Selfie, prostituzione e frasi motivazionali: il lato NSFW di LinkedIn

L’homepage di LinkedIn.

Messaggi diretti che ti invitano a iscriverti a gruppi strani; foto di persone che fanno “buone azioni”; banchieri di mezza età che discutono di tette; un’ondata costante di frasi motivazionali nelle quali Salvador Dali, Steve Jobs e Muhammad Ali impartiscono perle di saggezza che non hanno assolutamente nulla a che fare con la ricerca di un lavoro: basta una breve visita al social più grande del mondo per i professionisti per notare che qualcosa è cambiato.

Da un po’ di tempo, infatti, in molti cercano di rendere il proprio profilo virale nella speranza che potenziali datori di lavoro si accorgano che sono bravi a ri-postare meme e offrano loro un posto in uno studio legale o alle pompe funebri. Di fatto, ammette la responsabile delle comunicazioni dell’azienda Crystal Braswell, è l’evoluzione del social network in qualcosa di più simile a Twitter e a Facebook che spinge gli iscritti a cercare di generare post virali.

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Anche se Crystal sostiene che ci sia una connessione diretta tra la ricerca di contenuti virali e la crescita professionale, molti non sembrano apprezzare la novità, lamentandosi di “foto inappropriate”, e dei molti messaggi di spam di “propaganda politica” che si vedono comparire sulla bacheca.

Nonostante ciò, Crystal dice che i 250 milioni di utenti di LinkedIn ora sono “più coinvolti che mai.” Ma cosa si può trovare di preciso su LinkedIn?

FRASI MOTIVAZIONALI

Immaginati questa scena: sei a un festival, ti sei preso una pastiglia, non trovi i tuoi amici, quindi decidi di salire su una montagnetta e ballare da solo per un po’. Sei meno lucido del solito, e non ti accorgi di alzare le mani e assumere espressioni strane.

~ ~ ~ ~ ~ qualche anno dopo ~ ~ ~ ~ ~

Ti hanno detto che un profilo LinkedIn si trasformerà in uno stipendio a quattro zeri, quindi hai deciso di iscriverti. A una prima occhiata tutto sembra nella norma. Il tuo compagno di università ti incoraggia a investire meglio il tuo tempo, una tua amica ti ha contattato per dirti che c’è un posto di lavoro allettante nell’azienda di logistica per la quale lavora, nel caso stessi cercando qualcosa

Aggiorni la bacheca e il tuo intero sistema nervoso centrale viene investito da un’ondata di paura. Qualcuno ha condiviso il video della tua danza con i suoi contatti, e ci ha aggiunto una frase motivazionale.

“Magari vedo un post del genere, sono nel bel mezzo di un giorno lavorativo impegnatissimo, e aiuta a staccare,” dice Crystal. “Per alcuni può essere un’interruzione produttiva.”

Generalmente i video della gente che balla non mi motivano molto, quindi scorro nella mia bacheca LinkedIn. Qualcuno ha messo mi piace alla storia di un neonato che dà alla mamma la più dolce delle due mele che ha davanti. L’intento del post è di “migliorare le tue capacità di giudizio in quanto professionista.” Ovviamente. Poi, la mia attenzione viene catturata dall’immagine dell’undicesimo presidente dell’India, APJ Abdul Kalam. Una frase a lui attribuita recita: “La definizione del successo: quando la tua ‘firma’ diventa il tuo ‘autografo’.” Mi guarda gioioso, prendendomi in giro con il suo sorriso.

Nessuna di queste cose mi ha motivato. Al massimo mi hanno fatto sentire peggio. Ho 27 anni e la mia firma non è considerata un autografo da nessuna persona sulla faccia della terra.

STRANI MESSAGGI EMOTIVI

Quello del lavoro è uno strano mondo in cui sopravvivono solo i più forti. Può essere piuttosto dura. Alle volte è così dura da accecarti completamente l’occhio della mente, pervaso da cartelle di fogli e moduli da riempire, facendoti perdere di vista le difficoltà dei nostri simili.

Ed è qui che vengono in nostro aiuto i post alla Humans of New York da condividere con i nostri contatti LinkedIn, no? La responsabile delle risorse umane di una catena di supermercati ha recentemente pubblicato un selfie con un uomo anziano con cui aveva passato due ore a prendere un caffè. Secondo il post, la conversazione con l’uomo è stata “il modo perfetto per ricordarsi che tra i trambusti e le faccende della vita e il lavoro di tutti i giorni, il tempo è davvero il più grande regalo che puoi fare a qualcuno.” Il suo post ha raggiunto circa 200.000 mi piace e commenti tipo “sono queste le cose che ti fanno ritrovare fiducia nell’umanità.”

