Ho incominciato il 2017 scrivendo dell’ultimo disco di Brian Eno e mi sembra una cosa carina che questo album, che sempre lui ha condiviso con Tom Rogerson, sia il primo dell’anno nuovo.
Si tratta di una collaborazione (tra due musicisti di diverse generazioni ma che vengono dalle stesse parti) in cui il pianista dei Three Trapped Tigers improvvisa al suo strumento mentre Eno (la cui biografia speriamo non ci sia bisogno di riassumere, limitiamoci a dire che è Dio) rielabora quelle note attraverso il Piano Bar, un aggeggio creato da Don Buchla e Robert Moog – nientemeno – che permette di integrare un pianoforte acustico in un setup MIDI.
Videos by VICE
Il risultato è un lavoro tra classica, jazz e ambient, molto curato e a volte sorprendente, non particolarmente originale o rivoluzionario ma sicuramente in grado di garantire un ascolto piacevole e interessante. La combo funziona meglio quando Rogerson non si fa prendere troppo da architetture complesse e si mantiene sul minimale, e quando i suoni di Eno virano sullo “strano”, quando calca la mano. Non tanto perché uno sia Eno e l’altro no, ma principalmente perché diventa più interessante quando sembra meno un disco di piano solo e si trasforma in qualcosa d’altro.
Fa piacere comunque che uno dei massimi geni della musica del Novecento, sul punto di compiere settant’anni, abbia ancora voglia di mettersi in gioco e di fare cose originali e diverse da quelle che aveva fatto fino a oggi. Del resto ce lo aveva già detto lui stesso: “cerco sempre di fare qualcosa che possa sorprendermi”.
Finding Shore è uscito l’8 dicembre per Dead Oceans.
Ascolta Finding Shore su Spotify:
Altro
da VICE
-
JBL Charge 5 – Credit: JBL -
Google Photos app – Credit: Google -
Screenshot: Playstack -
Screenshot: Megabit Publishing, rokaplay