A Matteo Salvini, come se fossimo in “Penso Positivo” di Jovanotti, piace un sacco spedire “bacioni” in giro per il globo: si parte da Michela Murgia per arrivare a Spike Lee.
Nelle ultime ore, a questa lunga lista ha aggiunto tre liceali, colpevoli di aver partecipato alla manifestazione studentesca di qualche giorno fa esponendo un cartello con un riferimento a piazzale Loreto, e subito ricompensate con un post sulla pagina Facebook del “Capitano.”
Come stanno segnalando in molti sui social, e com’era prevedibile, i seguaci del ministro dell’interno hanno dato il meglio di loro con commenti di questo genere: “Anche in viale Zara c’è posto per voi…..Visto che voglia di studiare non ne avete, magari siete più brave a fare altro 😂😂😂😂😂”. Sullo stesso tenore, poi, le tre diventano vogliose “dell’uccellone nero che le farà schiave” e sono “meno meritevoli della vita della povera Desirée.”
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Ora, non sono certo io il primo ad asserire che la comunicazione di Salvini—e quella di ogni politico arrivato prima di lui: pensiamo ai comunisti per Berlusconi, i “vecchi” per Renzi, la casta per Di Maio—si basi sul nemico.
Per quelli precedenti, però, sembrava un nemico più localizzato; per Matteo Salvini, invece, è più un ‘ndo cojo cojo. E se già è di una bassezza disarmante attaccare sul personale qualcuno in una posizione più vulnerabile, aizzandogli contro le folle (il caso del ricercatore Raffaele Ariano è esemplificativo), non è neanche quantificabile quanto sia vile farlo con degli adolescenti.
Da padre, ovviamente, Salvini se l’era già presa con dei ragazzi, ma—a memoria—non era mai andato così sullo specifico. Finora aveva attaccato gruppi di manifestanti giovani, che secondo lui erano solo alla ricerca di una scusa per bighellonare, manifestando e scioperando contro di lui. Per dimostrare quanto avesse chiara nella sua mente la psiche di questi giovani, tra l’altro, Salvini arrivò a sostenere che persino suo figlio era uno di quei manifestanti.
Ciò che ha fatto Matteo Salvini è comunque giuridicamente lecito: per postare la foto di un minore sui social si deve avere il consenso di entrambi i genitori, mentre per prendere la foto di una manifestazione già postata sui social e ricondividerla non bisogna chiedere il permesso a nessuno.
Il punto però è politico; e sembra assurdo che un Ministro non conosca le conseguenze di un gesto di tale portata e che soprattutto, oggi, non se ne curi. C’è poco da sorprendersi, tuttavia: si tratta dell’ennesima mossa cinica—in un sistema che fa del numero il proprio vessillo, non si può parlare di errore—del team di comunicazione di Matteo Salvini, ancora oggi osannato da chiunque nonostante sparga di continuo notizie false e bufale sui migranti.
Qui però stiamo parlando di buttare in pasto a una platea di oltre 3 milioni di persone (per limitarci alla sua pagina Facebook) tre studentesse, con un’assoluta sproporzione di forze in campo. E tutto ciò senza che il leader leghista ne paghi le conseguenze—come invece farebbero in caso di querela i commentatori, che per quanto di parte sono una pedina in questo sadico gioco.
Insomma, è davvero qualcosa che va oltre il limite normale di decenza; anche se, superato il limite base di normale decenza, ormai vale tutto.
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