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Il mio insano tour dei migliori maritozzi di Roma

Maritozzo tour Roma

Tra tutti gli street food romani, il Maritozzo è quello più antico. Il poeta romanesco Gioacchino Belli, in questo sonetto del 19esimo secolo, parla di una pratica -quella di strafogarsi di maritozzi in tempo di Quaresima, perché unica ricetta che si salva dalle regole del digiuno – ormai quasi del tutto scomparsa, ma certamente molto più antica di quando scriveva.

“Come io nun zò cristiano! Io fo la spesa, oggni ggiorno der zanto maritozzo. Io nun cenavo mai, e mmó mme strozzo pe mmaggnà ott’oncia come vò la cchiesa.”

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Il Belli ne parla anche in un delirante momento da bava alla bocca senza senso, quando scrive un intero componimento con tutti i sinonimi romaneschi del pene. In ogni caso, rimane che il maritozzo ha radici così antiche, che se ne trova traccia già nell’epoca dell’Antica Roma.

Il maritozzo come lo vediamo ora, con la panna, nasce come pegno d’amore dell’innamorato alla sua futura sposa. Mica si chiama così per niente. Alcuni dicono che fosse la donna a regalarlo come dote simbolica, ma è quasi certo che fosse il dolce che si dava alla propria lei con un anello nascosto

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I maritozzi aperti di Regoli. Tutte le foto di Andrea Di Lorenzo

E se una volta era giusto del pane con un po’ di uvetta, oggi è una pagnotta spaccata a metà piena zeppa di panna. Capito? Quindi, tralasciando i discorsi storici e antropologici di un piatto che oggi chiameremmo “Se è porno tolgo”, siamo qui riuniti perché l’ho fatto di nuovo: dopo i supplì, le grattachecche e i cocomeri, ho girato Roma in un tour spinto a base di maritozzi. Dolci, salati, gourmet, tutto.

“Il mio primo maritozzo l’ho fatto a 10 anni”, mi dice Mauro mentre affondo la faccia e godo con il maritozzo numero boh della giornata.

Come da tradizione, io e il fido Andrea Di Lorenzo, sempre pronto a scattarmi fotografie in momenti imbarazzanti, ci siamo imbarcati in un tour de force a colpi di mozzichi. Un giorno e un pezzo per ingurgitare una quantità di maritozzi variabile tra i 10 e i 12. Interi. E sono sempre ripieni, ma non sempre piccoli. Ah, vi anticipo una cosa: forse, tra tutti gli street food, i maritozzi sono gli unici non molto economici. Vanno dai due ai quattro euro e, quindi, chiamiamoli pure lo street food bono, ma da benestanti.

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Tutte le foto di Andrea Di Lorenzo

Nello scenario pietoso di una Roma fatta di pioggia, ci siamo immolati per voi con l’ulteriore complessità data dalla mancanza di una macchina. Mezzi pubblici, scooter sharing e piedini per assaggiare non solo i migliori maritozzi di Roma, ma per testare qualità, prezzo, differenze e particolarità di un dolce che è praticamente l’unico dolce romano.

Maritozzo stellato da All’Oro

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Il maritozzo stellato di All’Oro

La prima tappa è stata la sera precedente il tour. E abbiamo deciso di farla in un ristorante stellato. Perché va bene street food, ma vuoi mettere mangiare un maritozzo su un tavolo tovagliato? In realtà siamo andati dallo chef Riccardo Di Giacinto, da All’Oro per un altro motivo: se oggi potete trovare dei maritozzi salati in giro per la città, il merito è tutto suo. Era il 2007 quando ha deciso che quel panino pieno di panna non dovesse essere pieno semplicemente di panna. Ai tempi veniva servito con broccoli e salsiccia, da inzuppare in una salsa cacio e pepe e prendeva nome di Maritozz’Oro.

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Io e lo chef Riccardo Di Giacinto che fingiamo una conversazione seria sui maritozzi.

Quindi, in attesa del viaggio per le strade di Roma pieni di maritozzi più o meno buoni, quasi tutti pieni di panna, me ne sono concesso uno gastronomico. Due, a dire la verità. Maritozzo ripieno di una crema al pomodoro e basilico con foglie di cappero. Che a pensarci bene gourmet non è, ma cazzo se era buono. Una chiacchiera, una cena, molte bollicine, un pezzo della storia dei maritozzi di Roma. Il giorno dopo sarebbe stata molto più dura.

