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Gli studenti di Parigi e i loro minuscoli monolocali durante la pandemia

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Nell’ultimo anno, milioni di studenti universitari hanno fatto lezione quasi esclusivamente attraverso uno schermo, con occasioni ridotte di socializzare coi colleghi e un più che prevedibile calo di motivazione. Per molti, tutto ciò si è unito a una situazione abitativa non proprio ideale, tra affitti che non calano e spazi più che ridotti—soprattutto in città dai prezzi proibitivi come Parigi.

Questa nuova e angusta realtà dell’essere studenti durante una pandemia sta avendo pesanti ripercussioni sulla salute mentale. Secondo uno studio pubblicato a gennaio del 2021 da Ipsos, quasi due terzi della fascia compresa tra i 18 e 24 anni, in Francia, sostiene che la pandemia sta avendo un impatto negativo su di loro. Lo studio suggerisce che si è a rischio soprattutto tra i 22 e 24 anni, se si è un fuorisede, con il 47 percento che dice di aver provato fortissimi livelli di ansia. Simili sensazioni depressive e ansiose sono state segnalate anche nei giovani in altre parti del mondo.

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Abbiamo quindi chiesto a diversi studenti che vivono in piccoli appartamenti a Parigi come stanno affrontando la situazione.

Zoey e Alexandre – Vivono e studiano in 20 metri quadrati

Zoey and Alexandre
Zoey e Alexandre.

Zoey e Alexandre stanno insieme da cinque anni e vivono in 20 metri quadri che pagano 900 euro al mese. Entrambi frequentano la specialistica, stavano studiando a Los Angeles quando l’epidemia è iniziata e si sono precipitati a casa, in Francia, per il primo lockdown a marzo 2020.

Hanno scelto quella casa perché si trova nel centro di Parigi ma si sono accorti in fretta dei problemi: la muffa è comparsa quasi subito, e la situazione della luce non è migliorata con l’allungarsi delle giornate. “A fine giornata avevo gli occhi così stanchi che ho dovuto comprarmi degli occhiali appositi per filtrare la luce blu del computer,” dice Zoey.

Si alternano a lavorare al tavolo della cucina e dal letto, dove fanno le videochiamate. Altrimenti, studiano fianco a fianco sul letto, con le cuffie. Alexandre ha mal di schiena e le ginocchia doloranti dopo esser stato seduto a letto tutto il giorno, ma dice di essere contento di non vivere da solo.

Zoey and Alexandre
Zoey and Alexandre

Zoey, tuttavia, ha provato un senso di claustrofobia durante il secondo lockdown, durato dal ottobre fino al 15 dicembre. “Sono andata nel panico, volevo scappare,” dice Zoey. “Non volevo essere rinchiusa qui dentro.” Alla fine, ha deciso di rimanere.

Alexander è in un programma di studio-lavoro, mentre Zoey dipende dall’aiuto dei suoi genitori e dal lavoro come babysitter per far quadrare i conti.

“Si tratta della prima volta che viviamo insieme,” dice Zoey, “ed è difficile rimanere sempre una addosso all’altro.” Con la possibilità di un terzo lockdown all’orizzonte, la coppia ha deciso di andarsene dalla città, verso una periferia più abbordabile. “Parigi è troppo cara e troppo piccola,” dice Zoey. “È tutto chiuso, ora come ora, non c’è più alcun motivo di rimanere qui.”

Xavier – Vive e studia in 10 metri quadrati

Xavier
Xavier.

Sulla carta, l’appartamento di Xavier, studente magistrale, è di 10 metri quadri, ma lo spazio vitale è ben più piccolo. “L’ingresso è almeno 2 metri quadri,” dice, “e il bagno è piuttosto grande, quindi in pratica la stanza è letteralmente grande quanto il materasso.” Di fatto, quando Xavier dispiega il materasso questo finisce per ammassarsi sul muro, costringendolo così a dormire in diagonale per poter stendersi davvero.

Questa incredibile opportunità gli costa 500 euro al mese. Sul fronte dello spazio, è un bel cambiamento rispetto al precedente subaffitto di 30 metri quadri che è stato costretto a lasciare a settembre. “È stato bello cambiare, in special modo durante il lockdown,” ha detto. “Ma ora il mio letto è anche il mio ufficio, nonché la mia sala da pranzo e guardaroba.”

Xavier ha frequentato le lezioni in presenza con il resto del suo corso all’inizio dell’anno scolastico, nel 2020, ma dopo un mese e mezzo tutto è stato spostato online. “Troppo poco tempo per fare amicizia in università, ma è stato comunque un qualcosa,” dice del tempo speso fisicamente in aula. I suoi compagni di corso provano a tenersi in contatto via Zoom e organizzano piccoli ritrovi nelle case degli altri.

Xavier
Xavier.

Qualche volta, Xavier deve lavorare al computer dalle nove del mattino fino all’una di notte. È doloroso per la schiena e le gambe, ma le conseguenze sulla sua salute mentale si sono rivelate anche peggiori. “Ho avuto allucinazioni nelle quali mi vedevo saltare fuori dalla finestra al quinto piano,” ha detto. Ora sta sperimentando con l’olio di CBD per “stabilizzare le emozioni e fare un passo indietro di fronte alla situazione.”

