Se qualche anno fa avessi scrollato il feed Instagram della tua celebrità preferita, avresti intravisto solo hotel lussuosi, splendidi e scintillanti servizi fotografici o accostamenti di libri e cappuccino fatti a regola d’arte. A riprovarci ora, invece, è probabile trovare un po’ di targhe d’auto a caso, qualche foto sovraesposta di cibo da fast food o un piccione schiacciato in mezzo alla strada.
Cos’è successo? Scopriamolo dando il benvenuto all’era della bruttezza su Instagram. È infatti ormai un bel po’ di tempo che i feed appaiono bruttini di proposito, sia tra le celebrità e gli influencer che fra noialtre persone comuni. Ora siamo attirati dai contenuti più strani e privi di filtri.
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Secondo Jane Macfarlane, art director presso l’agenzia creativa The Digital Fairy, questo stile “anti-estetico” può essere visto come la progressione naturale del photo dump fatto con noncuranza—che è sembrato fiorire all’inizio della pandemia, quando le persone si sono messe a documentare la natura quotidiana delle proprie vite.
“La pratica del foto dump è diventata la premessa dell’anti-estetica,” spiega. “Ha immortalato il casino delle nostre giornate e delle nostre vite, tutto ciò che non apprezzavamo prima della pandemia. In più, serve da strumento di falsa modestia: ‘Persino gli scarti non filtrati della mia vita sono meravigliosi.’
Ma qual è il motivo? Perché c’è stata questa deviazione graduale partita dalle immagini più curate e ricercate, per poi passare alle foto “casual” e infine alle stranezze pure e semplici? Secondo Macfarlane non è tanto una moda in sé, quanto il frutto dell’evoluzione del modo in cui usiamo internet. Le persone più giovani, in particolare, sembrano dare più valore all’autenticità che a un’immagine online troppo ripulita e preoccupata dal proprio aspetto e percezione.
“Ci stiamo abituando a piattaforme come TikTok, che celebrano contenuti dotati di uno stile più grezzo, diretto e personale,” spiega. “L’estetica di Instagram di un tempo non è più attuale. Invece, il caos sbattuto in faccia dell’anti-estetica suona come se i vari creator stessero rigettando i feed tradizionali e i loro obiettivi impliciti.”
Mark Bage, CEO dell’agenzia creativa Not Studio, concorda con il fatto che questa “nuova bruttezza” risponda a un desiderio di percepirsi più autentici e sentirsi degli individui. “Questa anti-estetica è fatta di citazioni e di riferimenti a molteplici livelli di significato, di inside joke e di spirito anarchico,” conferma, “eppure può garantire la protezione del tuo brand personale, dell’azienda o del lavoro dai tentativi di emulazione e assimilazione.”
Eppure, rimane difficile negare che in parte questo tipo di anti-estetica è frutto a sua volta di una ponderata scelta estetica. Un sacco di post di quel tipo possono apparire a prima vista bizzarri, sgradevoli o improvvisati sul momento, ma non sono quasi mai davvero, davvero brutti. La gente non posta foto di qualche infezione fungina alle unghie dei piedi.
È più probabile incrociare qualche persona “normale,” dotata di una bellezza convenzionale e senza trucco; oppure un abito abbastanza elegante in uno specchio sul fondo dell’inquadratura. Come spiega Macfarlane, l’anti-estetica serve anche per affermare “pure al mio peggio, senza filtri e nelle pose più strane, la mia vita rimane figa e interessante.”
Vale anche la pena notare che non si tratta di un fenomeno presente solo su Instagram. È ovunque, come racconta Macfarlane, pensiamo alla “popolarità dei lavori a maglia realizzati da persone visibilmente dilettanti” oppure alla “rinascita delle Crocs,” passando per le persone che cercano di ricreare “occhiaie e borse sotto gli occhi su TikTok.”
“Può sembrare un approccio anticonformista e sinonimo di purezza quello di adottare cose che in precedenza venivano ostracizzate perché giudicate troppo brutte,” aggiunge. “Pur con la nostra tecnologia siamo paradossalmente sempre alla ricerca di nuovi metodi per avere immagini in bassa definizione: la gente è tornata a usare la fotocamera frontale del cellulare, a zoomare al massimo o persino utilizzare telecamere digitali a basso costo per ridurre alla fonte la qualità dei contenuti.”
Dylan Holden-Sim ha 22 anni ed è un ingegnere informatico il cui feed è un miscuglio di meme casuali, foto genuinamente strane e selfie in versione lo-fi. Secondo lui, anche se si tratta a proprio volta di un’estetica dotata di una sua intenzionalità, rimane comunque un valido antidoto ai post troppo rifiniti del passato. “Il ‘feed ben curato’ era diventato sinonimo di post sponsorizzati da tisane e di gente il cui apice era stato durante il liceo. Il pendolo sta solo tornando nuovamente indietro.”
Ma, aggiunge, “questo anti-posting si muove comunque all’interno dell’ecosistema di Instagram e della struttura delle sue transazioni. Per intenderci, continuo comunque a guardare quante persone hanno messo like al mio tentativo di shitposting. Instagram rimane una sorta di CV sociale, con la differenza che sopra c’è scritto ‘Non sono un normie’.”
J. Whitehead ha 26 anni, è una tester di videogiochi ed è raro che posti selfie. Invece, ama pubblicare foto dell’immondizia per strada, uccelli morti nei posacenere o patatine abbandonate. “I feed perfetti e curati a dovere sembrano falsi,” afferma, “nell’accettare e mettere in evidenza la bruttezza del mondo, invece, risiede una sorta di genuinità e sincerità.”
Mi racconta che spesso cerca roba strana da postare online, un’attività che reputa molto più divertente rispetto al dover scegliere meticolosamente la perfetta palette dei colori. “Parte del fascino per me sta nel minimo sforzo richiesto,” spiega. “In questo modo, c’è più tempo a disposizione per essere vivi e presenti nel mondo. Viene da qui il mio feed, dal desiderio di ‘presenza’.”
Le persone con cui ho parlato hanno tutte un’idea leggermente diversa sulla provenienza del “feed brutto”, tuttavia sembrano essere tutte concordi sul fatto che Instagram abbia i giorni contati. Questa anti-estetica potrebbe, infatti, rivelarsi come l’ultima frontiera della piattaforma. “Instagram è ormai una landa desolata di pubblicità per gente di mezza età e bot, proprio come Facebook 7 o 8 anni fa,” conferma Bage.
“Per ora,” aggiunge, “è bello vedere le persone creative abbracciare la bruttezza come una forma di controcultura e una fucina per nuove idee in uno spazio sempre più omogeneo e uniforme.” Insomma, se stai ancora postando le tue belle foto dei piatti al ristorante, smettila. Piuttosto, opta per un pacchetto di patatine calpestato in mezzo alla strada.