Música

I SoundCloud rapper non sono capaci di parlare d’amore

“Beatrice – costruttrice
Della mia beatitudine infelice”
– Giovanni Giudici, “O Beatrice”, 1971

Nel 1971 Settanta Giovanni Giudici pubblicò una raccolta di poesie e la chiamò O Beatrice. Quella di Dante, la donna-angelo di cui dire ciò che non è mai stato detto di alcuna. Ma se nel Trecento il poeta-uomo lodava la perfezione della sua donna, personificazione dell’amore e della fede e di tutto ciò che esisteva di buono e bello, nel Novecento Giudici fa un salto molto alto, si aggrappa alla caviglia di Beatrice e la tira giù dal paradiso. Beatrice è i suoi seni, occhi azzurri e vizi capitali. È una donna vera, piena di bellezze e difetti, che Giudici canta per quella che è: fonte di gioie e dolori, della sua “beatitudine infelice”.

Nel 1999 i Taking Back Sunday, una delle band emo punk di maggior successo della storia degli Stati Uniti, pubblicarono il loro singolo più celebre: “Cute Without The ‘E’ (Cut from the Team)”. Era un pezzo in cui il cantante sfogava la sua ira nei confronti di una donna che lo aveva fatto stare male. La minacciava dicendole che si sarebbe suicidato per lei e annunciava che si sarebbe messo a stalkerarla spiandola dalla finestra con il suo nuovo ragazzo. E come la chiamava, in tutto questo? Angelo.

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“Il tuo rossetto, il suo colletto / Non provare nemmeno a spiegarti, angelo / So perfettamente quello che sta succedendo.”

Se tra Dante e Giudici si passa dal paradiso alla Terra, i Taking Back Sunday prendono l’angelo e lo caricano del peso di ogni male. L’uomo ferito non accetta il fatto che la sua storia d’amore sia andata male e quindi comincia a concepire la donna come un demonio da esorcizzare, la fonte di ogni suo dolore. E voi direte, sticazzi dei Taking Back Sunday. Ma io dico, la loro scena di riferimento – l’emo dei primi anni Duemila, nella sua concezione meno underground – ha formato generazioni di ragazzi e ragazze. Gli stessi che oggi prendono quelle modalità emotive e le usano per fare rap.

Prendiamo Juice WRLD, uno dei rapper esordienti più interessanti di cui si è cominciato a parlare negli ultimi mesi. La sua è una voce vibrante, simile a quella di Post Malone, e il suo gusto per la melodia è a dir poco affinato.

Juice WRLD, screen dal video di “Lucid Dreams”.

“Lucid Dreams”, il cui beat campiona “Shape of My Heart” di Sting, è una hit da manuale: riferimento musicale che tutti conoscono rilavorato in chiave contemporanea + melodie memorabili + un ritornello che si stampa in testa indipendentemente dal suo contenuto. Lo stesso vale per “Wasted”, che contiene la strofa di Lil Uzi Vert più coinvolgente dai tempi di “XO Tour Llif3”, la sua voce come la moltitudine di zampette di un millepiedi che corre sulla pelle dell’ascoltatore. E anche, in chiave lo-fi, per “All Girls Are the Same”, il pezzo che lo ha fatto conoscere alle masse grazie a un video diretto da Cole Bennett, videomaker artefice del successo di rapper come Lil Pump, Ski Mask the Slump God e Lil Xan.

Ma che cosa dice il testo di “All Girls Are the Same”? Tendenzialmente, che le donne sono tutte stronze. Che lui, voce narrante, vuole solo un amore vero e sta male un sacco perché non riesce a trovarlo. Ma non per colpa sua: per colpa delle ragazze, che sono tutte uguali. Ragazze che, guarda caso, sono “il diavolo, che sogghigna”. La figura della donna-angelo-diavolo, bambola voodoo in cui ficcare gli spilloni della propria frustrazione, torna spesso nei pezzi di Juice:

“Sono così in alto che sono tra le nuvole con gli angeli caduti / demoni con le aureole”
– “End of the World”

