico di eroina, e capire se davvero “è tornata” sulle piazze o non è mai scomparsa, VICE News ha sentito Salvatore Giancane, medico tossicologico del Ser.T di Bologna e autore del libro “Eroina – La malattia da oppioidi nell’era digitale.”
VICE News: Qual è il quadro generale del consumo di eroina in Italia, ad oggi?
Salvatore Giancane: Lo stato attuale è questo: ha cambiato contesto, è sicuramente molto più accessibile di una volta – si trova praticamente ovunque – ed è diventata una droga sulla quale i giovani di oggi sono meno consapevoli di quanto non fossero ai nostri tempi. Contestualmente, i prezzi sono crollati, con un aumento della qualità. Secondo la BBC, per la prima volta il numero delle overdose è in aumento, ma i prezzi sono crollati.
Per molto tempo si è parlato di “ritorno” dell’eroina: è davvero così, o si tratta semplicemente delle conseguenze della “retorica del declino” della sostanza, come viene definita?
L’eroina non se n’è mai andata. È stata sempre lì. Solo, a un certo punto c’è stata quasi l’impressione che si parlasse di una sostanza per pochi vecchi e un po’ sfigati. Per esempio, adesso c’è la cosiddetta ‘eroina bianca’: se uno legge la stampa sembra che sia arrivata una nuova droga, ma sempre di eroina si tratta—che poi sia bianca dipende semplicemente dal fatto che ormai nel mondo si produce solo quella, quasi.
Anche in Messico, dove si faceva il black tar – nero, schifosissimo, putrido – adesso producono cloridato di eroina: il sale, bianco, cristallino, idrosolubile, potente. Invece di lanciare l’allarme sull’eroina bianca, bisognerebbe fare un’operazione di più corretta.
In questo senso, nel suo libro parla di “eroina digitale.” Cosa intende?
È un gioco retorico: intendo dire che non ci si è accorti della nuova ondata dell’eroina perché in qualche modo si continua a misurarla in modo ‘analogico’, cioè col vecchio modo di assumerla, considerandola all’interno di un mercato che ormai è cambiato.
Prendiamo per esempio il concetto di overdose: se io valuto il mercato dell’eroina in base al numero di casi di overdose, che si sono ridotti di circa due terzi, allora devo mettermi l’anima in pace e pensare che il problema si stia estinguendo da solo. Il problema però è che rispetto al periodo di riferimento, i trattamenti con farmaci oppioidi – metadone, codeina, ossicodone – si sono enormemente diffusi, e chi prende i farmaci oppioidi difficilmente muore di overdose.
Ma non solo. C’è un altro problema, che ci dice quanto questo calcolo ‘analogico’ non abbia più senso: i nuovi consumatori di eroina in due casi su tre non iniettano più la sostanza, ma la fumano—questo stando anche a quanto appurato da me empiricamente. Coloro che fumano eroina però hanno un rischio di overdose pressoché inesistente.
Perciò: se io metto insieme la diffusione di trattamenti farmacologici, e il fatto che l’eroina fumata ormai è diffusissima e non provoca morte per overdose, posso parlare effettivamente di una riduzione? Mi sembra evidente: non si può più.
Quali sono i nuovi consumatori dell’eroina? Com’è cambiato l’utente medio?
È difficile dire. Possiamo presumere, ma è molto complicato capire quale possa essere l’utenza media—lo capisci dal fatto che vivere una vita da dipendente da oppioidi, oggi, è mille volte più semplice rispetto a tanti anni fa: l’eroina costa poco, sostanze come il metadone al mercato nero te le tirano dietro, praticamente.
Quello che possiamo fare e farci un’idea di un profilo generale: l’utente medio ha intorno ai 25 anni, è incensurato, senza grossi problemi in generale, senza neanche una particolare attenzione a nascondere a casa il problema, e senza nessuna voglia di chiedere aiuto. Sono ragazzi che prendono tranquillamente l’eroina, ma non hanno capito cosa sia effettivamente.
Adesso è tornata ad essere una sostanza per giovani, ad avere una nicchia che si allarga sempre di più: il crollo del prezzo, l’aumento della disponibilità, ma soprattutto l’eroina ‘fumata’, hanno finito per sdoganarla e ridurla al rango delle droghe leggere.
Ma come ha fatto a scendere di prezzo, concretamente?
Per la legge di mercato: se ne produce tantissima. Otto, novemila, diecimila tonnellate: le stime sono queste, e le quantità sono enormi. Aggiungi poi che di questa produzione se ne sequestra solo il 10 per cento circa – non di più -, e che tutto il resto finisce sulle piazze.
Oggi l’eroina prodotta è 10 volte di più di qualche tempo fa—e una produzione 10 volte più grande vuol dire un crollo del prezzo vertiginoso.
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È possibile che questo abbassamento dei prezzi sia dato anche dall’introduzione di queste eroine ricavate da materiale di scarto?
Non è un problema prettamente italiano, in realtà. Qui da noi a dire il vero non c’è nessun bisogno di puntare sull’eroina di scarto, quando quella buona si può smerciare a 30 euro. O se succede, succede perché c’è qualcuno particolarmente senza scrupoli.
