“Una mattina mi son svegliato / O Bello Fi, Bello Fi, Bello Figo Gu”

Domenica scorsa mi è successa una cosa: ero a pranzo con tutta la mia famiglia e il telegiornale ha passato un servizio su Bello Figo. Contrariamente a quanto capita di solito quando si tratta di rapper italiani che raggiungono un minimo di notorietà, stavolta non ho dovuto spiegare a nessuno—nemmeno a mia madre—chi fosse, cosa facesse, come mai fosse in televisione. Quando ci ho provato, mi sono sentito rispondere: “Sì so chi è, ho sentito qualcosa.” 

È stato quello il momento in cui la fama di Bello Figo mi ha veramente sconvolto—il momento in cui ho capito veramente la portata del suo successo. 

Videos by VICE

È passato circa un mese da quando Bello Figo è stato invitato come carne da macello a  Dalla vostra parte, il salotto buono dell’indignazione gentista di Rete 4, per essere presentato come “il profugo [che] si vanta: non pago l’affitto” e finire a dabbare in faccia alla Mussolini. Da quel momento—un momento particolarmente alto per la televisione italiana—sono cambiate molte cose. Bello Figo non è più stato lo stesso. “Non pago affitto” non ha più avuto lo stesso significato.

Fino ad allora, Bello Figo era poco più che un fenomeno di internet. Era noto per essere il capostipite di quella scena lolrap esplosa intorno al 2012 con i vari Trucebaldazzi e simili, solo che rispetto a questi era l’unico personaggio del genere a essere rimasto in qualche misura rilevante. Era partito da hit completamente sceme come “Mi faccio una sega,” aveva attraversato un “periodo SEO” in cui in pratica faceva canzoni tutte uguali sul tema del momento e aveva raggiunto una specie di zona di comfort in cui sembrava essere diventato un rapper vero e proprio, una specie di Riff Raff italiano. 

Poi ha fatto uscire i suoi due pezzi più famosi, “Non pago affitto” e “Referendum Costituzionale.” Ovviamente (almeno credo) dietro non c’era alcun intento politico—Bello Figo deve aver semplicemente deciso di cavalcare temi di cui si parlava e l’operazione gli è riuscita particolarmente bene. Poi c’è stata la sua ospitata in televisione. 

Da un giorno all’altro, dopo essere finito in tv, Bello Figo è diventato una specie di icona pop: le visualizzazioni dei suoi video sono raddoppiate e con esse anche i commenti indignati di persone che lo fraintendevano. Come spesso capita con i fenomeni di internet, la bolla era scoppiata e il joke era arrivato anche a persone che non potevano capirlo. È successo tutto in un lampo. 

Il trend delle visualizzazioni giornaliere di “Non pago affitto.”

In questo stesso lampo, Bello Figo è passato da essere uno che cantava canzoni sulla pasta col tonno a diventare un personaggio scomodo, una specie di icona di tutto ciò che la destra italiana odia: il feticcio Voodo su cui si sono concentrati gli sforzi censori e le intimidazioni di fascisti e razzisti di ogni tipo.

Pensiamo solo agli ultimi mesi. Da dicembre a oggi, Bello Figo si è già visto annullare ben tre concerti—a Brescia, Mantova e Legnano—per “motivi di sicurezza.” A Mantova sono addirittura comparsi dei manifesti contro di lui sui muri della città e dopo l’annullamento dell’evento il sindaco ha dichiarato che “questa personalità creava una situazione di tensione.”

Lo stesso è accaduto anche a Brescia e a Legnano: quando i locali in cui avrebbe dovuto suonare hanno creato l’evento Facebook della serata, subito sono stati ricoperti di commenti offensivi, insulti razzisti e in certi casi persino minacce, finché non sono stati costretti per sicurezza ad annullare tutto. 