“Lei è un angelo con le corna da diavolo / Ha messo la mia roba fuori dalla porta / Chiudi la bara, mettila in un obitorio”
– “Devil Horns”

“Spero senta il mio messaggio / Lo giuro, è un angelo rinato in paradiso”
– “Forever”

“È un angelo, ha la bamba / Io sono fatto, sono drogato / Che cosa faresti per amore? / Spareresti per amore?”
– “Shoot for Love”

In Juice WRLD l’amore è qualcosa di complesso e irraggiungibile. Incapace di concepire il rifiuto, lui si rifugia nell’alcool e nella cocaina. Si crogiola nel dolore, invece di analizzarlo, arrivando anche a fantasticare su soluzioni estreme come il suicidio e l’omicidio: “Sono arrivato alla conclusione che non puoi uccidermi se ti uccido prima io”, dice in “Candles”. Proprio come facevano i Taking Back Sunday, millantando pistole alle tempie come se fossero soluzioni plausibili alla semplice rottura di un rapporto.

La fregatura è che Juice WRLD è davvero bravo. Le sue melodie sono memorabili e prendono l’ascoltatore al lazo, felice di essere trascinato sulla ghiaia come una capretta dalle sue acrobazie vocali. E quindi ti puoi trovare a cantare “So che mi vuoi morto / Prendo medicine per stare bene” come se fosse la cosa più normale del mondo. E un conto è farlo consci dell’operazione artistica del rapper di turno: Juice probabilmente non è depresso, è capace di avere una relazione sentimentale normale ed è solo gasato per quel-tipo-di-emo. Un altro è assorbire concetti e sviluppare la propria idea di relazione basandosi su una visione prettamente maschilista e vittimista del rapporto amoroso.

Geneva Ayala, la ragazza che XXXTentacion avrebbe aggredito, in una fotografia postata da lei stessa su Twitter.

Le stesse idee tornano nell’opera di XXXTentacion. “WingRiddenAngel” è un pezzo narrato dalla prospettiva di un uomo che si è suicidato perché innamorato di una donna-angelo che lo ha fatto stare male: “Shhht, stai zitta angioletto / Bottiglietta di pasticche, svenuto sul marciapiede […] Mi taglio le vene per il lungo, non per il largo, voglio sanguinare / Tu fatti crescere le ali, vola via”.

X ha fatto del tormento amoroso la chiave di lettura della sua esperienza di vita, usandolo sia per fini nobili – cioè per parlare di depressione e spingere i suoi ascoltatori a non arrendersi alle loro debolezze – che per pararsi il culo dalle accuse rivolte nei suoi confronti dalla sua ragazza, che lui avrebbe picchiato e rapito mentre lei era incinta. “Mi sono ficcato le unghie nelle braccia / Lei si è girata e ha riso delle mie cicatrici”, diceva in “ALONE PART 3”, dipingendosi come vittima di una donna-diavolo.

Angels & Demons è anche il titolo di un EP collaborativo di Trippie Redd e Lil Wop. Nella prima canzone, “Like a Savage”, Trippie esordisce dicendo “Dice che mi ama, penso di no / L’ho chiamata e l’ho scopata / È innamorata del cazzo”, coronando lo schifoso messaggio che Lil Wop affida al ritornello:

Le ho spezzato il cuore, l’ho guardata piangere e mi sono messo a ridere / Mi hanno fatto male troppe volte, ormai non me ne frega un cazzo […] Quella tipa mi ha spezzato il cuore, giuro, è colpa sua se sono un selvaggio / Ma ogni tanto la chiamo ancora per scoparla, come un selvaggio“.

Lil Peep faceva invece quasi eccezione. Invece di definire la donna un angelo caduto si identificava lui stesso nella figura dell’essere soprannaturale tra sacro e profano, risultando paradossalmente più sincero dei suoi colleghi. Sebbene le sue relazioni siano sempre causa di un dolore che sceglieva di gestire drogandosi e deprimendosi, la sua voce era cosciente di essere almeno in parte colpevole della sua incapacità sentimentale.