Roscioli

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Gaetano ci riempie i maritozzi. Accanto a me al bancone, la signora emiliana venuta apposta.

Roscioli è, in tutto e per tutto considerato il top di gamma della gastronomia a Roma. Se nel tour dei supplì ci siamo dovuti accontentare di un supplì un po’ secco, sul versante maritozzo è andata in maniera totalmente diversa. All’ingresso un omino panciuto e sorridente con la scritta “Maritozzi da passeggio” e mi chiedo perché, visto che il locale era stracolmo di gente. No, a quelli piaceva mangiarselo al banco il maritozzo di mattina. Il maritozzo per come lo conosciamo è con la panna. Ma rispetto ai supplì c’è molto meno attaccamento alla tradizione: fondamentalmente è un panino pieno di qualcosa. E da Roscioli c’era il ripieno di ricotta con gocce di cioccolata. Dopo lo sconforto iniziale della marea di gente, abbiamo optato per uno piccolo alla ricotta e uno con chantilly e lamponi.

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Maritozzo alla ricotta

Le persone vengono fino a qui per mangiarsi un maritozzo da tutta Italia e oltre. Accanto una signora emiliana mi dice fiera che è venuta apposta per il maritozzo, come fosse venuta a visitare il Colosseo. Gaetano intanto ce ne riempiva un po’ con maestria. Con la faccia ancora da sonno e due caffè serviti a molto poco, addento questo scrigno cicciotto pieno di ricotta e godo.

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La botta di zucchero mi arriva dritta al cervello e il crunch delle goccette di cioccolata mi sveglia completamente. Due mozzichi e tutto era finito, almeno prima di assaggiare quello chantilly e frutti di bosco. Da Roscioli, oltre alla qualità del ripieno, c’è da mettere in conto la perfezione con cui è fatta la brioche. Che ha un aroma di arancia nel preimpasto e ci sta da Dio. E dal momento che è un locale storico, non poteva mancare la versione antichissima con l’uvetta. Che ci siamo astenuti dal mangiare, ne avevamo un’altra decina da provare. 2,5 euro a maritozzo e via, si riparte. A piedi, alla scoperta del centro di Roma.

Con il maritozzo ci si sporca, sempre

Monteforte

Fino a quel momento la pioggia ci ha graziati. Sarebbe arrivata, ma intanto eravamo arrivati al forno Monteforte. È divertente, perché con un nome così e la posizione praticamente dietro piazza Navona, pensavo fosse un forno antichissimo. Invece ha aperto da un annetto, sostituendone uno caduto in disgrazia. Punto immediatamente il banco coi maritozzi. “Uno con la panna, grazie”. Stavolta non era piccolo, si cominciava a fare sul serio.

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Il maritozzo di Monteforte

Un grosso maritozzo strapieno di panna che abbiamo deciso di scattare fuori proprio quando iniziava la pioggia. I passanti e i commercianti ci guardavano giustamente come fossimo due foodblogger versione hipster barboneggianti, dati i cappellini.

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Il forno Monteforte

Un morso e mi rendo conto di una cosa: con il maritozzo ci si sporca, sempre. Dal momento che quando dico pieno di panna, intendo pieno di panna per davvero, è praticamente impossibile non affondarci il naso per intero. Qualche morso ancora e da quel momento capiamo che, forse, stavolta sarà molto ma molto dura. Pane e panna e repeat, una decina di volte. Piccolo segreto: a me nemmeno piace troppo il maritozzo, ma ho preso questa pallottola per voi.

Coromandel

Mentre passeggiavamo come due perfetti signori che non hanno niente da fare la mattina se non mangiare, la nostra mappa dei maritozzi cominciava a uscire dai binari prestabiliti. “Perché non andiamo da Coromandel?”, mi fa Andrea. “Perché no”, faccio io. Ora, Coromandel è un posto unico a Roma. Una sorta di tempio del buon gusto un po’ sfacciato dove regnano esoterismo, tarocchi e colazioni bon bon (ma di sostanza), che rendono il tutto più straniante ancora. Ma molto piacevole. Insomma, è come stare a casa di Katia, la proprietaria stilosa che porta anelli pazzeschi e ti racconta che è appena tornata da una vacanzetta in una casa sull’albero.

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Ornella, la chef, appassionata di panificazione, mi presenta questo bel maritozzo la cui discussione sul piattino migliore su cui servirmelo è stata oggetto di dibattito acceso. Qui il dettaglio è ossessione pura. E mi piace parecchio.