Questo fine settimana Bello Figo dovrebbe suonare a Torino e sulla pagina dell’evento—dove tra l’altro viene definito, con una lieve esagerazione, un “intellettuale”—ci sono già decine e decine di commenti di questo genere: “fate schifo,” “vi auguro che vi bruci il locale,” “fate saltare sta minchia di serata inutile.” E da un mese a questa parte lo stesso tipo di commenti riempie anche, quotidianamente, la pagina Facebook di Bello Figo. 

Ma mentre c’è chi lo insulta, c’è anche chi ha iniziato—più o meno consapevolmente—a fare uso dei suoi gesti e della sua musica con un intento tutt’altro che denigratorio.

Un esempio che da solo basta a spiegare il concetto: sabato scorso a Milano c’è stato un presidio di Forza Nuova e un gruppo di ragazzini lì per caso si è messo a dabbare davanti ai fascisti ascoltando “Non pago affitto” a tutto volume. Com’è potuto accadere? E soprattutto: come mai si è parlato molto più di questo che non della contro-manifestazione ufficiale organizzata dall’ANPI in quelle stesse ore?

Bello Figo è diventato qualcosa di più, qualcosa di politico?

“Non credo che Bello Figo sia un’icona dell’antifascismo,” mi ha detto Pablo, un ragazzo che sabato era proprio a quella manifestazione. “Credo piuttosto che sia diventato un’ossessione dei fascisti, perché fa un’operazione abbastanza semplice: prende i discorsi da bar qualunquisti e razzisti e ci fa questa specie di rap sbilenco. Così facendo è diventato l’ossessione delle persone che quel linguaggio che lui scimmiotta lo usano davvero.”

A suo dire, però, quest’operazione—che per sua natura funziona molto bene su internet—è diversa e non può sostituire l’antifascismo delle manifestazioni. “Dei ragazzi hanno protestato in quella maniera, altri hanno protestato manifestando in piazza: sono modi diversi, non ce n’è uno migliore,” mi ha detto. Non crede nemmeno che una forma di protesta di questo tipo possa diventare comune e sostituire le manifestazioni vere e proprie, perché a suo dire queste cose “se le studi a tavolino non funzionano.”

Un graffito su un treno dedicato a Bello Figo

Non è una posizione strana: all’interno dell’estrema sinistra italiana c’è una forte spaccatura su questo tema—una spaccatura che probabilmente riflette divergenze pre-esistenti, a cui Bello Figo in questo caso ha fatto senz’altro da catalizzatore.

“Il movimento è abbastanza spaccato, dopo averlo visto su Rete 4 c’è stata una polemica interna tra chi lo sosteneva e chi no,” mi ha detto Ivan, un attivista dei movimenti di estrema sinistra. “Chi critica Bello Figo da questo punto di vista sostiene che la sua rappresentazione caricaturale del razzismo farebbe più danni che altro perché, risultando incomprensibile, contribuirebbe ad alienare un sacco di gente che, in teoria, potrebbe venire convinta con il dialogo.”

“Io però non credo che ci sia una singola persona sotto i 35 anni che non capisce che Bello Figo è ironico—o meglio, ci sono, ma quelle che ci sono sono irrecuperabili. E secondo me non si può fare una ricerca del consenso al punto da non poter nemmeno più essere ironici: non ci si può appiattire sul termine medio, su quello che viene capito da tutti tutti,” mi ha detto ancora Ivan. 

D’altra parte, è innegabile che l’operazione fatta da Bello Figo sia efficace. Nel caso della manifestazione di sabato, la risposta “istituzionale” è passata in sordina perché è risultata fiacca, vecchia, priva della carica provocatoria.

“Bello Figo è provocatorio, è arrogante, prende per il culo e questa è una cosa che noi come movimento avevamo negli anni Settanta ma poi abbiamo perso completamente,” mi ha detto ancora Ivan. “In più si pone in modo ironico. Sta dimostrando che i linguaggi utilizzati dall’estrema sinistra italiana sono vecchi, incapaci di comunicare con i giovani—si fanno ancora manifestazioni con i concerti dei 99 Posse come 20 anni fa.” 

