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Italia

Le logge massoniche stanno inghiottendo Trapani

Secondo Procura e Questura, in città esisterebbe “un vero e proprio potere parallelo in grado di inquinare l'attività amministrativa e la gestione della cosa pubblica".
Foto di Leandro Neumann Ciuffo/Flicrk

"Un vero e proprio potere parallelo in grado di inquinare l'attività amministrativa e la gestione della cosa pubblica": è quanto emerso dall'informativa redatta da Questura e Procura di Trapani, i cui passaggi sono stati pubblicati ieri, martedì 31 maggio, dall'edizione palermitana di Repubblica.

Dal report emergerebbe una diffusione pressoché capillare delle logge massoniche - segrete o scoperte - sul territorio trapanese: 19, e di diverse obbedienze, in tutta la provincia, per un totale di 460 iscritti su 400mila abitanti — tra cui boss, membri delle forze dell'ordine, funzionari di prefettura, medici, imprenditori, politici, amministratori.

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Ben sei di queste logge sarebbero attive nel territorio di Castelvetrano, il paese d'origine di Matteo Messina Denaro, l'ultimo grande latitante di Cosa Nostra. Il comune siciliano risulta essere quello con più iscritti, in proporzione alla popolazione: c'è la Loggia Italo Letizia 345, la Loggia Demetra, la Loggia Enoch, la Loggia Oriente, la Francisco Ferrer, la Hypsas.

Il dossier nasce anche grazie a una delle numerose indagini trapanesi che sono arrivate a toccare i confini di una loggia locale. Stando agli inquirenti, nella città di Alcamo - per esempio - avrebbe trovato luogo un "comitato d'affari" che avrebbe influenzato scelte e "politiche e amministrative," col coinvolgimento dell'ex vicesindaco Perricone, ritenuto vicino alla famiglia Melodia. Stesso meccanismo anche per enti come il Centro per l'Impiego, della quale un dirigente regionale, arrestato di recente, sarebbe stato indicato come "fratello" della loggia Myrhiam.

Stando a quanto temuto dalla Procura, il recente e rianimato "condizionamento tentacolare" della vita politica, sociale ed economica da parte di alcuni gruppi di potere farebbe evincere quanto "la massoneria," in zona, sia tornata a essere "più potente di prima."

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Già in passato, infatti, Trapani è stata una delle 'capitali' siciliane della massoneria: in una famosa inchiesta del 1986, furono scoperte - sotto le insegne del circolo culturale Scontrino - sette logge massoniche, composte da 200 iscritti in chiaro e 100 segreti.

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L'indagine confluì in un processo che portò a sei condanne: il capo della squadra mobile che coordinò le operazioni, Saverio Montalbano, venne rimosso dopo qualche giorno per "uso improprio dell'auto di servizio."

Sempre di recente, nello stesso territorio, un'indagine era arrivata a colpire anche l'ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè, epurato già nel 2011 da papa Ratzinger. Per lui l'accusa era di appropriazione indebita, stalking e truffa, per un sistema che avrebbe coinvolto i fondi dell'8 per mille e gli appalti per la gestione dei centri di accoglienza dei migranti gestiti da una rete di cooperative ed enti riconducibili alla Curia.

Proprio grazie alle intercettazioni, i pm sono riusciti ad arrivare alla massoneria anche in questo caso: aderenti alla loggia, stando ai pm, sarebbero stati sia il titolare della ditta sia il progettista incaricati - senza alcuna gara d'appalto - della costruzione della nuova chiesa, della canonica e del teatro parrocchiale del centro di Paceco.

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L'indagine attuale, coordinata dal procuratore Marcello Viola, mostrerebbe quanto appaia "lecito chiedersi fino a che punto la quotidiana e multiforme attività di enti pubblici non sia subdolamente pilotata dall'influenza di poteri occulti assai più penetranti della purtroppo diffusa logica clientelare, della dilagante corruzione o ancora delle ben note pressioni intimidatorie di chiara matrice mafiosa."

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È sempre dal dossier di questi giorni che si delineerebbe un "clima di tensione, minacce e avvertimenti," e si farebbero nomi importanti della vita pubblica e politica locale e nazionale. Tra i "fratelli" delle logge di zona - la Iside 2, tra le più note - emerge infatti il nome dell'ex ministro Calogero Mannino, la stessa frequentata da boss mafiosi del calibro di Mariano Agate, Natale L'Ala, Gioacchino Calabrò e Antonino Melodia.


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Foto di Leandro Neumann Ciuffo via Flicrk, distribuita su licenza Creative Commons