Migliori maritozzi di roma

Già piuttosto inebriato dai maritozzi precedenti, lo guardo, guardo intensamente quella panna negli occhi e addento. Ve lo dico già da subito, quello di Coromandel vince il premio come miglior impasto del tour, un premio appena inventato di cui sono quindi i primi vincitori. Lievito madre, aromi, morbido, il tutto pieno di una panna fatta in casa zuccherata alla perfezione. Dopo essercelo sbafato e un sacco di chiacchiere con Katia su oroscopi e su dove avesse preso i suoi anelli stupendi, ci siamo riavviati verso una nuova avventura di ciccia e panna. O forse no.

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Il maritozzo con pasta madre di Coromandel.

Come ho detto prima, non ci sono regole per il maritozzo. Puoi riempirlo con quello che ti pare. E quindi è nato tutto un filone di maritozzi salati che, sarò sincero, mi hanno sempre fatto un po’ storcere il naso. Ma siccome era mezzogiorno inoltrato e la nostra capacità di ingerire panna si era esaurita a livelli senemangioancoraunmorsovomito, era giunto il tempo di guidare le gambe verso Trastevere.

Maritozzo Rosso

In uno dei vicoli infrattati del rione più bello di Roma, c’è una piccola entrata, quella di Maritozzo Rosso. Ora, Maritozzo Rosso è stato, qualche anno fa, il precursore del modello della maritozzeria, chiamiamola così. Il maritozzo, che quando sono arrivato a Roma era l’ultimo dei miei pensieri gastronomici perché non se ne parlava così tanto, oggi è un pieno trend della Capitale. Roba che da tre anni fanno un Maritozzo Day. Che quest’anno, tra l’altro, vede 70 esercizi di Roma e l’obbligo di mettere nel maritozzo qualcosa di rosa. Parte del ricavato andrà infatti in beneficenza per la lotta contro il cancro al seno.

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Il Maritozzo alla Picchiapo’ di Maritozzo rosso. Con un sacco di formaggio.

Comunque, Maritozzo Rosso serve maritozzi in tutte le salse. Da quello Picchiapo’, a pollo curry e mele passando pure per un wok di verdure. E abbiamo deciso per Picchiapo’, un lesso di carne avanzato dal brodo tuffato in pomodoro e cipolla. Un classico. Forse perché abbiamo impiegato troppo per fare le foto, sta di fatto che era un po’ mollaccione e con poco sale. Ma quello alle verdure invece era più interessante: una bella swokkata (Treccani, mi senti?) di verdure tagliate grosse alla cinese ficcate dentro un maritozzo.

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Il Maritozzo con verdure wok.

Dar Maritozzaro

Come ogni tour che si rispetti, c’è una parte di piacere e una di pellegrinaggio. Che vi piaccia o meno, a Roma, c’è sì un nuovo trend del maritozzo. Ma come la modernizzazione insegna, molti dei maritozzari storici sono scomparsi. Se oggi dici “dove prendo un maritozzo?”, la prima risposta pavloviana sarà: DAR MARITOZZARO A PIAZZALE DAA RADIO. Dar Maritozzaro è la storia del maritozzo e dello street food romano.

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Mauro ha fatto il suo primo maritozzo a 10 anni.

Aperto da prima degli anni ’60, qui si monta ancora la panna con un attrezzo meccanico antico. Aperto dal padre Antonio Agostini, frequentato da sempre dai romani veraci, oggi è gestito da Mauro e Emilio, i due gemelli del maritozzo. Sul bancone capeggia un cartello su cui è scritto “Non abbiamo nessuna pagina su Facebook o Instagram”.

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E qui si mangiano fondamentalmente due maritozzi: quello con la panna e quello con la panna e una schizzata di Nutella. Non proprio una “sorchetta doppio schizzo”, che ha una base diversa, ma quasi. Anzi pure meglio. “Il mio primo maritozzo l’ho fatto a 10 anni, facevamo l’impasto a Testaccio.”, mi dice Mauro mentre affondo la faccia e godo con il maritozzo numero boh della giornata. “Il record l’ha fatto una ragazza: si è mangiata sei (SEI) maritozzi grandi uno in fila all’altro.”

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Il maritozzo panna e nutella. Cioè.

