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Ho fatto un sacco di sesso in ‘Cyberpunk 2077’ e ho qualche dubbio a riguardo

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Cyberpunk 2077 è il videogioco più chiacchierato del momento: uscito da pochi giorni, era stato annunciato nel (lontanissimo) 2012, con un primo teaser lanciato come un osso ai cani nel 2013. Si tratta dell’ultimo progetto di CD Projekt RED, studio polacco diventato famoso con The Witcher 3: Wild Hunt, tratto dai romanzi della Saga di Geralt di Rivia di Andrzej Sapkowski, di ambientazione fantasy. Cyberpunk 2077 ci porta invece in un mondo… be’, cyberpunk: un futuro dominato da multinazionali con luci al neon, gang criminali che si spartiscono il territorio, hacker, innesti cibernetici nei corpi e tanto, tanto sesso. E proprio del sesso in Cyberpunk 2077 dobbiamo parlare.

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CD Projekt RED ha mostrato una certa morbosa attenzione per il sesso e le professioni che riguardano il sesso (il “sex work”) sin dal suo primo videogioco su The Witcher, uscito nel 2007. Lì, andare a letto con prostitute (e in generale con personaggi femminili) sblocca delle carte con illustrazioni sexy da collezionare—una scelta, per usare un eufemismo, discutibile.

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Da allora sono passati 13 anni, la serie di The Witcher non sembra più fatta da ragazzini delle medie, ma il mondo di Cyberpunk 2077 e la sua città—Night City—paiono ancora ossessionati dal sesso e dal suo commercio. Eppure, nonostante il gioco sembri voler rappresentare una società del futuro più disinibita e aperta (anche nei confronti di persone non eterosessuali o non cisgender), la sua rappresentazione del sesso racconta molto più le frustrazioni attuali che una nuova visione radicale. 

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Ci sono scene di sesso in soggettiva con i personaggi con cui è possibile intrecciare relazioni sentimentali, sesso occasionale e sesso nei flashback, con tutta l’azione e i gemiti esagerati che potete aspettarvi da un porno (ma niente penetrazione visibile). C’è sesso sulle pubblicità e in televisione, joytoy (cioè sex worker) nelle strade, prostituzione in bordelli dove con un software i sex worker assumono una personalità basata sui desideri del cliente, pornografia (anche snuff) che ti viene sparata direttamente in testa, gang di sex worker che combattono per autogestire i loro locali e dildo, dildo ovunque. Ci sono così tanti dildo sparsi per Night City che CD Projekt RED ha annunciato che in un prossimo aggiornamento del gioco ne toglierà un po’. 

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Un po’ di dildo.

Non mi aspettavo che Cyberpunk 2077 mostrasse una visione particolarmente speranzosa del sesso nel futuro. Per creare Cyberpunk 2077 CD Projekt RED è partita da un gioco di ruolo cartaceo (in stile Dungeons & Dragons, per intenderci), intitolato Cyberpunk e creato da Mike Pondsmith del 1988, ma solitamente noto come “Cyberpunk 2020,” nome della sua seconda edizione del 1990. Cyberpunk era nato inizialmente come una versione giocabile del mondo del film Blade Runner di Ridley Scott, dove “il cyberpunk è un avvertimento, non una aspirazione,” come ha dichiarato Pondsmith. Ma in realtà il suo gioco di ruolo è già una deviazione da questa idea di cyberpunk: è più una fantasia di potere dove la tecnologia aiuta i protagonisti a combattere una versione esagerata e parodistica della società degli anni Ottanta. 

Il genere in sé ha sempre avuto un atteggiamento contraddittorio verso il futuro che descrive: la tecnologia è contemporaneamente qualcosa di depravato da guardare con orrore e indignazione e qualcosa di affascinante e degno di essere feticizzato—e solo nelle sue migliori interpretazioni (tipo i romanzi ormai classici di William Gibson) il cyberpunk poneva davvero domande complesse e in parte ancora valide sul rapporto tra umanità e tecnologia.

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Ma c’è anche un altro motivo se il discorso dell’avvertimento ha poco senso oggi. Come ho accennato prima il cyberpunk—alla sua nascita—immaginava lo sviluppo futuro delle politiche, delle paure e della cultura statunitensi degli anni Ottanta. Cyberpunk 2077—essendo ambientato in un ulteriore futuro rispetto al gioco di ruolo originale—è quindi una proiezione nel futuro di una proiezione nel futuro degli anni Ottanta. Un “cosa succederebbe se negli anni Ottanta ci fosse la tecnologia del 2077,” complicato dal fatto che la tecnologia del 2077 è essa stessa la tecnologia che gli anni Ottanta potevano immaginare esistere nel futuro. 