Analizziamo il fatto: nella peggiore delle ipotesi, la maggior parte della gente verrebbe licenziata se passasse due ore della sua giornata a prendere un caffè con uno sconosciuto. Nella migliore, dovrebbe sorbirsi la ramanzina del capo. Ma chi può non essere d’accordo con un post che ha suscitato così tanta approvazione? Su LinkedIn ci sono sempre più post di queste “buone azioni”, probabilmente perché adesso le persone insistono sull’equazione per la quale Essere una brava persona = buone possibilità di essere assunti.

I PICK-UP ARTIST

L’avvocato inglese Charlotte Proudman, definita una “feminazi” dal Daily Mail, si è recentemente guadagnata i titoli dei giornali dopo aver ricevuto da un collega un messaggio nel quale definiva la sua foto profilo “mozzafiato”. Proudman lo ha bollato come un sessista e ha dichiarato che adesso gli uomini d’affari usano LinkedIn per rimorchiare.

Ho chiesto a un’amica se potesse confermare questo aspetto. Mi ha fatto conoscere Bob, una delle persone che commentano regolarmente il suo profilo. Bob, che nella vita reale non ha mai visto, le dice che “muoverebbe mari e monti” per incontrarla. Un altro ragazzo aggiunge una faccina che fa l’occhiolino prima della frase: “Ti sei mai occupata di transazioni peer-to-peer?”

Non so se questo strano metodo di rimorchio abbia mai funzionato con qualcuno, ma di sicuro non ha funzionato con la mia amica.

Facendo ricerca per questo post ho trovato anche una designer con un sorridente selfie nel quale tiene in braccio un cane con la lingua di fuori. Indossa un vestito alquanto scollato. Non so perché abbia condiviso la foto su LinkedIn, ma a chi commenta non sembra dispiacere.

FALSE IDENTITÀ

Il processo di scraping—che consiste in una società che crea decine di profili personali falsi per vendere offerte finanziarie ingannevoli—è molto diffuso su LinkedIn. Lo stesso LinkedIn ha già ammesso che “mina l’integrità e l’efficacia della rete sociale e professionale della piattaforma, inquinandola con migliaia di profili falsi.” Questo significa che potresti accettare l’amicizia dai cloni dei tuoi amici o finire vittima di qualcuno che usa la tua immagine per truffare altre persone.

SESSO E DROGA

Digita la parola “escort” e ti troverai davanti oltre 10mila risultati. Mentre sono più che sicuro che non proprio tutti questi risultati mostrino vere prostitute, con qualche click a caso mi imbatto sul profilo di Midlands Maidens, un’agenzia di escort con sede a Nottingham, che cita con orgoglio “Microsoft Office” tra le sue competenze. LinkedIn è su internet, quindi trovare qualcosa che abbia a che fare con il sesso nella sua vastità di account non è una gran sorpresa—ma è un po’ strano, considerando che il sito proibisce specificatamente “profili o contenuti che promuovono servizi di escort e prostituzione.”

Un’altra ricerca mi porta a una pagina che con fierezza offre una regolare fornitura di eroina. Nonostante sia probabilmente una bufala, non è certo un segreto che le transazioni che hanno a che fare con la droga avvengono anche su LinkedIn, con diversi coltivatori d’erba che operano in stati in cui la cannabis è legale e pubblicizzano al mondo intero il loro prodotto. Questo significa che un giorno dovrò confermare le competenze dei miei contatti in base alle loro qualità di coltivatori di marijuana?

Crystal controbatte: “Stiamo affinando le tecniche per oscurare i contenuti che violano le regole della piattaforma. Le stiamo ultimando proprio adesso. In sostanza, stiamo mettendo a disposizione degli strumenti che possano filtrare i contenuti sulla bacheca degli aggiornamenti in modo da nascondere quello che non si vuol vedere. La bacheca diventerà sempre più personalizzabile.”

Mi sembra giusto poter scegliere di “nascondere questo contenuto” o di “eliminare la connessione” con tutti quei parassiti che mi intasano la bacheca. Perché continuo a non avere un lavoro, ma almeno potrò evitarmi di leggere un’altra citazione di Katharine Hepburn.

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