E mentre finivo il primo e mi preparavano quello con una schizzata di nutella, mi immaginavo questa eroina della notte che, magari dopo una serata, forse in botta o forse no, ingollava un maritozzo dietro l’altro senza dire una parola. Innamorato. Dar Maritozzaro, nell’immaginario comune di migliaia di ragazzi usciti dalle serate, è anche il signore che stava in cassa e diceva al banco “UNO COLLA PANNAAA”. Potete vederne anche un video in qualità davvero bassa fatto con un Nokia .preistorico.

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La macchina meccanica con cui montano ancora la panna da Il Maritozzaro

Marì

Tanta panna, troppa panna. Il tempo di vedere che Caffè Merenda, dove saremmo andati volentieri, era chiuso e ci siamo diretti verso Monti. Per un altro po’ di maritozzi salati. Su via Urbana, un po’ fighetta un po’ antica, è sorto Marì, un nuovo format di maritozzi: dal salato al dolce. Come ho già detto sta cosa del maritozzo salato non mi dice niente, e invece. Qui il pane viene fatto da Roscioli, secondo le loro ricette, e a gestire il tutto ci pensano Emiliano e Pulika, compagni di scuola ai tempi, maritozzari oggi.

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Il maritozzo alla curcuma e bollito di Marì. Eh.

La filosofia di Marì è quella di fare i maritozzi perfetti, dall’impasto al ripieno, scegliendo solo i prodotti migliori della terra che il maritozzo rappresenta. La mortadella è di Artigian Quality, per dire. Non amo i maritozzi salati perché spesso il sugo all’interno bagna troppo la brioche e viene una porcheria moscia.

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Qui non succede. Dal pollo alla cacciatora a quello vegano con il pane alla curcuma e formaggio di anacardi. Ogni pane ha il suo companatico. Noi non abbiamo resistito a quello di bollito coi pinoli e il maritozzo base curcuma. Sodo, grondante, ciccione, sapido. Uno dei migliori che ci siamo mangiati in questo solito tour di cibo e follia. “Il progetto è aprire il laboratorio. Per ora il pane lo fa Roscioli, mettendo vaniglia e arancia per quelli dolci e niente in quelli salati”, mi dice Emiliano. Fanno pure una sorta di sushi a base di maritozzini. Perché sembrano onighiri ;)

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Regoli

Il maritozzo come lo vediamo ora, con la panna, nasce come pegno d’amore dell’innamorato alla sua futura sposa. Mica si chiama così per niente. Alcuni dicono che fosse la donna a regalarlo come dote simbolica, ma è quasi certo che fosse il dolce che si dava alla propria donna con un anello nascosto. Questa storia dell’anello me l’hanno raccontata nell’ultima tappa del tour, che coincide con il mio maritozzo preferito. Il maritozzo Supremo. Quello della pasticceria Regoli. “Questo posto ha aperto nel 1916 come pasticceria e pizzeria a legna. Si usava così,” mi dice il signor Carlo Regoli in persona con un sorrisone.

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Carlo e Laura Regoli. Nella loro pasticceria attiva dal 1916, con il maritozzo più buono di Roma.

A quanto pare la pasticceria si limitava a maritozzi e poco altro, poi il forno è diventato frigorifero per tenere in fresco i dolci e la pasticceria si è allungata. La vetrina di Regoli ha delle cose ripiene da urlare in mezzo alla strada.

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E il maritozzo ne è il Re. “Ci sono persone che vengono dal Giappone per mangiare un nostro maritozzo.” E non era borìa, avevo due giapponesi accanto e tre erano usciti poco prima. Io non so bene come descrivere il maritozzo di Regoli. Innanzitutto è l’unico aperto completamente, e non solo tagliato. E poi: avete presente quando si fa l’amore e ci si mette a ridere per nessun motivo al mondo? Ecco, uguale. Lo mangi con la bocca e pure con il naso, completamente immerso nella panna che annusa e gode e i sapori fanno una danza sconosciuta e tu hai gli occhi rivolti e la serotonina ha preso il totale controllo del tuo cervello.

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Ecco, questo è il maritozzo di Regoli. “Noi veniamo da Noentano, in Toscana. Io e mia moglie siamo tornati a questa attività di famiglia perché ero l’unico rimasto.”, mi dice Carlo accanto alla moglie Laura.

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Era così buono che non ci credevo.

E così finisce anche questa saga: con il cuore pieno di panna e il sorriso dei signori Regoli. Un po’ appesantito, ancora una volta, qualche neurone fulminato. Ma va bene così, per raccontare il cibo di Roma questo e altro.

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