In questa rubrica vi parliamo di un argomento indecente: LA MUSICA CLASSICA. Quel trallalà che viene usato nei quiz quando un concorrente sbaglia, oppure come colonna sonora nei film di Lars Von Trier. Adesso sapete da dove arriva la suoneria fastidiosa del vostro vicino di casa.
Oggi parliamo di Wilhelm Richard Wagner.
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Si potrebbe paragonare Wagner a quella assurda crema chiamata Marmite che spopola in Gran Bretagna. Anche Wagner è appiccicoso, denso, scuro, dal sapore forte e caratteristico che può disgustare: è per questo che dovete prendere una decisione, “you either love it or hate it”.
Non dite di conoscerlo se non avete alcuna opinione a riguardo, perché semplicemente sembrereste impostori o ridicole nullità senza gusto. Sarebbe come se in qualche conversazione sullo scenario musicale industrial definiste gli Swans semplicemente un gruppo “carino” o “fico”: finireste per essere presi a bottigliate in faccia sia dagli ammiratori che dai detrattori.
Effettivamente approfondire Wagner è una faticaccia e vi confesso che per quel che mi riguarda ho avuto difficoltà ad arrivare alla fine della sua pagina Wikipedia e non mi sento ancora pronta a subirne un’opera per intero, per non parlare dell’Anello del Nibelungo (il suo dannato ciclo in 4 parti—ben 15 ore distribuite in 4 giorni—che fa sbavare gli intellettuali di centro-destra). La migliore scusa per non aver mai sentito nessuna delle sue opere per intero è e rimane da sempre “Sono dovuto correre all’ospedale dopo le prime 12 ore per curarmi le piaghe da decubito. Che peccato.”
E poi per poterne parlare in società sinceramente è sufficiente un po’ di snobismo e familiarità coi preludi e con alcuni passaggi orchestrali: quello che succede tra una cosa e l’altra con tutta probabilità non lo sa nessuno, neanche chi va ogni anno al Festspielhaus di Bayreuth.
Pronti a 4 ore di divertimento mattissimo?
Ora che vi accingete a prendere una posizione riguardo a questo argomento musicale altamente controverso, posso comunque darvi qualche consiglio: è bene che sappiate che se decidete di esserne ammiratori non avete scelta, dovete adorarlo, ai concerti scuotere la testa come metallari e a casa fare giochi di ruolo erotici in cui voi e la vostra dolce metà interpretate Tristan und Isolde (4 ore di dialoghi molto lunghi e retorici poi arrivati al dunque vi fate sorprendere da qualche conoscente che irrompe nella stanza urlando in tedesco “Salva te stesso Tristano!”).
Porvi in maniera critica invece consente di scegliere tra un ventaglio ben più ampio di posizioni eleganti e disinvolte. Mi raccomando però, non fatevi prendere la mano dall’odio diventando eccessivamente antiwagneriani, altrimenti sarete giudicati gente dai gusti conservatori e convenzionali e potreste ricevere accuse di avere soltanto questo pezzo classico nell’iPod; senza contare che se non dimostrate di conoscere almeno un passaggio musicale che vi fa meno schifo degli altri potrebbe sembrare che vi siete semplicemente fatti una cultura leggendo qualche acida webzine antiwagneriana (esistono).
Come dice il mio mentore musicale (consiglio anche a voi di trovarvene uno, uno di quei rari eccentrici interessati alla musica classica da tempi insospettabili): “è bene non essere né wagneriani né antiwagneriani, per non dargli alcuna soddisfazione”.
L’atteggiamento di serena antipatia che vi propongo vi consente di sbizzarrirvi in una serie di giudizi ironici, vostri o ereditati da una lunga tradizione. Vi riporto qui qualche perla rara, con cui potete pavoneggiarvi tra un atto e l’altro mentre fumate sigarette col bocchino d’oro (o qualsiasi altra cosa facciate per darvi un tono). Se non provate fastidio per l’umorismo erudito che comprende sporadici giochi di parole in latino, questa è una serie di trasmissioni radiofoniche sui peggio insulti nel mondo della musica classica (la puntata su Wagner è la numero 7).
Uno degli affondi più adorabili rimane quello di Baudelaire: “Adoro Wagner, tuttavia la musica che preferisco è il suono di un gatto appeso per la coda fuori dalla finestra mente cerca di aggrapparsi ai vetri con le unghie”. La frase di Wilde, chiaramente, potete anche usarla senza citare l’autore, e se il vostro interlocutore non lo riconosce saprete di avere a che fare con un impostore peggiore di voi: “La musica di Wagner mi piace più di ogni altra. È così rumorosa che si può parlare tutto il tempo senza che nessuno senta quello che si dice”. Riguardo alle difficoltà nell’ascolto consiglio di non nasconderle affatto ma esibirle apertamente citando il grande Rossini: “Non si può giudicare il Lohengrin di Wagner dopo un primo ascolto, ma di sicuro non è mia intenzione ascoltarlo un’altra volta”. Volendo potete anche sostituire “un primo ascolto” con “l’ascolto dei primi 12 minuti”.
Dai, tentare un primo ascolto non nuoce.
Definiamo adesso quali sono i “tipi” wagneriani più diffusi: esteti omosessuali, fascisti, dannunziani, nazisti, pervertiti sessuali, antisemiti, occasionali invasori della Polonia, regnanti bavaresi con qualche rotella fuori posto, adolescenti dal temperamento focoso e irascibile (tipicamente protagonisti dei romanzi di D’annunzio), arrampicatori sociali. La loro più preoccupante caratteristica non è il gusto per la musica pomposa, ma la traumatica assenza del ben che minimo sense of humor a riguardo, come conferma il mio piccolo aneddoto personale.
Mi trovavo a discutere di Wagner con un ragazzo su cui confesso di aver avuto mire espansionistiche, e proprio per questo con la conversazione cercavo di verificare se la persona in questione fosse frequentabile o appartenesse a una delle sopracitate categorie. Ecco, purtroppo, il tipo a un certo punto dichiara con un pathos veramente poco virile che su di lui Wagner ha l’effetto di un “brivido continuo” [“brivido” così come “estasi” fa parte del glossario di base del wagneriano]. A quel punto per superare l’imbarazzo di un’affermazione del genere e di una scelta di vocabolario così pesantemente omosessuale decido di scherzare su come un brivido di 4 ore sia un effetto fisico piuttosto preoccupante, definibile addirittura convulsione. Sappiate che non sono mai più stata invitata a bere mirto dal personaggio in questione, e ancora adesso mi chiedo se ciò sia accaduto perché era gay o perché era wagneriano.
Capite che la battuta di spirito è per i wagneriani come l’aglio e la croce per i vampiri, la loro sensibilità umoristica potrebbe dirsi offesa se dite di aver trovato che il Parsifal dei Pooh fosse meglio riuscito dell’originale.
Concludo rivelando il mio pezzo preferito: è il preludio a Tristano e Isotta, anche se devo riconoscere che le associazioni che genera nella mia mente sono a dir poco bizzarre: mi fa pensare al contempo a Excalibur, ai momenti più toccanti dei documentari sugli animali, ai baci hollywoodiani e ovviamente alle occhiaie di Kirsten Dunst in Melancholia. Suppongo che questo insieme di immagini sia esattamente ciò che i wagneriani definiscono “estasi”. Ah, se vi interessa sentire come si risolve questo accordo straziante alla fine del secondo atto dopo quel trauma del “Rette dich Tristan!” di cui parlavamo sopra, guardatevi questo, vi farà bene.
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