“Sto cercando di vedere il mio appartamento più come un partner che una prigione”, ha detto. “Ma funziona solo in questo momento e ho paura che alla fine mi sentirò di nuovo soffocato, un animale in gabbia. In special modo considerando quanta energia sento dentro.” I suoi compagni ce la stanno mettendo tutta per rispettare la tabella di marcia. Molti hanno difficoltà a trovare un tirocinio, cosa che viene richiesta per finire il proprio percorso di studi.

Nonostante i rischi del COVID, Xavier vorrebbe tornare alle lezioni in presenza. “È l’unico posto nel quale poter socializzare,” ha detto. “È l’essenza dello studio, quella di aver l’opportunità di discutere e scambiarsi idee.”

Lénora – Vive e studia in 12 metri quadrati

Lénora
Lénora.

Lénora, studentessa di diritto internazionale, vive da due anni in uno studiolo da 12 metri quadri vicino alla sua università, pagando 540 euro al mese. Anche prima della pandemia ha sempre preferito lavorare dalla biblioteca, circondata da altri studenti. Ora che è a casa, in mancanza di spazio per una scrivania, studia sul divano.

“Dall’inizio dell’anno scolastico mi sto godendo sempre meno le mie lezioni,” ha detto. “Ho quasi mollato l’università.” Se Lénora non capisce qualcosa della lezione, ora tende a disconnettersi mentalmente o spegnere del tutto il computer.

Lénora
Lénora.

Durante il lockdown, Lénora non poteva sopportare di avere una casa così piccola. Il fatto di non poter separare fisicamente il suo spazio di lavoro da quello per il tempo libero l’ha lasciata disorientata. “Per gli studenti, è come se il lockdown non avesse mai fine,” ha detto. Senza vita sociale o corsi da gestire, anche lei sta sperando che le università riaprano al più presto.

Ellen – Vive e studia in 22 metri quadrati

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Ellen.

Ellen è arrivata nella sua nuova casa nella sera stessa della chiusura anticipata dei locali in tutta la capitale. Dopo essere cresciuta nelle campagne della Normandia e aver studiato in una cittadina della Bretagna, era ansiosa di trasferirsi a Parigi e sperimentare la vita di una metropoli—ma non ci è ancora riuscita. Dopo due settimane di corsi in presenza, ha visto i colleghi di corso solo attraverso lo schermo del computer.

“La casa è piccola ma ho cercato di organizzarla bene e di far sì che tutto fosse in ordine nonostante la quantità di roba che sono riuscita a infilarci dentro.” Si obbliga a non studiare dal letto, e ogni mattina si piazza al tavolino di fronte alla finestra. La disciplina, dice, le è sembrata l’unica arma adatta alla situazione. “Ho lavorato molto sul mio benessere mentale, per evitare di sentirmi sopraffatta.”

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Fortunatamente è riuscita a costruire legami con alcuni colleghi, con cui scambia appunti e incoraggiamenti, ma se non se la vive così male, dice, è anche perché due giorni a settimana lascia casa per uno stage nelle scuole.

Il problema, secondo Ellen, è rappresentato più che altro dalla scarsa comprensione dei professori. “Ci dicono che abbiamo un sacco di tempo in più per studiare, e spesso assegnano cose extra, facendo accumulare il lavoro,” non capendo che tempo in più non significa necessariamente poter studiare meglio.

Ilhame – Vive e studia in 13 metri quadrati

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Ilhame.

Ilhame vive da sola da quasi due anni, ma pagare 620 euro al mese per 13 metri quadri inizia a stufarla, e sta pensando di andarsene. Durante il primo lockdown ha passato molto tempo in cortile, dove ci sono molte piante e c’era possibilità di scambiare quattro chiacchiere con gli altri inquilini. Ora, con studio e lavoro a distanza, “la mia è praticamente una tele-vita.”

Una “tele-vita” su cui ha pesato anche il coprifuoco in vigore dalle 18: “Sei costretta a mettere la tua vita in pausa: se finisci i corsi o il lavoro alle 18, poi non puoi nemmeno uscire un attimo. Devi organizzarti al secondo le pause e ficcarci dentro tutte le commissioni come lavanderia, spese, posta.”

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Se Ilhame, che divide la sua giornata tra un tavolino-scrivania e il letto, non ha troppe difficoltà col lavoro a distanza, seguire i corsi le risulta meno facile. “A volte devi stare ad ascoltare persone che parlano dalle 9 di mattina in poi, è logico non poter mantenere lo stesso livello di attenzione tutto il giorno.” A volte, durante i corsi meno impegnativi, si concede delle pause o ne approfitta per sistemare casa.

Quanto alle amicizie, Ilhame racconta che, paradossalmente, non averle coltivate faccia a faccia ma attraverso uno schermo ha permesso un’intimità a tratti maggiore. “Via chat, ci siamo raccontati cose super personali, e questo nonostante non ci fossimo mai visti in università, in mancanza di corsi in presenza. Siamo sulla stessa barca, immersi nella stessa merda, e questo ci ha avvicinati.” Ottimista di natura, non si scoraggia più di tanto—e non perde di vista gli annunci immobiliari, nella speranza di poter trovare una casa un po’ più grande.