In questi mesi, per via della pandemia, abbiamo passato molto più tempo ‘dentro’: dentro le nostre case, ma anche dentro noi stessi—probabilmente cambiando un po’ il rapporto che abbiamo con entrambi gli aspetti. In questa serie a un anno dai primi cenni di lockdown, vogliamo analizzare il come e il perché. Possibilmente in una luce positiva, perché sul resto abbiamo scritto abbastanza.
La pandemia ci ha fatto ‘smettere’ con un sacco di cose: col dare per scontato che una regione sappia conteggiare dati seri come i positivi, con l’organizzare viaggi intercontinentali, con gli assembramenti.
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Per molti, ha significato anche smettere con abitudini poco salutari. E sebbene sappiamo che per tanti non sia stato così—e che il coronavirus ha avuto un impatto preciso sulla nostra salute, fisica e mentale, indipendentemente dal contagio—in questo articolo abbiamo intervistato chi rientra nella prima categoria e ha dato un taglio a sigarette, THC o cibo spazzatura.
HO ELIMINATO LE SIGARETTE
“Ho fumato tantissimo per circa dieci anni: un pacchetto di sigarette ogni due giorni durante la settimana, e uno al giorno nel weekend. Poi ad aprile 2020 sono tornata in Italia a vivere con i miei, che non hanno mai saputo del mio vizio del fumo.
In quel periodo bisognava fare una quarantena di due settimane prima di effettuare il tampone, e non potendo avere contatti con l’esterno, le sigarette sono finite in fretta. Finito l’isolamento—durato due settimane in più, perché il mio tampone tardava—ho iniziato a pensare se valesse la pena comprare un nuovo pacchetto.
Quando sono fuori indosso la mascherina e non mi troverei a mio agio ad abbassarla per fumare. Non sto fino alle tre di notte a bere con amiche e amici al bar (l’alcol, come per tutti, è sempre stato uno stimolo alla nicotina).
Al momento mi sento orgogliosa di tutti questi mesi affrontati con naturalezza e tranquillità. Penso però che sarà col ritorno alla normalità che avverranno gli sforzi maggiori. In qualche modo, tanta della nostra vita sociale è stata messa in stand-by dal COVID e mi chiedo se forse anche per il vizio del fumo sia stato così. Ma credo di no.”—Alessandra, 28 anni
“Ho iniziato a fumare circa 12 anni fa e ho smesso l’8 marzo 2020, al primo lockdown. Lo facevo soprattutto in serate fuori, quindi quando queste hanno smesso di esistere è venuto meno il ‘bisogno’ di fumare.
Inizialmente è avvenuto tutto quasi inconsciamente, perché associavo il rito mani-sigaretta-bocca a un’alta possibilità di contagio, ma poi non ci ho proprio più pensato. Mentre per il mio ragazzo è stata una scelta seguirmi nello smettere di fumare durante il nostro lockdown, per me è stato quasi casuale—non avevo momenti in cui pensavo alla nicotina.
Ho provato a fumare solo un’altra volta verso maggio, per curiosità, perché non mi ero davvero imposta di smettere. Ma lì per lì mi ha fatto proprio ribrezzo. Quanto al mio ragazzo, durante la scorsa estate in cui i momenti di socialità erano più liberi, ha ricominciato.”—Margherita, 30 anni
HO SMESSO DI MANGIARMI LE UNGHIE
“Nell’ultimo anno sono stato così tanto tempo in compagnia della mia mente da percepire ogni mia piccola abitudine disfunzionale. Quella che sono riuscito a togliere al momento è: mangiarmi le unghie. Lo facevo in maniera naturale, soprattutto quando lavoravo, per concentrarmi. Quasi una strana, dolorosa, pratica splatter di rilassamento e mindfulness.
Ho smesso per due motivi: mi sono accorto che ero sufficientemente adulto per farmi un favore; e poi (il motivo scemo), perché ho ritrovato uno smalto nel cassetto! Insomma volevo sperimentare questa rinnovata forma di queerness, in me sopita.
Il cambiamento lo hanno notato anche il mio ragazzo e mia madre, così felice da regalarmi un tronchetto nuovo con cui potrei disossare un pollo, volendo. Così mi sono creato una nuova routine: il sabato mattina, dopo aver cambiato le lenzuola e rinfrescato il letto, sistemo le unghie col tronchesino.”—Pietro, 32 anni
HO SMESSO COL THC
“Con l’avvento del lockdown, le canne mi facevano prendere male, mi saliva l’ansia. Ero arrivato al punto di fumare e poi di prendere lo Xanax per calmarmi.