Noi il black tar di cui parlavamo prima lo abbiamo intravisto 15 anni fa, poi non l’ha visto più nessuno. A Napoli, per esempio, per qualche periodo ha fatto capolino il cobret. Ma è stato breve e anche lì non ci sono state altre grosse segnalazioni.
Il krokodil – la desomorfina, per capirci – in Italia ancora non si conosce, ufficialmente. Si tratta di una sostanza che solitamente si rende evidente abbastanza in fretta a livello ospedalieri per i danni che crea, ma non abbiamo nessuna osservazione.
Certo, è pure vero che l’abuso è lontano da qui, e che in Europa gira, ma questo non vuol dire che possiamo stare tranquilli, ed escludere che arriverà mai anche da noi: la gente e i materiali circolano, e qualcuno che viene in Italia dall’est – dove l’uso è più frequente – potrebbe sapere come ottenerlo anche da noi, o magari qualcun altro potrebbe introdurre la codeina in pasticche necessaria per produrre il krokodil dalla Russia—fare il krokodil con la nostra codeina non è semplice.
Però, ripeto: se c’è un problema rispetto agli oppiodi è l’eroina, e secondariamente gli analgesici oppioidi.
Ecco: qual è la situazione con gli analgesici oppioidi, al momento?
Comincia a esserci una certa diffusione. Non siamo di fronte al fenomeno americano – dove due morti da oppioidi su tre da sono provocati dagli analgesici, e uno per l’eroina – ma anche da noi cominciamo a vederne. Se si va in piazza e si cerca bene si trovano anche queste sostanze.
Oggi negli USA la situazione è drammatica, anche se sui media non emerge come dovrebbe: il numero di persone che muore per overdose supera quello delle persone che muoiono per incidenti stradali da alcuni anni, ed è in forte crescita.
Così come lo è stato negli USA, adesso, anche in Italia l’ossicodone – per fare un esempio – è ormai sempre più noto fra i consumatori di oppioidi: è una cosa su cui c’è bisogno d’intervenire, e anche in fretta, per evitare il disastro americano.
Come?
È un problema di educazione, irrigidire le norme rischia di creare anche dei problemi. Per esempio: negli Stati Uniti hanno istituito dei registri speciali per controllare le prescrizioni, e l’effetto immediato è stato un aumento anche di 10 volte del prezzo di analgesici oppioidi sul mercato nero, col conseguente arrivo dei narcos messicani, pronti a spacciare eroina a a prezzi molto più bassi—provocando un effetto trainante sull’eroina.
Bisogna dire che i derivati dell’oppio sono ottimi farmaci se somministrati bene, prescritti bene, e soprattutto se in qualche modo si fa un follow up del paziente e lo si segue da vicino. Ma se al paziente si fa la ricettina, e poi gli si dice “ci vediamo tra 30 giorni,” il rischio che non riesca a uscirne è alto.
È importante però tenerlo presente: la diffusione degli analgesici oppioidi non è iniziata a livello ricreativo, è gente cui sono stati assegnati farmaci del genere come fossero aspirine. La diffusione capillare dell’uso di queste sostanze è passata anche attraverso persone a cui questi farmaci sono stati prescritti per la terapia del dolore, e non sono riusciti a gestirla.
È come con la morfina: sul mercato ha fatto i disastri che ha fatto. Poi è arrivata l’eroina per sostituire e curare la dipendenza da morfina, e così via.
Nel febbraio del 2014 la Fini-Giovanardi è stata bocciata dalla Corte Costituzionale. Crede però che i suoi effetti si vedano ancora oggi?
Be’ insomma: l’impianto è rimasto quello, e anche l’interpretazione delle norme. Ci sono differenze fra le varie prefetture, rispetto alle segnalazioni, le verifiche, comportamenti sulla patente: anche se siamo tornati alla Jervolino-Vassalli, non ci siamo tornati nello ‘spirito’—come dire.
Anche perché, comunque, una certa ‘equiparazione’ fra droghe leggere e pesanti esiste ancora: non crede che questo possa aver provocato degli effetti gravi, anche su chi consuma eroina?
Sicuramente: si è arrivati alla banalizzazione dell’eroina, facendo passare il messaggio generale secondo cui le droghe sarebbero tutte uguali. È un messaggio che è stato lanciato per innalzare il livello di attenzione sulla cannabis, ma l’effetto vero è stato quello di abbassare il livello di attenzione sull’eroina.
Appiattire le droghe è banalizzante, uniformante: cosa vuol dire, poi, “la droga”? È una categoria morale, non esiste concretamente. Esistono “le droghe,” e sono tutte diverse: per fattura chimica, per effetti, per danni, per prognosi, per malattia.
Ricorrere a una categoria generale e comprendere tutto all’interno di questo, ti porta a legittimare la “guerra alla droga,” ossia fare la guerra a qualcosa che non esiste: come diceva don Gallo “La guerra alla droga diventa guerra ai drogati.” Invece non bisogna parlare di guerra alla droga, ma piuttosto di contrasto alle conseguenze e alla diffusione dell’uso di droghe.
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