Música

“Mona Lisa” di Lil Wayne e Kendrick Lamar è un capolavoro

La strada che ha portato a Tha Carter V di Lil Wayne è stata lunga. L’uscita del disco è stata ostacolata da cause, riconciliazioni e altre cause, e quindi abbiamo potuto sentirlo ben sette anni dopo i primi teaser. Tra le 23 tracce dell’album (tante ma in questo caso va bene così, abbiamo già aspettato abbastanza), la più discussa e anche la più attesa è sicuramente la collaborazione tra Wayne e Kendrick Lamar, “Mona Lisa” prodotta da Onhel & Infamous. A un primo ascolto la traccia, anticipata inizialmente nel 2014 da quel disgraziato di Martin Shkreli, sembra non avere nessun tipo di ritornello ma essere solo una sequenza di barre e barre e altre barre. I due si alternano raccontando la storia di una donna che incastra il suo fidanzato e lo fa derubare. Ma la cosa davvero interessante della traccia è che rappresenta la perfetta sublimazione del rapporto tra i due rapper, dopo anni di omaggi di Lamar nei confronti di Wayne.

Lamar ha sempre parlato apertamente del suo amore profondo per il rapper di New Orleans. Lo cita direttamente nella celebre “Humble”, quando dice “Soprano C, we like to keep it on a high note”, un riferimento a una rima di Wayne nel mixtape Sorry 4 The Wait 2. Possiamo addirittura tornare indietro fino al 2008 quando Lamar (con lo pseudonimo di K.Dot) pubblicò C4, un mixtape contenente solo rilavorazioni di brani di Wayne, approvata da lui in persona. Il che era un po’ imbarazzante, diciamolo, ma anche divertente: è bello, oggi, sentire un giovane Kendrick trarre ispirazione dalla cadenza e dai cambi di tono che sarebbero ben presto diventati il tratto di riconoscimento dei suoi versi rapidi e modulati. Kendrick era uno studente modello, un perfezionista che cercava di riprodurre rime e parole esattamente come quelle del suo idolo. Così, quando i due si sono incontrati per la prima volta nel 2014 su “Buy The World” di Mike Will Made-It è stato… deludente, diciamolo.

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L’artwork di “Buy The World”, cliccaci sopra per ascoltarla su Spotify.

Sia chiaro, non c’è nulla che non va in “Buy The World”. È un pezzo intriso di melodia e ha un ritornello memorabile. Lil Wayne è in ottima forma e appena aumenta il tempo dicendo “Lord, help us Lord, my bitch is beautiful, Helen of Troy” non si ferma più. Kendrick fa più o meno lo stesso: tiene alto il ritmo del flow e ci ficca dentro un bel po’ di riferimenti al suo cazzo, specificando—come ha sempre fatto—che non è gratis. Ma il pezzo suona sconnesso ed è abbastanza palese che le strofe degli artisti siano state registrate separatamente e poi assemblate da Mike Will. “Buy The World” non era una vera collaborazione e non conteneva nulla della sintonia e degli scambi vocali acrobatici che ci aspetteremmo da Wayne e Kendrick. Ed è per questo che invece oggi “Mona Lisa” sembra un capolavoro, un’istantanea perfetta di due artisti eccentrici, ora allo stesso livello, che danno libero sfogo alla loro creatività.

Sebbene non ci siano certezze a riguardo sembra che “Mona Lisa” risalga al 2016, dato che nella sua strofa Kendrick cita l’oggi ritirato Kobe Bryant, chiamandolo con il suo soprannome “Black Mamba”: “Chillin’ with the Laker, on the floor, fourth quarter / Four minute on the clock, Black Mamba with the ball”. Non è tanto una lezione di rap quanto un pezzo a metà tra il divertente e serioso, una celebrazione di quei toni vocali e di quegli attacchi che hanno definito la carriera di Lil Wayne rendendolo un artista enormemente influente.

L’artwork di Tha Carter V, cliccaci sopra per ascoltare “Mona Lisa” su Spotify.

Wayne inizia con un registro basso prima di lanciarsi in una raffica di versi in cui alza il tono fino a un punto di rottura, che tocca quando rappa “Turn that shit down and I scared the piss out of him / Piss a n***a off, put a gun to his frown.” Da lì in poi abbassa il ritmo, conducendoci per mano fino al ritornello. È un pezzo pieno di autotune, in pieno stile Wayne-degli-anni-dieci. Lamar prende il testimone e porta avanti le strofe seguendo lo stesso schema, alternando il suo registro naturale all’autotune. E poi ci aggiunge delle sezioni di archi perché, be’, è Kendrick.

Quello che colpisce di più nel pezzo è l’interpretazione di Lamar, che si supera calandosi nei panni del suo personaggio: un partner esaurito e fuori di sé, la cui voce si spezza e squilla man mano che perde il controllo. Wayne ha sempre giocato con la sua voce, assumendo un tono quasi alieno, ma perlopiù ha una sua zona di conforto in cui si sente al sicuro. Wayne suona sempre come Wayne, mentre suoi eredi e ammiratori come Young Thug e Kendrick si sono spinti oltre portando il suo stile vocale all’estremo, fino a diventare quasi irriconoscibili. Involontariamente, Wayne ha come ispirato una sorta di gioco di ruolo: io, rapper, interpreto un personaggio e gioco con la mia voce per riflettere quello che mi passa dentro.

Il bello di “Mona Lisa” sta però principalmente nel fatto che ogni verso potrebbe funzionare bene come chiusura del pezzo. Una bella canzone dovrebbe terminare con un culmine che ti lascia una sensazione di potenza, soddisfazione, anche esaurimento. Wayne è un maestro di quest’arte e Kendrick ha sicuramente imparato molto da lui. Prendete ad esempio qualsiasi cosa abbia fatto Wayne tra il 2005 e il 2008, in particolare la sua strofa in “We Takin Over” di DJ Khaled. E poi ascoltate Lamar sul remix di “Ridin’ Roun Town” di Casey Veggies o in “Fuckin’ Problems” di A$AP Rocky. “Mona Lisa” mette assieme queste loro capacità di essere diretti e incisivi di parola in parola. Non è il solito passaggio di testimone tra il rapper “commerciale e di successo” all’ex studente che dimostra di aver imparato a perfezione la lezione. È molto di più.

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