“Da 40 anni il cyberpunk affronta il tema del post-umano, ma intanto la tecnologia è andata avanti,” ha dichiarato il romanziere cyberpunk Bruce Sterling a Lucca Comics & Games 2019 rispondendo a una mia domanda sull’attualità del genere.

Per esempio, per quanto l’internet di Cyberpunk 2077 sia più simile a quello attuale rispetto al cyberspazio immaginato dal primo cyberpunk, non ha niente della pervasività che lo contraddistingue oggi, né discute il controllo che su di esso esercitano piattaforme come Google e Facebook. Il risultato è che Cyberpunk 2077 non racconta molto dell’internet che si evolverà a partire da quello di oggi: non è né un avvertimento, né un’occasione per giocare ai ribelli contro le grandi piattaforme digitali. E allo stesso modo il suo sesso non racconta molto del sesso di oggi o di domani ed è francamente anche poco post-umano.

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Un cartellone pubblicitario a Night City.

C’è un mucchio di tecnologia in Cyberpunk 2077, ma spesso quando questa tecnologia incontra il sesso crea solo occasioni per soddisfare desideri egoistici e sviluppare fantasie a spese delle persone. Una delle co-protagoniste—Judy—realizza braindance (registrazioni di ricordi che poi vengono trasmesse nella testa degli spettatori) pornografiche solo con attori entusiasti del loro lavoro, ma il sex work è descritto sempre a un passo dal mondo del crimine.

La città sarà anche piena di dildo, ma non vengono mai usati nel gioco, neanche nelle scene di sesso e—quando si arriva ai fatti—Cyberpunk 2077 è piuttosto tradizionalista: il sesso è carne e fluidi più che macchine e dati. L’idea di sesso e di sesso del futuro raccontata da CD Projekt RED in Cyberpunk 2077 è ferma a quella di Demolition Man, il film del 1993 di Marco Brambilla con Sylvester Stallone dove il protagonista—un poliziotto ibernato nel 1996 e risvegliato nel 2032—insegna al personaggio di Sandra Bullock che il sesso “dei vecchi tempi” è meglio della miseria virtuale con “trasferimento digitalizzato di energie sessuali” che hanno nel futuro.

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Oggi il sesso assume già molti aspetti diversi—e digitali: c’è il sexting, il sesso virtuale in cam, il sesso mediato o assistito da macchine… Ci sono vibratori azionabili a distanza, esperienze in realtà virtuale che non si limitano a proporre ricordi reali ma permettono di realizzare fantasie altrimenti impossibili e—in mezzo alla pandemia della COVID-19—sex party su Zoom.

Ho iniziato a fare sesso in chat da molto giovane, ed è stata una delle esperienze più formative per la mia vita e per la mia scrittura. Non voglio fare il fanatico della tecnologia e spacciarla come soluzione a ogni problema dell’umanità, ma grazie alla tecnologia—tra le altre cose—molte persone si sono potute conoscere e connettere, hanno potuto avere orgasmi insieme, esplorare i propri desideri e sperimentare con il proprio genere, in modi francamente più interessanti di quanto sia possibile fare nel mondo di Cyberpunk 2077. Per quanto il gioco conceda una certa libertà nella scelta dei caratteri sessuali,  il genere è determinato da una scelta strettamente binaria tra una voce tradizionalmente maschile e una voce tradizionalmente femminile e non può essere cambiato dopo la creazione del personaggio.

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Durante il primo lockdown—parlando con un’amica che si occupa di realtà virtuale—ragionavo sulla possibilità di combinare VR e sesso tradizionale per ottenere qualcosa di diverso e alieno che coinvolgesse ogni senso, mentre lei si interrogava sulle opportunità del sesso a distanza mediato da visori VR. Ma quando ho iniziato a giocare a Cyberpunk 2077 ho trovato un mondo in cui le persone si fanno installare lame nelle braccia e occhi multipli, eppure il sesso è ancora quello del secolo scorso.

Quindi—ecco—al diavolo tutti i timori fantascientifici di 40 anni fa: la vera distopia è un futuro in cui scopiamo ancora come negli anni Ottanta.

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