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A San Lorenzo è sempre vacanza

Dopo la mia incursione a Trastevere sono venuto a vedere come se la passa un altro dei quartieri simbolo della vita notturna romana, dove anche le officine e le carrozzerie sono state riconvertite in locali per i fuorisede.

Piazza dell'Immacolata. Foto di Niccolò Berretta.

L’insegna dice: LIBRI – CUCINA – VINILI – DRINK – BREAKFAST – BAKERY – BAR – BRASSERIE. Potrei chiuderla qui, come introduzione a San Lorenzo è addirittura troppo perfetta, manca solo RIPARAZIONE BICICLETTE ma a quello ci pensa il locale accanto, poi certo c’è tutto il capitolo Feste Erasmus ma lasciamo stare. Comunque: dopo la mia incursione a Trastevere, sono venuto a vedere come se la passa un altro dei quartieri-simbolo della vita notturna romana, e ho trovato che alla fine non è poi così male. Va bene, mio nonno (vi avevo detto che è di queste parti) non è d’accordo, per lui San Lorenzo è rimasto l’orgoglioso quartiere operaio dei suoi anni migliori ma tanto adesso si è trasferito a Velletri; e pure i residenti che si lamentano degli schiamazzi suppongo abbiano da ridire. Avevo una zia che abitava in via dei Volsci, chissà che fine ha fatto? Se è furba, avrà affittato l’appartamento a qualche studente: qui un bilocale al pianoterra di 60 metri quadri lo puoi piazzare anche a 1750 euro al mese. “Lontano dai rumori del quartiere,” si premura di sottolineare l’annuncio, come a dire: mettiamo le mani avanti.

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Nell’immaginario popolare dei romani, San Lorenzo è il comunistissimo quartiere dei palazzi primo Novecento costruiti per i ferrovieri, delle barricate contro la marcia su Roma, dei bombardamenti alleati del 1943, e poi ancora dei collettivi studenteschi, delle case occupate e dell’Autonomia Operaia. A metà anni Settanta, via dei Volsci pullulava di covi della sinistra extraparlamentare al punto che i giornali ribattezzarono i frequentatori della zona volscevichi: erano gente tosta, i duri del movimento che alla zampa d’elefante avevano sostituito i jeans a tubo perché più comodi quando assalti un’armeria.

Via dei Volsci.

Proprio accanto al quartiere sorge la città universitaria della Sapienza, e perlomeno dal ’77 in poi il binomio San Lorenzo-moti studenteschi è diventato un luogo comune delle mitografie capitoline: ancora negli anni Novanta, i ragazzi della Pantera passavano le loro giornate a rimbalzare tra la facoltà di Lettere occupata e il 32, lo spazio autogestito che sempre in via dei Volsci si trova. Fu qui che nacque l’Onda Rossa Posse, per capirci. Il 32 esiste ancora, ma tutto intorno il panorama non è solo cambiato: è esploso. Gli studenti, da potenziali reclute per la rivoluzione armata, si sono trasformati in carne da macello per una delle più brutali gentrification che la storia cittadina ricordi. E il quartiere, da Repubblica Autonoma dove se vedevi un poliziotto eri autorizzato a tirargli un sampietrino, ha ufficiosamente cambiato nome in Fuorisedelandia. Cioè, almeno il mio amico Wolf Anus lo chiama così (lui in quartiere ci ha vissuto per anni, è stato un fuorisede anche lui e adesso alla Sapienza ci lavora, solo che ad abitare è finito a Centocelle).

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Più ancora di Trastevere, San Lorenzo è il divertimentificio romano per antonomasia. Lo è perlomeno dalla metà degli anni Novanta, quando il quartiere si popolò di pub (all’epoca, ci crediate o no, il non plus ultra della “serata fuori”), ma che adesso si respiri un’aria diversa lo capisco quando noto che il vecchio Bar Tabacchi di via dei Sabelli ha cambiato nome in Spritz. È solo il primo indizio, e nemmeno il più vistoso: per dire, le officine e le carrozzerie sono state riconvertite in locali dove dalle sette di sera in poi, al posto di una banale pizza, puoi gustarti una bella APERICENA, i pub specializzati in feste di laurea adesso organizzano APERILAUREE dove si bevono APERIMOJITO a 3 euro, i bar si chiamano “shottinerie” ma forse ho letto male io e la vera ragione sociale è APERISHOTTINERIA e comunque l’insegna promette “shottini 3 X 2”, e il vecchio, sfigatissimo live club dove facevano le cover di Jimi Hendrix adesso organizza eventi cultural-mondani tipo THE PILLS LEGGE IL TRUCEKLAN. Il quartiere insomma si è evoluto, qualcuno direbbe che si è infighettito: persino la vecchia sede degli Ultrà daa maggica adesso è occupata da un bar-design arredato in stile modernariato, con una vecchia insegna della Brionvega che troneggia sulle spine di birra rigorosamente artigggianale.

Il Bar Celestino.

