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Finalmente in Italia il doc sulla cocaina in cucina di Gordon Ramsay

Gordon Ramsay documentario Cocaina

Abbiamo visto Gordon Ramsay urlare in tutte le salse: contro gli chef di grandi ristoranti o il povero ristoratore alle prese con un locale in declino. I programmi di cucina sono pieni della sua faccia – e sopratutto dalle sue urla.

Dopo aver esplorato tutti i mondi possibili della cucina, questa volta in ”Gordon Ramsay: Cocaina al Ristorante”, lo chef è passato a trattare uno dei temi più controversi tra quelli che riguardano tutto ciò che ruota attorno alle cucine. E per la prima volta il documentario è stato trasmesso anche in Italia in chiaro dal canale Nove.

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Che le droghe siano presenti nel mondo della ristorazione non è una novità, ne abbiamo parlato con chi ne ha viste di ‘cotte e di crude’ per oltre 20 anni. E dopo il libro “Kitchen Confidential” del 2000 di Antony Bourdain, il problema è diventato anche di dominio pubblico.

Nello specifico, il documentario viene realizzato nel 2017, l’anno in cui Gordon aveva dichiarato che il mondo della ristorazione aveva un grande problema con la cocaina. E a quanto parte il problema non riguarda solo la ristorazione, visto che la cocaina è la droga più consumata nel Regno Unito.

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Screenshot via canale NOVE

L’obiettivo del documentario è fare chiarezza sulla produzione e il commercio della cocaina.

Lo chef e personaggio televisivo racconta come la scelta di incentrare il documentario sulla cocaina derivi da motivazioni familiari e lavorative: suo fratello Ronnie è tossicodipendente, e nel 2003 il suo capopartita David Dempsey è morto in un incidente proprio dopo aver assunto una grande quantità di cocaina.

Il viaggio di Ramsay nel mondo della sostanza parte da un semplice test per verificare se nei bagni dei suoi ristoranti londinesi ci sono tracce di cocaina, fino a raggiunge le foreste amazzoniche della Colombia, per scoprire l’origine della produzione dalle foglie di coca.

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Mostrando le diverse fasi della produzione della sostanza, del suo trasporto in Europa e della sua vendita al dettaglio a Londra, il documentario riesce ad approcciare la problematica non solo dal punto di vista dei consumatori. Se si considerano tutte le implicazioni di questo commercio, la ristorazione finisce quasi per essere il pretesto per affrontare un argomento complesso e controverso.

Il documentario svela anche l’inquietante processo di lavorazione delle foglie di coca svolto in modo clandestino dai contadini colombiani. Un Ramsay particolarmente sconcertato assiste all’uso di sostanze come cherosene, gasolio, soda caustica e ammoniaca per la produzione dello stupefacente; sono certamente le scene più impressionanti del documentario.

Quando uno degli intervistati – rigorosamente a volto coperto – riscalda il liquido che si ottiene dalla macerazione delle foglie, lo chef, forse un po’ per deformazione professionale, finisce per confrontare il liquido che si ottiene con la melassa e, mentre viene steso per farlo asciugare, Gordon vede delle somiglianze con la fase di temperaggio del cioccolato.

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Il punto meno convincente del documentario è la conclusione, ma sopratutto la soluzione che propone — fornire assistenza psicologica ai dipendenti che hanno problemi di dipendenza da cocaina — pone l’accento solamente sulla responsabilità individuale. Non viene fatta nessuna menzione, ad esempio, alle condizioni di lavoro e agli orari di lavoro, allo stress nelle cucina stellate e non. Quali sono le condizioni materiali che portano chi lavora in una cucina a sviluppare una dipendenza dalla cocaina?

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Inoltre si parla molto dei produttori del Sud America e degli spacciatori delle periferie inglesi abbiamo uno spaccato di vita di chi è meno privilegiato, lo stesso non accade dal lato dei consumatori. L’unica consumatrice che viene intervistata è una donna che viene dalla finanza che racconta di come in una decina d’anni sia arrivata a spendere praticamente mezzo milione di sterline in cocaina. Questo non dà un’idea esaustiva di chi consuma cocaina.

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In fin dei conti un buon documentario, ma con la solita morale sulle droghe che non aiuta davvero. Tuttavia, la scena in cui Gordon racconta un aneddoto, di come una volta dei clienti gli hanno chiesto di mischiare la cocaina insieme a dello zucchero a velo in un soufflé, merita una menzione speciale.

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