Ecco, in un certo senso Bello Figo sta diventando quel tipo di artista politico—suo malgrado, e anche se il massimo messaggio politico che ha lanciato nelle sue canzoni finora è una cosa tipo, “Ho fighe sul cazzo / perché sembro Berlusconi.” 

E qui si tocca un altro aspetto. La sua operazione è furba ma, a mio parere, in una certa misura inconsapevole delle implicazioni. 

Qualche giorno dopo l’ospitata televisiva che l’ha lanciato nel mainstream, su Dinamopress—un sito della galassia dell’estrema sinistra— è comparso un articolo in cui si spiegava come Bello Figo avrebbe “distrutto la retorica ventennale sul tema dell’immigrazione, sia della destra che della sinistra.” “La sola presenza di Bello Figo umilia gli interlocutori, svilisce i loro contenuti politici,” scriveva l’autore. “Ma è proprio questo il punto centrale: ormai non hanno più contenuti politici da diffondere, soltanto forma. E in quella forma si fanno battere da un personaggio ancora più assurdo di loro.”


Ne ho parlato con Ivan, che in un certo senso mi è sembrato d’accordo. “Non è politico nel senso classico del termine, però ti parla della vita. Anche su Rete 4 diceva, ‘Sì, faccio queste canzoni perché comunque quelli sono miei amici, sono esseri umani che hanno bisogno di internet per parlare con le loro famiglie.’ Così facendo fa vedere che i migranti sono persone normali come noi, con pregi e difetti, soggetti con qualcosa da dire.” 

Al di là del trolling nei confronti della destra xenofoba, dunque, la sua operazione ha anche un’altra conseguenza: mette in crisi la retorica della sinistra, i messaggi sui ‘poveri migranti’ considerati poco più che un artificio retorico. Insomma, ha concluso ancora Ivan: “oggi quello che lui rappresenta va ben oltre quello che è e quello che vuole rappresentare.” 

Mentre parlavamo, Pablo mi ha citato il caso di “Guilty of being white,” un pezzo dei Minor Threat, un celebre gruppo punk americano, che è un esempio al contrario di quello che è successo con “Non pago affitto.” La canzone parla di far parte di una minoranza e subirne le conseguenze, ribaltando la questione razziale a partire dall’esperienza personale del cantante (bianco) dei Minor Threat che andava in una scuola a maggioranza nera. Proprio questo ribaltamento, però, non è stato capito e la canzone è diventata una specie di inno per i neonazisti dell’est Europa.

“Funziona così, ognuno prende le cose e le utilizza a proprio uso e consumo,” mi ha detto Pablo. Il caso di Bello Figo è simile: la sua canzone è provocatoria ed è arrivata nel momento giusto, e adesso c’è gente che la sta caricando di un significato di protesta che in origine non aveva.

Il fatto che Bello Figo stia acquisendo questo significato per l’azione spontanea di un gruppo di ragazzini e non per un tentativo cosciente di farlo proprio da parte del movimento è, a mio avviso, sintomatico della debolezza della sinistra di oggi—anche se, a dir la verità, qualche tentativo in questo c’è stato.

Così com’è sintomatico che di fronte alle intimidazioni che ha subito nelle ultime settimane, non ci sia stata da parte del movimento una presa di posizione netta. “Il fatto che Bello Figo abbia generato questa dinamica di divisione è positivo: a noi interessa che la società sia costretta a scegliere da che parte stare,” ha concluso Ivan. “Come movimento bisognava fare questo, abbiamo perso un’occasione per stare dietro a una cosa che sarebbe stata compresa da tantissime persone.”

In tutto questo, non bisogna fare di Bello Figo molto più di quello che è—una provocazione, tanto per cominciare, il cui aspetto politico è più nell’occhio di chi guarda che nelle sue vere intenzioni. “Non pago affitto” non è la nuova “Bella Ciao” insomma. Ma pur con i suoi difetti e i suoi limiti ha preso posizione molto chiaramente—e in questo non si può non sostenerlo.

Segui Mattia su Twitter