Lil Peep, fotografia di Christopher Bethell.

Peep aveva ancora stupide fantasie femminicide (“Preferirei guardarti morire dissanguata / Piuttosto che guardarti mentre te ne vai, come le altre”, cantava in “Pick Me Up”). Si presentava comunque come uno stalker (“Lei dice che si sente in pericolo / Ma che pericolo? / Sono io che la seguo”, dichiarava in “Beat It”). Ma almeno sapeva di essere una persona problematica, e l’immagine dell’angelo-demone lo aiutava a giustificarsi:

“Hai già preso il mio numero? È 666 / Anelli di diamanti, sono un diavolo con le ali d’angelo”
– “Last Fall”, GOTHIBOICLIQUE

“‘Sti occhi hanno visto le cose più strane / Passando nessuno nota le mie ali d’angelo / Mi faccio perché per me la vita non vale un cazzo”
– “Angeldust”

In Italia spesso ascoltiamo rap perché ci gasano le melodie e i personaggi-rapper, non perché capiamo quello che stiamo ascoltando, e quindi le sue implicazioni. Non sappiamo l’inglese e ce ne freghiamo se chi canta è una persona problematica. Ma comunque assorbiamo idee e stili di vita di chi ascoltiamo, ci rifacciamo ai grandi modelli traducendoli nella nostra lingua, diamo validità al loro punto di vista. Il rap è una forma espressiva dominata da uomini che, fedeli alla tradizione misogina cominciata negli anni Ottanta con le parole di Ice T, degli N.W.A. e dei 2 Live Crew, continuano in buona parte ad aderire all’uso di un linguaggio sessista. Le voci maschili che fanno eccezione sono fortunatamente molte e sembrano diventare sempre di più con il passare del tempo: da Chance the Rapper a milo, da Jay Z a Tedua. Ma nel SoundCloud rap queste faticano a fare capolino.

Se il SoundCloud rap ha avuto l’enorme merito di introdurre nel canone hip-hop il grande tema della salute mentale, dall’altro ha aderito all’immaginario emo nella sua declinazione più maschilista e cieca alle istanze femminili in ambito relazionale. Come ha ricordato Tom Breihan di Stereogum in un articolo che è servito da ispirazione a quello che state leggendo, nel 2003 la giornalista Jessica Hopper diede uno scossone all’emo americano riconoscendo la problematicità della figura femminile nell’opera delle più grandi band della sua epoca:

Nelle canzoni emo alle donne viene negata la dignità dell’umanizzazione sia attraverso l’uso del linguaggio che della narrazione. Siamo onnipresenti ma simili a miraggi, solo una conseguenza in scenari romantici.
– Jessica Hopper, “Where the Girls Aren’t”, 2003

Sebbene resti una sottocultura popolata principalmente da uomini problematici che mettono il proprio ego al centro del loro personale discorso amoroso, l’emo ha dimostrato di essere capace di di cogliere le sfumature più sottili degli incastri relazionali che costruiamo in quanto esseri tanto razionali quanto emotivi, e anche di essere esplicitamente femminista. Il SoundCloud rap si è appropriato delle sue sonorità introducendole a un pubblico enorme ma non è ancora riuscito a parlare d’amore senza ridurre una donna a un pezzo di carne, una bitch o una stronza, semmai giustificando i propri comportamenti in nome di un generico senso di edonismo fatalista.

Ragioni storiche e sociali hanno impedito per secoli alle donne di narrare i loro amori, e le arti sono state finora fatte in gran parte dagli uomini. Il che vale anche per la musica, e soprattutto per il rap: voci femminili a cui è permesso di esprimere emozioni complesse in forma-canzone sono ancora una novità per cui ci esaltiamo, sebbene dovrebbe essere la normalità. Perché lo diventi è necessario un impegno comune, un ascolto attento, la voglia di approfondire. Altrimenti possiamo sempre accontentarci di 6ix9ine che rappa dei pompini che si fa fare da ragazze che poi sbatte fuori dalla porta a calci.

Elia è su Instagram.

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