Il fatto è che per otto anni ho fumato canne tutti i giorni, di cui una sempre prima di andare a dormire. Quindi non volevo abbandonare il sapore o l’abitudine. Solo che poi non era più un piacere in nessun aspetto. All’inizio ho cercato di diminuire il consumo, ma non bastava, così sono passato all’erba legale, che contiene solo CBD. È sempre un vizio, se vogliamo, però volevo eliminare le reazioni che avevo nell’ultimo periodo per via del THC.
Insomma, non voglio vivermela come “non ci devo ricadere”, sennò ci penso troppo. Se un amico una sera mi offre due tiri, e voglio farmeli, me li faccio pure. È una questione di equilibrio. La verità è che ora sono molto più presente e più lucido, e mi piace molto”—Andrea*, 23 anni
HO SMESSO DI ESAGERARE CON LO SHOPPING ONLINE
“Il mio rapporto con lo shopping, soprattutto online, è diventato più complicato quando a fine 2018 mi sono trasferita all’estero per frequentare la magistrale. Mi sono ritrovata senza vere amicizie e con un sacco di tempo libero, così ho iniziato a fare un sacco di sport, a piacermi di più fisicamente e a mettere nel carrello vestiti.
Praticamente per mesi ho speso quasi tutto lì, inclusi i soldi che mi passavano i miei. Era diventato un circolo vizioso: compravo qualcosa che non mi serviva per appagare un bisogno momentaneo, e poi quando lo capivo me ne vergognavo. Il bello è che studio—e attualmente lavoro—nel marketing, quindi sono pure conscia dei meccanismi che ci sono dietro.
Questo ‘nuovo lockdown’, perché ne ho vissuto uno simile e personale prima, mi ha molto calmata. Sono riuscita a comprendere i miei effettivi bisogni in rapporto al desiderio di comprare, dell’impatto che hanno su ambiente e animali le mie scelte, oltre che sul mio portafoglio. Ho cambiato anche altre cose—da un po’ sto seguendo una dieta vegetariana, e sto considerando nuove strade lavorative.”—Claudia, 27 anni
“Da un paio di anni avevo sul cellulare tutte le app delle principali piattaforme di shopping, ero abbonata a decine di newsletter che segnalavano offerte e ricevevo praticamente solo inserzioni a tema abbigliamento. Passavo un sacco di tempo a spulciare siti, riempire carrelli, confrontare spese di spedizione. Non compravo spessissimo, ma ogni messaggio che alludeva a sconti o promozioni a tempo attivava il bisogno di andare a dare un’occhiata.
Con il primo lockdown sono successe principalmente tre cose che mi hanno fatto cambiare approccio: 1) sono venute meno le occasioni fuori, e quindi anche ciò che prima, ogni tanto, mi dava la spinta finale ad acquistare; 2) per quanto sia too little, too late, ho riflettuto di più sulle condizioni del lavoro, sui luoghi in cui questi capi venivano assemblati, immagazzinati e spediti, e sulla salute delle persone coinvolte, facendomi scegliere di contribuire in misura minore a tutto ciò (questo non solo coi vestiti, ma anche con Amazon o le app di delivery); 3) avere molto più tempo mi ha resa più consapevole di come lo passavo.
Da allora ho fatto pulizia tra newsletter, app e follow su Instagram, togliendo anche un po’ di profili di influencer che passano il tempo a vendere cose nelle stories. So che quelle collaborazioni sono il loro lavoro, ma non è ciò in cui voglio investire il mio tempo libero.”—Serena, 25 anni
HO SMESSO DI SFONDARMI DI JUNK FOOD SERALE
“Prima che lavorare da casa diventasse per molti la nuova normalità, alla fine di una giornata in ufficio emotivamente provante mi rifugiavo sempre nel cibo spazzatura. Andavo al supermercato, prendevo le cose più grasse e formato famiglia che trovavo, e le mangiavo a letto davanti una serie tv. Sul momento provavo una grande soddisfazione, mai poi dormivo malissimo.
Con l’arrivo del lockdown, per mia fortuna, sono rientrato perfettamente nel cliché: ho scoperto che cosa significa cucinare, e che il microonde non è l’unico strumento utilizzabile. Ora non mangio necessariamente meno, ma mangio meglio.
Quando si tornerà in ufficio sicuramente non avrò sempre il tempo di pensare a quanto o cosa mangio, ma non mi preoccupa. Questa pandemia mi ha fatto capire anche che il lavoro è solo un lavoro, mica la fine del mondo.”—Luca, 29 anni.