È un periodo strano, per venire a San Lorenzo. Di solito, almeno durante il week end, il quartiere viene invaso da una chiassosa fiumana di giovani in età 18-30 (cioè, in termini universitari: dal primo anno di corso a quando tuo padre si rifiuta di pagarti la retta dopo dodici anni di fuorisedismo e tre 18 in tutto), che cantano a squarciagola Rino Gaetano e imprecisata roba tipo Bandabardò con saltuario accompagnamento di bonghi. Ma siamo nei dintorni di Pasqua e la stragrande maggioranza di studenti calabresi, pugliesi e abruzzesi (i nordici sono pochi) è tornata alle rispettive case, cosicché si respira una certa aria crepuscolare, malinconica, coi locali mezzi vuoti e le strade insolitamente silenziose.

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Il Bar Celestino di via degli Ausoni, che si è conquistato l’onore delle cronache per le orde di invasati alcolici che lì dinanzi si radunano fino a notte fonda, raccoglie una sparuta folla indecisa se rifornirsi all’interno del locale oppure al bangla lì accanto. A piazza dell’Immacolata, gli spacciatori che vendono hashish, cocaina e viagra, devono fare i conti con una clientela drammaticamente al di sotto della media e passano il tempo a nascondere meccanicamente la merce tra le saracinesche di via degli Aurunci. A resistere è il solo cinema Tibur, sancta sanctorum dell’intellighenzia progressista e per l’occasione affollato da quarantenni in barbour equamente divisi tra l’ultimo di Wes Anderson e il film di Veltroni su Berlinguer. Bel programma.

Cinema Tibur.

Alla libreria-caffè Giufà, che è il mio ritrovo sanlorenzino preferito, mi faccio raccontare che aria tira, ed è sempre la solita storia: sì, gli spacciatori; sì, gli studenti coi bonghi; sì, ogni tanto qualche rissa; sì, la gente piscia ovunque. Ma insomma, il sottotesto è sempre quello: siamo a San Lorenzo o no? Come se l’ordine naturale delle cose prevedesse che nel quadrilatero che sta tra l’università, il Verano e lo scalo ferroviario debba immancabilmente regnare la caciara, perché Così è Scritto, perché sennò San Lorenzo non sarebbe San Lorenzo, un casino sì, ma vuoi mettere quant’è creativo. Pare che pure Matteo Renzi sia un frequentatore del quartiere, tipo che ogni tanto va a cena dal regista Fausto Brizzi che c’ha il loft (…) da queste parti. In un recente articolo di Sette, il loft sanlorenzino di Brizzi veniva descritto come “una casa/manifesto" con "l’angolo palestra, i mobili sgargianti, due mega schermi e le librerie tappezzate di fumetti: Alan Ford, Tex, Topolino,” il che se ci pensate bene è un riassunto fin troppo pedissequo del pantheon culturale renziano. Suppongo che i due passino le loro serate a discutere dei rispettivi contributi al destino delle italiche arti, tipo Notte prima degli esami vs. Tra De Gasperi e gli U2: roba seria. È in casi del genere che viene da chiederti “ma gli autonomi che ti salutavano con le tre dita a forma di P38, ’ndo stanno?”.

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Ecco, qualche residuo della vecchia San Lorenzo Rossa ancora c’è, ma dire che occupa una posizione periferica nelle gerarchie di zona è a questo punto un eufemismo. L’atelier autogestito Esc ha diffuso poche settimane fa un volantino che riassume bene il cambio di clima: “Innalzamento smisurato degli affitti, trionfo della rendita e della proprietà si sono accompagnati alle grandi liberalizzazioni del commercio, e all’estensione della movida intesa come trasformazione della socialità in sola attività di consumo.”

Via di Porta Labicana.

Il volantino replicava a una serie di articoli della stampa sul degrado provocato da giovinastri ubriaconi e drogati col bancomat di papà, ma faceva anche notare come “San Lorenzo non è più, da tempo, ciò che nella vulgata viene definito 'quartiere rosso', 'partigiano' e via discorrendo […] L’attaccamento nostalgico al mito, invece di cogliere questa verità, ha favorito un interminabile e fallimentare inseguimento della 'strada' e del 'popolare'.” È tutto vero, ma devo dirlo: qui sotto Pasqua, in un locale che manda vecchi classici sixties, poca gente ai tavoli, Wolf Anus che mi raggiunge da Centocelle e che ricorda i gloriosi tempi del suo appartamento in via degli Equi, e due ventenni poco oltre che beate e ingenue raccontano di un recente viaggio a Berlino, non si sta malaccio.

Mi sembra come di essere in vacanza. È tutto così… rarefatto. Dilatato, leggero. Le finestre del palazzo di fronte sono tutte buie, gli appartamenti lasciati vuoti dagli studenti tornati nelle loro Crotone, nelle loro Manfredonia… Sono in vacanza pure loro: dallo sfruttamento dei localari bramosi, dalle vessazioni degli affittuari senza scrupoli, dalle truffe degli spacciatori rapaci. In vacanza insomma da quell’altra vacanza perenne che è San Lorenzo, Fuorisedelandia, Roma.

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